Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15802 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 07/06/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 07/06/2021), n.15802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13798/2019 proposto da:

SOGEI – SOCIETA’ GENERALE D’INFORMATICA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO n. 23/A, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO

PROIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SIMONE

PIETRO EMILIANI;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

contro

G.L., L.L., Z.A.R., D.L.,

LO.GI., ZA.CR., V.P., GE.AN.,

R.C., tutte elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE G. MAZZINI

n. 123, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO SPINOSA, che le

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

ALMAVIVA CONTACT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE n.

8, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO MARAZZA, MARCO MARAZZA,

DOMENICO DE FEO, che la rappresentano e difendono;

– controricorrente principale e incidentale –

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.

MAZZINI N. 123, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO SPINOSA,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrerite – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 27105/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 25/10/2018 R.G.N. 7418/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2021 da Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per inammissibilità, in suborcine

rigetto;

udito l’Avvocato GIAMPIERO PROIA;

udito l’Avvocato BENEDETTO SPINOSA;

udito l’Avvocato MARCO MARAZZA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 27105 del 3 luglio/25 ottobre 2018 questa Corte ha respinto i ricorsi, principale ed incidentale, proposti da SOGEI – Società Generale d’Informatica – s.p.a. e da ALMAVIVA CONTACT s.p.a. avverso la sentenza n. 2426/2012 della Corte d’appello di Roma che aveva confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede con la quale, in accoglimento delle domande formulate dagli attuali controricorrenti, era stata accertata la non genuinità dell’appalto di servizi intercorso fra SOGEI e COS COMMUNICATION SERVICES s.p.a. (poi divenuta ALMAVIVA CONTACT s.p.a.) ed era stata dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fra la società committente ed i lavoratori impiegati nell’appalto.

2. La SOGEI s.p.a. aveva formulato otto motivi di ricorso e, per quel che rileva in questa sede, con il quarto, il quinto ed il sesto motivo aveva censurato la sentenza gravata nella parte in cui aveva qualificato illecito l’appalto, attribuendo rilievo a circostanze di fatto che la società assumeva essere non idonee a dimostrare l’esercizio del potere direttivo da parte della committente. In particolare, con il sesto motivo, la ricorrente principale aveva denunciato la violazione dell’art. 2094 c.c., nonchè della L. n. 1369 del 1960, artt. 1 e 3 e sostenuto che l’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatrice non poteva essere escluso solo perchè quest’ultima non aveva emanato direttive specifiche sul contenuto della prestazione.

3. Questa Corte, nel respingere l’impugnazione, ha ritenuto che la censura in parola fosse inammissibile per difetto di pertinenza con le effettive ragioni del decisum in quanto il giudice d’appello aveva fondato il proprio accertamento, non sulla mancanza di direttive impartite da COS, bensì sul positivo riscontro dell’esercizio del potere da parte della società committente.

4. Una volta respinti i ricorsi proposti dalle società coinvolte nell’appalto, è stato ritenuto inammissibile per difetto di interesse il ricorso incidentale di M.M. il quale, con un unico motivo, aveva denunciato l’omessa pronuncia sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata in grado di appello perchè egli, sebbene erroneamente inserito nell’intestazione della sentenza del Tribunale, non era stato parte del giudizio di primo grado.

5. SOGEI s.p.a. domanda la revocazione della sentenza sulla base di un unico motivo. Resistono con controricorso i lavoratori indicati in epigrafe ed ALMAVIVA CONTACT s.p.a.. M.M., con ricorso incidentale, ripropone in questa sede l’unico motivo del ricorso incidentale ritenuto inammissibile dalla sentenza oggetto di revocazione sul rilievo che “l’accoglimento del motivo del ricorso per revocazione potrebbe travolgere il ritenuto assorbimento…”.

6. Tutte le parti hanno depositato memoria ed il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare rileva il Collegio che secondo l’ordinamento processuale vigente non sussiste per i magistrati che abbiano pronunciato la sentenza impugnata per revocazione alcuna incompatibilità a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione qualora venga denunciato, come nella fattispecie, un errore percettivo che, come tale, ben può essere riparato anche dallo stesso giudice o collegio giudicante (Cass. n. 23498/2017).

2. Non può essere accolta la richiesta, formulata dal difensore di M.M., di riunione della causa a quella iscritta al n. 10887/2019 R.G., perchè i due giudizi di revocazione non riguardano la medesima pronuncia nè si ravvisano in concreto profili di unitarietà sostanziale delle controversie o ragioni di economia processuale tali da rendere opportuna la trattazione congiunta (Cass. S.U. n. 1521/2013 e Cass. S.U. n. 18050/2010).

3. Il ricorso principale di SOGEI s.p.a. è incentrato sull’erronea percezione, nella quale questa Corte sarebbe incorsa, del contenuto della sentenza d’appello, dalla quale sarebbe derivata l’errata dichiarazione di inammissibilità del sesto motivo. Sostiene la società che il giudice d’appello aveva motivato la decisione anche attraverso il rinvio per relationem alla motivazione della pronuncia resa dal Tribunale che, per escludere la genuinità dell’appalto, aveva ritenuto determinante il mancato riscontro di un’effettiva gestione del personale da parte della società appaltatrice ed aveva a tal fine valorizzato la circostanza dell’omessa emanazione di direttive sul contenuto della prestazione. Il motivo, con il quale era stato dedotto che il potere direttivo si può manifestare anche in altro modo, era stato formulato proprio in ragione del rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, rinvio non percepito da questa Corte che, in conseguenza dell’errore di percezione, ha ritenuto non pertinente la questione prospettata.

4. Il ricorso è inammissibile.

L’errore rilevante ex art. 395 c.p.c., n. 4, consiste nella erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, a condizione che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito.

Muovendo da detta premessa questa Corte ha evidenziato che: l’errore non può riguardare l’attività interpretativa e valutativa; deve avere i caratteri della assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo nel senso che tra la percezione erronea e la decisione emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata sicuramente diversa (Cass. 5.7.2004 n. 12283; Cass. 20.2.2006 n. 3652; Cass. 9.5.2007 n. 10637; Cass. 26.2.2008 n. 5075; Cass. 29.10.2010 n. 22171).

Sviluppando i richiamati principi si è ritenuto, nelle pronunce più recenti delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 24.11.2020 n. 26674; Cass. Sez. Un. 10.11.2020 n. 25212; Cass. S.U. 27.11.2019 n. 31032; Cass. Sez. Un. 27.12.2017, n. 30994, Cass. Sez. Un. 16.11.2016 n. 23306), che restano fuori dal vizio revocatorio: gli errori formatisi sulla base di un’assunta errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico; l’erronea comprensione del contenuto giuridico-concettuale delle difese e l’inesatta qualificazione dei fatti ivi esposti; l’errato apprezzamento di un motivo di ricorso, perchè siffatto tipo di errore, ove pure in astratta ipotesi fondato, costituirebbe un errore di giudizio e non un errore di fatto.

E’ stato, in sintesi, affermato che “è esperibile, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte le volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perchè in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio” (Cass. S.U. n. 31032/2019).

4.1. Sulla base dei principi sopra richiamati, condivisi dal Collegio e qui ribaditi, si deve escludere l’ammissibilità del ricorso principale, perchè l’asserito errore sarebbe stato commesso da questa Corte nell’individuazione della ratio decidendi della pronuncia gravata, ossia nel compimento di un’attività valutativa, non meramente percettiva.

5. Alle considerazioni che precedono si deve, poi, aggiungere che difetterebbe comunque nella fattispecie il nesso causale fra il preteso errore ed il contenuto della decisione, ravvisabile solo qualora la decisione della causa sarebbe dovuta essere diversa, in mancanza di quell’errore, per ragioni di necessità logico-giuridica (cfr. Cass. n. 6038/2016).

Infatti, anche a voler ritenere che la sentenza d’appello fosse stata in parte motivata per relationem e che ciò sia sfuggito a questa Corte, il motivo doveva essere comunque dichiarato inammissibile, non avendo la società ricorrente assolto all’onere di specifica indicazione, imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, quanto alla motivazione della pronuncia di primo grado.

Va richiamato al riguardo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui “ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine di ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali” (Cass. S.U. n. 7074/2017).

6. L’inammissibilità del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale di M.M., da qualificare condizionato perchè proposto sul presupposto che l’accoglimento del motivo del ricorso per revocazione avrebbe potuto travolgere la sentenza revocanda anche nella parte in cui aveva ritenuto assorbita l’impugnazione incidentale del medesimo M. (pag. 2 del ricorso incidentale).

7. Le spese del giudizio di revocazione seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente principale nella misura indicata in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente principale.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di revocazione, liquidate per ALMAVIVA CONTACT s.p.a. in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per competenze professionali, per M.M. in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per competenze professionali e per gli altri controricorrenti in complessivi Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per competenze professionali, oltre, per tutti, rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

 

 

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