Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15798 del 02/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 02/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 02/07/2010), n.15798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

NEW TEAM 79 DI RENDA ANNA & CO S.N.C., in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OTTAVIANO 105, presso lo studio dell’avvocato LEO ENRICO, che la

rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato BASILI FABIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BASILI IVO, giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5809/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/08/2005 R.G.N. 6120/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. ZAPPIA Pietro;

udito l’Avvocato LEO ENRICO; udito l’Avvocato BASILI FABIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

Con ricorso al Pretore, giudice del lavoro, di Roma, B.G. chiedeva la condanna della “New Team 79 di Renda Anna e C. s.n.c.” al pagamento della somma di L. 108.958.640, oltre accessori, per differenze retributive maturate in relazione al rapporto di lavoro intercorso con la predetta societa’ dal 1 gennaio 1983 al 6 settembre 1995.

Con sentenza in data 22.6.1998 il Pretore adito, nella contumacia della convenuta, condannava la stessa al pagamento della somma di L. 91.154.950.

Avverso tale sentenza proponeva appello tardivo, ai sensi del secondo comma dell’art. 327 c.p.c., la societa’ New Team 79, rilevando di avere appreso del giudizio conclusosi con la predetta sentenza pretorile solo a seguito della notifica da parte della B. di atto di precetto, stante la nullita’ dell’intero giudizio di primo grado per essere stata la notifica dell’atto introduttivo effettuata presso la sede della societa’ a mani di persona che non era stata mai dipendente della stessa, e per essere inficiata da nullita’ anche la notifica del verbale ammissivo di interrogatorio formale effettuata presso la sede sociale quando l’attivita’ della societa’ era da tempo cessata, e quindi presso il domicilio dell’amministratore in luogo ove lo stesso non era piu’ residente da tempo.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 13.7.2005, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la New Team 79 con due motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso l’intimata.

La stessa ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Col primo motivo di gravame la societa’ ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2697 c.c., comma 1, art. 115 c.p.c., comma 1, artt. 244 e 245 c.p.c., nullita’ del procedimento, nonche’ motivazione illogica e contraddittoria, difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia.

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto infondata la doglianza relativa alla nullita’ della notifica del ricorso introduttivo, ed erroneamente aveva ritenuto inammissibile per genericita’ la prova testimoniale dedotta da essa appellante, avendo per contro la stessa correttamente e compiutamente chiesto di provare che mai alcun rapporto aveva intrattenuto con la persona fisica che risultava aver ricevuto il plico postale contenente il ricorso introduttivo.

Col secondo motivo di gravame la societa’ ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’art. 2697 c.c., comma 1, e art. 2700 c.c., art. 115 c.p.c., comma 1, artt. 244 e 245 c.p.c., nullita’ del procedimento, difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia.

In particolare rileva che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto infondata la doglianza relativa alla nullita’ della notifica del verbale ammissivo di interrogatorio formale, ed erroneamente aveva ritenuto che l’annotazione “destinatario assente” apposta dall’ufficiale postale facesse fede sino a querela di falso, atteso che la fede privilegiata riguardava le dichiarazioni ricevute ed i fatti compiuti dal notificante o avvenuti in sua presenza, mentre la suddetta annotazione “destinatario assente” concerneva il risultato delle operazioni compiute ed il convincimento ricavatone dall’ufficiale postale. E pertanto erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto l’inammissibilita’ della prova testimoniale dedotta dalla societa’ appellante ed erroneamente aveva escluso qualsiasi efficacia probatoria alla documentazione prodotta dalla stessa.

Nella memoria ex art. 378 c.p.c. l’intimata ha eccepito l’inammissibilita’ del proposto gravame sotto il profilo della omessa esposizione dei fatti e della carente indicazione delle ragioni di diritto poste a fondamento dello stesso.

Tale eccezione, la cui trattazione si appalesa preliminare rispetto alla trattazione del ricorso, non puo’ trovare accoglimento.

Occorre in proposito evidenziare che il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, fissato a pena d’inammissibilita’ dell’art. 366 c.p.c., n. 3, deve ritenersi soddisfatto allorche’ dal contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo. E nel caso di specie nel contenuto del ricorso si rinvengono gli elementi essenziali ed indispensabili per una corretta comprensione dell’oggetto della controversia, in relazione alla quale la ricorrente lamenta la nullita’ della notifica del ricorso introduttivo e del verbale ammissivo dell’interrogatorio formale.

E parimenti sufficientemente specificati si appalesano i motivi di ricorso, avendo la societa’ ricorrente compiutamente esplicitato le ragioni poste a fondamento delle dedotte nullita’.

Posto cio’, osserva il Collegio che il primo motivo del ricorso e’ infondato.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, la ricezione di copia dell’atto da notificare da parte di persona qualificatasi come “dipendente” della societa’ fa presumere, fino a prova contraria, che tale soggetto rivesta la qualita’ indicata nella relata, essendo sufficiente – ai fini della regolarita’ della notifica – che il consegnatario sia legato alla persona giuridica da un particolare rapporto, il quale, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa (dipendente), puo’ risultare anche dall’incarico eventualmente provvisorio o precario, di ricevere gli atti (Cass. sez. 2^, 6.2.1998 n. 1202; Cass. sez. 1^, 14.1.1991 n. 293).

La prova della insussistenza di un rapporto siffatto deve essere, poi, fornita dalla societa’ destinatala della notifica ed il relativo onere non e’ adempiuto con la sola dimostrazione dell’insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione tra consegnatario e societa’ o ente destinatario della notifica, attesa l’accennata configurabilita’ di altri rapporti idonei a conferire la richiesta qualita’ (Cass. sez. 3^, 8.3.1988 n. 2346; Cass. 26.2.1985, n. 1677).

Pertanto correttamente nel caso di specie la Corte d’Appello, rilevato che la notifica era avvenuta presso la sede legale della societa’ ed era stata effettuata a persona, indicata con cognome arabo, che si trovava nei locali della stessa (piu’ esattamente, secondo la dichiarazione resa all’ufficiale postale e riportata nell’avviso di ricevimento, a persona qualificatasi come “dipendente della New Team”), ha ritenuto non ammissibile la prova tendente a dimostrare che nel periodo in questione nessuna persona di nazionalita’ estera, ed in particolare araba, avesse prestato la propria attivita’ lavorativa alle dipendenze della New Team 79 in qualita’ di dipendente, o a qualsiasi altro titolo, anche di collaborazione, ben potendo la ricezione del plico da parte del soggetto risultare da altro incarico, anche provvisorio o precario, di ricevere le notificazioni per conto della societa’ predetta.

Il suddetto motivo di gravame e’ pertanto infondato.

Non puo’ trovare accoglimento neanche il secondo motivo di ricorso.

Ed invero in tema di impugnazioni, l’interesse alla proposizione del gravame – inteso quale manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire e la cui assenza e’ rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo – deve essere individuato in un interesse giuridicamente tutelabile, identificabile nella concreta utilita’ derivante dall’accertamento del vizio della pronuncia censurata; il ricorrente deve cioe’ fornire elementi idonei a far ritenere che la dedotta violazione della norma giuridica abbia spiegato una concreta influenza sull’esito del giudizio.

In applicazione di tali principi il ricorrente, che nel caso di specie lamenta la nullita’ della notificazione del verbale ammissivo dell’interrogatorio formale, avrebbe dovuto riportare in ricorso il contenuto del verbale suddetto, nonche’ il contenuto della sentenza che aveva accolto la domanda di controparte, onde consentire a questa Corte, senza che la stessa debba procedere ad un (non dovuto) esame dei fascicoli (d’ufficio o di parte), di valutare l’esistenza dell’interesse a ricorrere, individuato – per come detto – nella concreta utilita’ derivante dall’accertamento del vizio denunciato, avuto riguardo alla concreta ed effettiva incidenza sulla pronuncia adottata della mancata presentazione dell’interessato a rendere il dedotto interrogatorio. Il motivo in questione, sotto tale profilo, deve ritenersi pertanto inammissibile.

Ritiene peraltro il Collegio di dover altresi’ evidenziare, pur rilevato il carattere assorbente dei precedenti rilievi, che il suddetto motivo si appalesa comunque infondato.

Ed invero la relazione dell’ufficiale notificante, come ogni altro atto pubblico formato da pubblico ufficiale (art. 2699 c.c.), fornisce prova piena, fino a querela di falso, di quanto avvenuto o compiuto in sua presenza e delle dichiarazioni ricevute (art. 2700 c.c.); e pertanto, nel caso in cui l’ufficiale giudiziario o l’agente postale attesti di non aver rinvenuto il destinatario della notifica nel luogo indicato dalla parte richiedente, l’attestazione del mancato (rinvenimento del destinatario e delle operazioni compiute e’ assistita da fede sino a querela di falso, mentre la stessa efficacia (non puo’ riconoscersi alla circostanza che all’indirizzo indicato si trovasse la residenza anagrafica o il domicilio del destinatario ovvero la sede legale della societa’.

Il rilievo svolto sul punto da parte ricorrente e’ esatto ma in realta’ si appalesa non conducente.

Infatti, se pure la suddetta circostanza – relativa alla effettivita’ della residenza o della sede legale – e’ coperta da mera presunzione (Cass. sez. 3^, 26.7.2002 n. 11077; Cass. sez. 3^, 14.6.1999 n. 5884), che puo’ essere superata con qualsiasi mezzo di prova da chi contesti la ritualita’ della notificazione, tale prova tuttavia non puo’ essere fornita mediante la produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza diversa dal luogo in cui e’ stata tentata la notifica, in quanto siffatte risultanze, aventi valore meramente dichiarativo, offrono a loro volta una mera presunzione; ed analogamente non puo’ essere fornita dalla prova testimoniale avente contenuto analogo a quello delle risultanze anagrafiche.

Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale, rilevato il carattere non decisivo delle risultanze suddette, ha evidenziato che le stesse erano contraddette dalle risultanze della certificazione di pari valenza rilasciata dalla Camera di Commercio all’epoca della notifica le quali confermavano che in data 13.7.1998 la sede della societa’ e la residenza del legale rappresentante erano proprio quelle presso cui erano state indirizzate le notifiche in parola.

Trattasi di indagine in fatto, il cui accertamento da parte del giudice di merito non e’ censurabile in sede di legittimita’, se non per vizi della relativa motivazione, che nel caso di specie si appalesa completa ed esaustiva.

Neanche sotto tale profilo il suddetto motivo di ricorso puo’ pertanto trovare accoglimento.

Il proposto gravame va di conseguenza rigettato ed a tale pronuncia segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 12,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2010

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