Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15800 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 29/07/2016, (ud. 22/10/2015, dep. 29/07/2016), n.15800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G.V., + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliato per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Messina, depositato in

data 3 febbraio 2014 (R.N.C. 962/2012);

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

ottobre 2015 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con distinti ricorsi depositati presso la Corte d’appello di Messina il 10 settembre 2012 e poi riuniti, G.V., + ALTRI OMESSI che i ricorrenti deducevano di avere già proposto domande di equa riparazione per le quali erano intervenuti decreti di accoglimento, con riconoscimento di un indennizzo rapportato a una irragionevole durata diversificata in considerazione della data di proposizione della domanda, sicchè chiedevano la liquidazione per l’ulteriore durata del giudizio presupposto, nella misura specificamente per ciascuno di essi indicata;

che l’adita Corte d’appello riconosceva per tale ulteriore periodo un indennizzo di 500,00 Euro per anno di ritardo, e quindi liquidava in favore di G., L., M. e F. la somma di 1.000,00 Euro; in favore di D., P., A., T., C. la somma di Euro 1.130,00; in favore di S., D., A., C., N., B., C., G., P., R., S.E.A., S.M.A. e S.L.M.R., la somma di Euro 1.500,00; in favore di S., C., P., Z. e P. la somma di Euro 1.290,00; in favore di U., C. e F., la somma di Euro 1.290,00; in favore di T., F., A., A., C., P. e A., la somma di Euro 1.630,00; in favore di B., C., L., A., B., B., C., C., C., C., C., C., C., C., C., C., C., C., C., D., D., D.B., D.F., D.G., D.M., D.S., G.A.M., G.P., G., G., G., I., L.R., L., L., M., M., M., M., M., M., M., M., N., P., P., P., P., R., S., S., S., S., T., V., C. e F., la somma di Euro 1.870,00; in favore di A., A., B., B., C., C., D.M., D., E., F., F., I., L., L., M., M., P., P., R., S., S., S., Z., D.G. e P., la somma di Euro 2.000,00;

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria;

che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico motivo di ricorso (violazione e/o falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 e dell’art. 6 della CEDU. Error in iudicando. Errata e falsa applicazione dei parametri normativi e giurisprudenziali. Contraddittorietà manifesta) i ricorrenti censurano il decreto impugnato per il criterio di liquidazione adottato, contestando la idoneità del riferimento contenuto nel decreto impugnato a giustificare lo scostamento dagli ordinari criteri di liquidazione;

che il motivo è fondato;

che, invero, nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato il principio per cui, se è vero che il giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore ad Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass. 17922 del 2010);

che la individuazione dei detti parametri risponde alla comune convinzione che con il passare del tempo il patema d’animo per la definizione di una controversia aumenta, e ciò tanto più deve affermarsi allorquando il giudizio si svolga in più gradi;

che, nella specie, la Corte d’appello ha giustificato l’adozione del criterio di 500,00 Euro per anno di ritardo – che di per sè costituisce un criterio senz’altro ragionevole di liquidazione dell’indennizzo – facendo riferimento all’affievolimento del patema d’animo dei ricorrenti, conseguito alle precedenti liquidazioni già ottenute, tenuto conto del breve lasso di tempo intercorso dalle stesse;

che il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione alla censura accolta;

che la variegata posizione dei ricorrenti non consente di ritenere sussistenti le condizioni per poter decidere la causa nel merito, sicchè la cassazione deve essere disposta con rinvio alla Corte d’appello di Messina perchè, in diversa composizione, proceda a nuova determinazione dell’indennizzo, nonchè alla regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 22 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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