Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15802 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 29/07/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 29/07/2016), n.15802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26478-2014 proposto da:

C.S., RCG – ROMANA COSTRUZIONI GENERALI SRL, in persona

dell’Amministratore Unico e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SANNIO 61, presso lo studio

dell’avvocato VINCENZO ANTONIO LA CORTE, che li rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 498/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

3/02/2014, depositato il 17/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’08/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Vincenzo Antonio La Corte difensore dei ricorrenti

che si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

C.S. e la R.C.G. Romana Costruzioni Generali s.r.l. adivano la Corte d’appello di Perugia per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 per la durata irragionevole di una causa civile iniziata nel 1993 innanzi al Tribunale di Roma e definita da questa Corte con sentenza del 10.1.2013. Accolta parzialmente la domanda del solo C. con decreto ingiuntivo emesso ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, sull’opposizione ex art. 5-ter stessa legge proposta sia dal C. che dalla R.C.G. Romana Costruzioni Generali e sull’opposta domanda del Ministero la Corte d’appello riduceva l’indennizzo riconosciuto al C. all’importo di Euro 958,18, pari al valore del diritto accertato dal giudice del processo presupposto, ai sensi dell’art. 2-bis, u.c. L. citata. Escludeva, invece, il diritto all’equa riparazione della R.C.G. Romana Costruzioni Generali s.r.l., che era intervenuta nel giudizio di riferimento benchè estranea alla lite, riguardante soltanto la liquidazione del compenso professionale preteso dal C. nei confronti di un’altra parte. Quindi, condannava il C. e la R.C.G. s.r.l. alle spese.

Per la cassazione di tale decreto Settimio C. e la R.C.G. Romana Costruzioni Generali s.r.l. propongono ricorso, affidato a tre motivi successivamente illustrati da memoria.

Il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 6 in connessione col vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione. Sostiene parte ricorrente che la R.C.G. Romana Costruzioni Generali s.r.l. non era intervenuta nel giudizio presupposto, ma vi aveva preso parte perchè chiamata in causa dalla società convenuta, e che legittimato a domandare l’equa riparazione è qualsiasi soggetto che abbia assunto la qualità di parte nel processo in cui si è verificata la violazione della Convenzione EDU. 1.1. – Il motivo è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che in tema di equa riparazione, sono legittimati a far valere il diritto alla ragionevole durata del processo a norma della L. 29 marzo 2001, n. 89, tutti i soggetti che siano stati parti nel giudizio in cui si assume essere avvenuta la violazione e, quindi, anche le parti intervenute, in quanto anche l’interesse giuridico posto alla base dell’intervento, ancorchè adesivo e sebbene riflesso, assume spesso sotto vari profili (patrimoniale, personale) una valenza pari o addirittura superiore a quello sotteso alla controversia pendente fra le parti principali del processo presupposto (Cass. n. 23173/12). Ciò in quanto il pregiudizio derivante dalla violazione del principio della durata ragionevole si ricollega non alla situazione soggettiva che costituisce l’oggetto del processo presupposto, ma alle sofferenze correlate alla protrazione ingiustificata dello stesso.

Lo stesso è a dirsi nell’ipotesi di chiamata in causa, quale che ne sia la ragione processuale (garanzia, comunanza o integrazione del contraddittorio). Fino alla definizione della controversia e al regolamento delle relative spese anche il chiamato subisce il patema d’animo connesso all’incertezza dell’esito e delle conseguenze della lite. Anche nei suoi confronti, pertanto, è configurabile la violazione dell’art. 6, par. 1 CEDU per la durata irragionevole della causa.

2. – Col secondo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2 e 6 CEDU, artt. 1223 e 2056 c.c., nonchè la contraddittoria motivazione “su un punto decisivo della controversia”. Il limite all’indennizzo derivante dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, u.c. non esplicherebbe rilievo, sostiene parte ricorrente, con riferimento alla ben diversa posizione sostanziale e processuale assunta dalla R.C.G. s.r.l. La acclarata estraneità di quest’ultima alle vicende negoziali che hanno contrapposto Settimio C. all’opponente soc. F.lli Barbadoro s.n.c. ed il tenore della chiamata in causa costituiscono circostanze atte a ritenere non applicabile alla R.C.G. srl il limite di valore attribuito alla pretesa economica del C., ai fini della determinazione dell’indennizzo.

2.1. – Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo mezzo, che impone un rinnovato esame di merito relativamente alla domanda della società R.C.G. Romana Costruzioni Generali.

3. – Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli arti. 91 e 92 c.p.c. e il vizio di contraddittoria motivazione, perchè l’accoglimento sia pur parziale della domanda non può determinare l’integrale soccombenza nelle spese.

3.1. – Il motivo – che è assorbito quanto alla posizione processuale della R.C.G. Romana Costruzioni Generali, per l’effetto espansivo interno derivante dall’accoglimento del primo motivo di ricorso – è fondato quanto alla posizione processuale di C.S.. E ciò per due ragioni.

3.1.1. – La prima è che l’opposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo (cfr. Cass. nn. 19348/15 e 20463/15). Pertanto, similmente a quanto accade nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, da cui l’art. 5-ter Legge cit. mutua la funzione processuale, accolta in tutto o in parte l’opposizione al decreto emesso ai sensi dell’art. 3, comma 5 stessa legge, il Collegio deve revocare il decreto e provvedere a un regolamento delle spese, che è unitario, soggetto agli artt. 91 c.p.c. e ss. e comprensivo di entrambe le fasi, quella monitoria e quella di opposizione.

3.1.2. – Quanto alla seconda ragione, va osservato che questa Corte ha affermato che nel procedimento ex lege n. 89 del 2001 la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, ad opera del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, poichè, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il petitum della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione (Cass. n. 14976/15).

Detto principio appare estensibile al caso in cui il giudice di merito si limiti a ricondurre l’accoglimento della domanda alla soglia di valore imposta dall’art. 2-bis, comma 3 Legge cit., operando nell’ambito di quel potere di liquidazione d’ufficio del quantum che sfugge alla disponibilità della parte. La quale, pertanto, deve considerarsi interamente e non parzialmente vittoriosa ove solo per tale limite legale l’indennizzo riconosciuto dal giudice sia inferiore a quello domandato. Con l’ulteriore conseguenza che alla medesima parte le spese processuali non possono essere addebitate neppure parzialmente (secondo il costante indirizzo di questa Corte: cfr. fra le tante, Cass. n. 12295/01).

3.2. – Nel porre le spese d’opposizione a carico del ricorrente la Corte distrettuale ha violato entrambi i principi sopra richiamati. Per un verso, infatti, ha considerato l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter come un giudizio autonomo, e non come la fase a cognizione piena e a contraddittorio integro dell’unico procedimento iniziato con la proposizione del ricorso ai sensi dell’art. 3 stessa Legge. Per l’altro, ha stimato che la medesima parte fosse (almeno parzialmente) soccombente nonostante la liquidazione in suo favore.

4. – Pertanto il decreto impugnato deve essere cassato in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che si atterrà ai principi di diritto anzi detti e provvederà anche sulle spese di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo, assorbiti il secondo e lo stesso terzo motivo limitatamente alla posizione della R.C.G. Romana Costruzioni Generali s.r.l., cassa il decreto impugnato e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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