Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15794 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 29/07/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 29/07/2016), n.15794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17636-2013 proposto da:

P.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DELLA PANETTERIA, 15, presso lo studio dell’avvocato MARIA

STELLA RUSSO, rappresentata e difesa dall’avvocato FEDERICO VALORI

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, già INA ASSITALIA SPA in persona del suo legale

rappesentante, B.C., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO

VINCENTI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANFRANCO FORMICA

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 104/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

I FATTI

P.A. conveniva in giudizio B.C. e la sua compagnia assicuratrice per la r.c.a., Ina Assitalia s.p.a., per sentirli condannare al risarcimento dei danno tutti da lei subiti a seguito di incidente stradale la cui responsabilità era da ascriversi al B..

Il Tribunale adito riconosceva l’esclusiva responsabilità del B. e liquidava i danni in favore dell’attrice nella misura di Euro 25.203,38.

La P. proponeva appello, chiedendo una più congrua personalizzazione del danno non patrimoniale subito ed il riconoscimento del danno da lucro cessante. L’appello della P. veniva respinto.

P.A. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 104/2012, depositata dalla Corte d’Appello di Ancona in data 10 gennaio 2013, non notificata. Resiste con controricorso Generali Italia s p a (già Ina Assitalia s.p.a.).

La parti non hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente formula quattro motivi di ricorso, tutti inerenti alla contraddittorietà o insufficienza della motivazione.

Sostiene con il primo motivo che la corte d’appello, confermando la sentenza di primo grado, avrebbe rinnovato l’errore ivi contenuto, concernente la mancanza di una adeguata personalizzazione del danno biologico subito.

Con il secondo ed il terzo motivo la P. censura, sempre sotto il profilo del vizio di motivazione, che non sia stata risarcita la riduzione della sua capacità lavorativa specifica e del lucro cessante. In particolare, la corte d’appello ha ritenuto non raggiunta la prova sulla riduzione della capacità dell’infortunata di produrre reddito, ritenendo insufficiente l’elemento presuntivo della sola contrazione reddituale.

Con il quarto motivo lamenta, all’interno di una censura anch’essa relativa esclusivamente al vizio di motivazione, che non le siano state riconosciute spese vive per 40,14 Euro perchè la corte d’appello le avrebbe erroneamente ritenute ricomprese nell’importo liquidato per spese vive in primo grado.

Il ricorso appare complessivamente inammissibile, in quanto la ricorrente fa sempre riferimento ad una nozione di vizio della motivazione non più vigente e non applicabile alla sentenza impugnata (depositata il 10.1.2013). Ad essa è applicabile ratione temporis la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con la L. 7 agosto 2012, n. 134.

Di recente, le Sez. Un. hanno affermato, sul nuovo contenuto e sui limiti del sindacato sulla motivazione di questa Corte: – a) che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, secondo cui è deducibile esclusivamente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, deve essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile; – b) che il nuovo testo dell’art. 360, n. 5 introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); – c) che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Hanno, inoltre, precisato che la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso (Sez. Un. 7 aprile 2014, n. 8053).

Alla luce degli stretti limiti cui è sottoposto il vizio di motivazione, i motivi di censura proposti sono inammissibili, in quanto lamentano una insufficienza o contraddittorietà nella motivazione e quindi non ipotizzano neppure una sostanziale mancanza di motivazione alla quale, senza neppure richiamare i passi che ritiene di sottoporre a critica, si addebita in effetti una errata valutazione degli elementi di fatto, che ove più adeguatamente considerati avrebbero consentito di meglio approfondire la fattispecie giungendo a conclusioni diverse rispetto al rigetto della impugnazione.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente, liquidate in Euro 4.000,00 (di cui 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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