Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15805 del 02/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 02/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 02/07/2010), n.15805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI

ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, MARITATO LELIO, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1045/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 27/04/2007 R.G.N. 651/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. MORCAVALLO Ulpiano;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Brindisi rigettava la domanda proposta da D. D. per l’accertamento del diritto ad essere reiscritta nell’elenco anagrafico dei braccianti agricoli, ritenendo preclusa l’azione giudiziaria perche’ esercitata oltre il termine (120 giorni) previsto dal D.L. n. 7 del 1970, art. 22, conv. in L. n. 83 del 1970.

2. La Corte d’appello di Lecce, nella sentenza qui impugnata, ha ritenuto non corretta la interpretazione delle norme di legge che regolano la materia e, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto la domanda. Ha osservato la Corte che la decorrenza del termine (di decadenza sostanziale) di cui all’art. 22 cit. e’ subordinata all’adozione di un provvedimento amministrativo formale, da portare a conoscenza dell’interessato, mentre, nella specie, il procedimento amministrativo contenzioso, aperto dal ricorso presentato dalla lavoratrice ai sensi del D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11, si era concluso senza che l’autorita’ competente si fosse espressamente pronunziata. Pertanto, secondo il giudice a quo, l’azione giudiziaria doveva considerarsi tempestiva, cosi’ come fondata era la pretesa di iscrizione, relativamente all’anno 1993, stante la provata esistenza del dedotto rapporto di lavoro subordinato e per il numero di giornate indicate dalla lavoratrice.

3. Contro questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso fondato su un solo motivo. L’intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’INPS, con il motivo di ricorso, deduce violazione e falsa applicazione del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, convertito, con modifiche, dalla L. 11 marzo 1970, n. 83, della L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 8 e, in connessione con questi, dell’art. 15 preleggi, dell’art. 148 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto dalla L. n. 533 del 1973, art. 9, nonche’ del D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 375, art. 11, oltre a vizio di motivazione. Critica la sentenza impugnata per non avere tenuto conto che la norma da ultimo citata assegna all’inutile decorso dei termini, da essa stabiliti per la decisione del ricorso, valore di provvedimento tacito di rigetto, che deve ritenersi legalmente conosciuto dal destinatario in coincidenza con lo scadere dei termini anzidetti; conseguendone che (anche) dalla definizione in questa forma del procedimento amministrativo contenzioso decorre il termine di 120 giorni per opporsi in sede giudiziaria al provvedimento di non iscrizione ovvero di cancellazione.

2. Il motivo e’ fondato.

2.1. Questione controversa fra le parti e’ la individuazione del dies a quo di decorrenza del termine stabilito dal D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, convertito nella L. 11 marzo 1970, n. 83, per l’esercizio dell’azione giudiziaria intesa a contestare i provvedimenti amministrativi (lesivi di diritti) adottati in materia di collocamento e di accertamento dei lavoratori agricoli. A norma dell’art. 22 cit., contro i provvedimenti definitivi adottati in applicazione del predetto decreto, da cui derivi una lesione di diritti soggettivi, l’interessato puo’ proporre azione giudiziaria nel termine di 120 giorni dalla notifica o dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza. Successivamente il D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11, ha previsto nel comma 1 la facolta’ di proporre contro detti provvedimenti, entro il termine di trenta giorni, ricorso alla commissione provinciale per la manodopera agricola, che decide entro novanta giorni. Decorso inutilmente detto termine, il ricorso si intende respinto. Il comma 2 dello stesso articolo prevede che contro le decisioni della commissione provinciale l’interessato puo’ proporre entro trenta giorni ricorso alla commissione centrale (ora dell’INPS) che decide entro novanta giorni. Decorso inutilmente detto termine, il ricorso si intende respinto.

2.1. E’ noto che la giurisprudenza di questa Corte, con orientamento ormai consolidato, considera la disposizione di all’art. 22 cit.

tuttora vigente (non essendo stata implicitamente abrogata, in particolare, dall’art. 148 disp. att. c.p.c.) ed afferma, altresi’, che il termine di 120 giorni ha natura di decadenza sostanziale, cosi’ da non essere suscettibile di sanatoria L. n. 533 del 1973, ex art. 8 (fra tante, Cass. 1 ottobre 1997 n. 9595, 21 aprile 2001 n. 5942, 8 novembre 2003 n. 16803, 10 agosto 2004 n. 15460, 18 maggio 2005 n. 10393). Questa interpretazione e’ stata ritenuta dalla Corte costituzionale (sentenza n. 192 del 2005) non confliggente con i precetti degli artt. 3 e 38 Cost., in base al rilievo che la previsione degli indicati termini decadenziali, per contestare in sede giurisdizionale i provvedimenti di iscrizione o di mancata iscrizione dagli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, ovvero di cancellazione dagli elenchi suddetti, e’ giustificata dall’esigenza di accertare nel piu’ breve tempo possibile la sussistenza del diritto, avuto riguardo al fatto che l’atto di iscrizione costituisce presupposto per l’accesso alle prestazioni previdenziali collegate al solo requisito assicurativo, quali l’indennita’ di malattia e di maternita’, e titolo per l’accredito, in ciascun anno, dei contributi (corrispondenti al numero di giornate di iscrizione negli elenchi stessi).

2.3. In questo quadro normativo, il riferimento del D.L. n. 7 del 1970, art. 22 ai provvedimenti definitivi va inteso come comprensivo sia dei provvedimenti degli organi preposti alla gestione degli elenchi, che siano divenuti definitivi perche’ non fatti oggetto di tempestivo gravame amministrativo, sia dei provvedimenti che abbiano acquisito la suddetta caratteristica di definitivita’ in esito al procedimento amministrativo contenzioso. La disposizione del D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11 modificando la disciplina posta dalla L. del 1970, art. 17 che assegnava al silenzio dell’amministrazione valore di accoglimento del ricorso – esprime chiaramente l’intento del legislatore di attribuire all’inutile decorso del tempo il valore legale tipico di un provvedimento amministrativo di rigetto.

Pertanto, secondo tale sistema, vale la regola della notifica per le decisioni espresse – salva la possibilita’ per l’Istituto previdenziale, che eccepisca la decadenza, di provare che il lavoratore ne ha acquisito conoscenza prima della loro comunicazione formale -, mentre per l’ipotesi di decisione tacita di rigetto vale la regola, alternativa, del momento in cui l’interessato “ne abbia avuto conoscenza”; momento che va identificato nella scadenza dei termini stabiliti per provvedere sul ricorso, trattandosi di scadenza prevista direttamente dalla legge e che deve, pertanto, ritenersi ipso iure conosciuta o, comunque, conoscibile dall’interessato medesimo.

2.4. In conclusione, per quanto specificamente attiene all’ipotesi di avvenuta presentazione di ricorso amministrativo avverso il provvedimento adottato in materia di accertamento degli operai agricoli e avverso la non iscrizione, deve affermarsi il principio per cui nel caso di avvenuta presentazione dei ricorsi amministrativi previsti dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11, il termine di 120 giorni per l’esercizio dell’azione giudiziaria, stabilito nel D.L. n. 7 del 1970, art. 22, decorre dalla definizione del procedimento amministrativo contenzioso; definizione che coincide con la data di notifica all’interessato del provvedimento conclusivo espresso, se adottato nei termini previsti dall’art. 11 citato, ovvero con la scadenza di questi stessi termini nel caso di loro inutile decorso, dovendosi equiparare l’inerzia della competente autorita’ a un provvedimento tacito di rigetto, conosciuto ex lege dall’interessato al verificarsi della descritta evenienza.

In questo senso, d’altra parte, si e’ espressa questa Corte con orientamento ormai consolidato, che va ribadito in questa sede (cfr.

Cass. 16 gennaio 2007 n. 813, 5 febbraio 2007 n. 2373, 23 febbraio 2007 n. 4261, 1 marzo 2007 n. 4819, 14 marzo 2007 n. 5906, 2 ottobre 2007 n. 20668; 3 aprile 2008 n. 8650, 6 luglio 2009 n. 15813, e altre successive conformi).

2.5. Giudicando alla stregua degli esposti principi la situazione controversa, e’ agevole rilevare che, secondo il non contestato accertamento dei giudici di merito, la D., cancellata dagli elenchi dei lavoratori agricoli, aveva sperimentato i previsti rimedi amministrativi, mentre l’azione giudiziaria era stata proposta (in data 12 dicembre 1998) dopo la scadenza del termine di centoventi giorni dal momento in cui era divenuto definitivo il provvedimento di cancellazione, in esito alla conclusione del procedimento contenzioso nel senso del silenzio – rigetto del gravame proposto in data 16 giugno 1995.

2.6. Giuridicamente errata e’, dunque, da ritenere la decisione della Corte territoriale, nella parte in cui ha considerato tempestiva l’azione giudiziaria, facendone conseguire l’affermazione della sussistenza del diritto all’iscrizione.

3. Ne consegue che il ricorso va accolto; e, non ricorrendo la necessita’ di ulteriori accertamenti di fatto, la Corte puo’ provvedere alla decisione del merito con il rigetto della domanda della lavoratrice. Ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo – qui applicabile ratione temporis – anteriore alla modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003), non vanno poste a carico della medesima le spese dell’intero processo.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2010

 

 

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