Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15803 del 12/06/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/06/2019, (ud. 31/01/2019, dep. 12/06/2019), n.15803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21600/2017 R.G. proposto da:

R.C., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Mario Anzisi e

Luciano Boccarusso con domicilio eletto in Roma, via della Giuliana,

n. 32;

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli, n. 8359/2014, depositato

il 25 maggio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio

2019 dal Consigliere Emilio Iannello.

Fatto

RILEVATO

che:

1. R.C. ricorre con unico mezzo, nei confronti del Ministero della Giustizia (che non svolge difese nella presente sede, ma ha depositato c.d. atto di costituzione “al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa”), avverso il decreto con il quale, in data 25/5/2017, il Tribunale di Napoli ha rigettato – in parte per prescrizione, in parte per la ritenuta insussistenza dei relativi presupposti – la sua domanda di risarcimento dei danni subiti a causa della detenzione in diverse carceri italiane, in condizioni inumane, dal 13/6/2007 al 26/4/2010.

2. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 35-ter, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo contiene due diverse censure.

1.1. La prima investe la parte del provvedimento impugnato nella quale, in accoglimento della relativa eccezione opposta dal Ministero, si afferma l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno riferito alla detenzione protrattasi sino al novembre del 2009 (ossia oltre cinque anni prima della proposizione del ricorso, avvenuta in data 11/12/2014).

Il tribunale ha infatti ritenuto che:

– il rimedio introdotto dal D.L. 26 giugno 2014, n. 92, art. 1, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 117 (il quale ha inserito nelle norme sull’ordinamento penitenziario il citato art. 35-ter) non abbia carattere di novità ma abbia solo positivizzato una fattispecie di illecito civile già anteriormente riconoscibile, per violazione dell’art. 3 CEDU;

– trova pertanto applicazione il termine quinquennale di prescrizione ex art. 2947 c.c., con decorrenza dai singoli giorni di detenzione in stato di degrado, fonte di progressiva maturazione del credito.

Secondo il ricorrente invece deve nella specie trovare applicazione il termine decennale di prescrizione, trattandosi di responsabilità contrattuale, da “contratto sociale”, che sorge per effetto dell’ingresso del detenuto nella struttura carceraria.

1.2. La seconda censura investe il decreto del tribunale nella parte in cui ha ritenuto infondato il diritto non coperto dalla ritenuta prescrizione quinquennale, riferito alla detenzione protrattasi dal dicembre 2009 fino all’aprile 2010.

Si contesta con essa la legittimità del criterio adottato dal giudice a quo secondo cui, dal computo dello spazio vitale minimo in mancanza del quale la detenzione è da presumersi inflitta in condizioni inumane, non può escludersi la superficie dei servizi igienici (bagno ed antibagno) nè lo spazio occupato dalla mobilia, nemmeno ove si tratti di arredo fisso o dell’armadio allocato nel vano.

2. Va preliminarmente rilevato che, benchè non sia stata prodotto l’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta del ricorso per cassazione, prova che la stessa abbia raggiunto il suo scopo può comunque trarsi, per via presuntiva, dall’avvenuto deposito, da parte della amministrazione intimata, di c.d. “atto di costituzione”: atto che, benchè non contenente lo svolgimento di alcuna difesa, ma presentato “al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa”, dimostra comunque di per sè l’acquisita conoscenza del ricorso.

3. Il ricorso nondimeno si espone ad un preliminare rilievo di inammissibilità in ragione della nullità della procura in virtù della quale esso è proposto.

Questa invero ha il seguente testuale tenore:

PROCURA AD LITEM: Prof Avv. Mario Anzisi e Avv. Luciano Boccarusso Vi nomino e Vi costituisco miei procuratori e difensori nel procedimento di cui al presente atto ed in quelli che dovessero seguirgli, ivi comprese le fasi esecutive e di appello, conferendoVi all’uopo, ogni più ampia facoltà di legge, ed in particolar modo, il potere di cui all’art. 84 c.p.c., nonchè quella di transigere, conciliare, rilasciare quietanze liberatorie, incassare, farsi sostituire, nominare procuratori domiciliatari e revocarli, eleggere domicilii, richiedere il giudizio di equità, rinunziare agli atti del giudizio ed alla domanda giudiziaria, accettare la rinuncia, disconoscere scritture, chiamare in causa un terzo od anche in garanzia, deferire e/o riferire giuramento, anche quello decisorio, spiegare intervento volontario e/o domande riconvenzionali, richiedere provvedimenti di urgenza e/o cautelaci, riassumere la causa, proporre impugnazioni, proporre appelli, proporre revocazioni di sentenze, domande incidentali ed accessorie, nonchè quella di sottoscrivere il presente atto. Vi confermiamo, inoltre, specificamente il mandato per il precetto e, per tutti gli atti esecutivi, compreso il pignoramento presso terzi, Vi autorizzo, altresì a riscuotere somme per mio conto, ritenendo sin d’ora per rato e confermato il Vs. operato, relativo al ministero professionale espletando. Vi autorizzo, inoltre, al trattamento dei miei dati personali, in ossequio alla L. 06 luglio 1996, n. 675. Eleggo domicilio presso di Voi in:

– (80134) – (OMISSIS);

– (80125) – (OMISSIS);

(OMISSIS)/(OMISSIS) ;

F.to R.C.;

E’ autentica;

F.to Prof. Avv. Mario Anzisi;

La procura dunque, nel suo intrinseco contenuto, risulta con evidenza generica quanto all’indicazione dell'”atto” in relazione al quale è conferita e senza data.

Lacune queste che non possono considerarsi colmate attraverso gli elementi ricavabili dalla sua materiale confezione. Non è possibile infatti affermare che questa ne mostri l’univoca afferenza al ricorso per cassazione, dal momento che: il testo sopra trascritto riempie da solo un intero foglio e da questo non è desumibile alcun’altra indicazione; il foglio medesimo risulta a sua volta materialmente unito, con nastro adesivo, ad un complesso cartaceo, del quale costituisce l’ultima pagina e che però risulta composto dal ricorso, con la relata di notificazione redatta dall’Ufficiale Giudiziario, e dalla sentenza impugnata, tale che questa si interpone tra il ricorso notificato, sebbene dal punto di vista del notificante, e la procura medesima.

Proprio tale modalità di confezionamento degli atti depositati non consente di ravvisare nella specie il presupposto della materiale congiunzione della procura “all’atto cui si riferisce” richiesto dall’art. 83 c.p.c., comma 3, terzo periodo, (nel testo, applicabile ratione temporis, modificato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141, art. 1), perchè la procura in tal modo confezionata possa considerarsi come “apposta in calce” all’atto medesimo. Sul piano prettamente materiale la procura infatti in tal modo confezionata non può dirsi congiunta al ricorso, ma semmai alla sentenza che immediatamente la precede.

La giurisprudenza di questa Corte ha in tema già precisato, in un’ottica antiformalistica qui pienamente condivisa, che la congiunzione tra il foglio separato con il quale la procura è stata rilasciata e l’atto cui essa accede non richiede la necessità di una cucitura meccanica (Cass. 27/05/2009, n. 12332; 12/01/2012, n. 336) dovendosi avere riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi (Cass. 23/04/2004, n. 7731; 06/02/2018, n. 2813).

Nel caso di specie tale ragionevole certezza non può tuttavia essere affermata.

La congiunzione dei tre atti con nastro adesivo a margine, eseguita nei modi descritti, può valere invero solo a dimostrare che la descritta procura, rilasciata su foglio separato, sia stata notificata e depositata contestualmente al ricorso e alla sentenza impugnata, ma certo di per sè non può valere a dimostrare nè la specialità della procura (ossia il suo specifico riferimento al ricorso per cassazione), nè il suo rilascio in data successiva alla pubblicazione della sentenza, in modo da evidenziare il rispetto dell’esigenza di specialità prevista – com’è noto – dall’art. 365 c.p.c..

La situazione, in tal caso, può al più essere paragonata a quella in cui la procura sia stata versata in atti, separata dal ricorso, unitamente alla sentenza impugnata, senza alcuna materiale congiunzione al primo.

In ipotesi siffatta Cass. Sez. U. 07/11/2017, n. 26338, ha ritenuto che la mancata spillatura si risolva in un vizio da equiparare a una sorta di errore materiale non ostativo alla validità della procura, sul presupposto però che sussista “la certezza della data e del riferimento alla pronuncia impugnata (specialità) e l’inequivocabile certezza della provenienza degli atti dalla parte ricorrente”.

Nel caso di specie, per quanto detto circa il contenuto generico della procura e la mancanza di data, tale certezza non sussiste, permanendo al contrario una condizione di irrisolvibile incertezza che non può non considerarsi quale vizio invalidante della procura e, conseguentemente, quale motivo di inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Non avendo l’amministrazione intimata svolto difese con controricorso, non v’è luogo a provvedere sul regolamento delle spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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