Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15804 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 19/07/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SILLA 2/A, presso lo studio dell’avvocato EMIDDIO PERRECA,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI MAGGIO GENNARO giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 117/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 4/07/08, depositata il 09/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che è stata depositata, dal consigliere appositamente nominato, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:

“1. – Con l’impugnata sentenza la commissione tributaria regionale della Campania ha confermato, per inesistenza del presupposto impositivo, la sentenza di primo grado che aveva accolto un ricorso di A.G. finalizzato a ottenere il rimborso dell’Irap corrisposta negli anni 2002, 2003 e 2004.

Per quanto interessa, ha motivato la decisione sostenendo l’irrilevanza – rispetto alla dimostrata non debenza dell’imposta – del condono tombale fruito dal contribuente L. n. 289 del 2002, ex art. 9.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre l’agenzia delle entrate, articolando due motivi cui l’intimato resiste con controricorso.

2. – Il primo motivo, che deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa considerazione di un’eccezione di intervenuta estinzione del giudizio per condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, devesi ritenere inammissibile. A parte la considerazione che, dinanzi all’ambito oggettivo di estensione del condono in parola (riferibile ad annualità rientranti nel perimetro della definizione automatica espressamente contemplato negli artt. 7 e 9), è ben poco plausibile il dato di riferimento – dalla ricorrente indicato come attinente alla dedotta definizione agevolata della controversia per “tutti gli anni in contestazione”; è da considerare che il motivo difetta di autosufficienza, non essendo indicati nè la sede processuale, nè l’atto in cui la detta eccezione di intervenuta estinzione sarebbe stata formulata, nè risultandone trascritto il contenuto specifico.

3. – Il secondo motivo, concluso da idoneo quesito, deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9.

Si sostiene che, una volta eccepita l’intervenuta definizione agevolata della controversia, ex L. n. 289 del 2002, non si possa che ritenere non dovuto il rimborso delle somme pagate a titolo d’imposta “sulla base delle dichiarazioni afferenti annualità per le quali è intervenuta definizione automatica”. Questo motivo, nei limiti in cui rileva, appare manifestamente fondato, avendo la Corte già affermato il condivisibile principio secondo cui la presentazione dell’istanza di definizione automatica, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per mancanza del relativo presupposto (nella specie, Irap): il condono, infatti, in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria (cfr. per tutte Cass. n. 21719/2009).

4. – Sulla base delle esposte considerazioni, è quindi possibile procedere con trattazione in camera di consiglio e definire il ricorso con pronunzia di manifesta fondatezza del secondo motivo.”;

– che il collegio integralmente condivide le considerazioni di cui alla ripetuta relazione;

– che pertanto l’impugnata sentenza va soggetta a cassazione in relazione al dianzi detto secondo motivo, con rinvio ad altra sezione della medesima commissione regionale per nuova valutazione della regiudicanda, dovendosi rideterminare il quantum suscettivo di rimborso alla luce dell’esposto principio, oltre che per le spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo; accoglie il secondo come da motivazione; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla commissione tributaria regionale della Campania anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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