Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15794 del 15/06/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 15794 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: CAMPESE EDUARDO

ORDINANZA
sul ricorso n. 4325/2013 r.g. proposto da:
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA della SMET s.r.l. in liquidazione, cod.
fisc. 03553660584, con sede amministrativa in Roma, alla via Valadier n.
37/B, in persona dei commissari liquidatori e legali rappresentanti pro
tempore, ing. Andrea Carli, prof. dott. Roberto Serrentino e dott. Antonio
Guarino, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al
ricorso, dagli Avvocati Vincenzo Pompa e Giovanni Salonia, presso il cui
studio elettivamente domicilia in Roma, alla via G. Pisanelli n. 2.
– ricorrente contro

FOR.M.I.C. s.r.I., cod. fisc. 01204030595, con sede in Cisterna di
Latina (LT), alla via della Quaglia snc, in persona dell’amministratore
unico e legale rappresentante

pro tempore,

Pietro Formato,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al
controricorso, dagli Avvocati Roberto Maggiore ed Alberto Ianni, con i
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Data pubblicazione: 15/06/2018

quali elettivamente domicilia in Roma, alla via Fabio Massimo n. 107,
presso lo studio dell’Avvocato Gianfranco Torino.
– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI Roma, depositata il
16/12/2011;

15/05/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. L’Amministrazione straordinaria della S.M.E.T. s.r.l. in liquidazione
ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, resistiti dalla For.m.i.c.
s.r.I., nei confronti della sentenza della Corte d’appello di Roma del 25
novembre/16 dicembre 2011, n. 5441, reiettiva del gravame dalla prima
proposto contro la decisione del Tribunale di Velletri che ne aveva, a sua
volta, respinto la domanda di revocatoria, ex art. 67, comma 1, n. 2, I. fall.,
dei pagamenti eseguiti da SMET in bonis, in favore della predetta For.m.i.c.
s.r.I., tramite assegni postdatati o mediante l’intervento di un soggetto
terzo.
1.1. Per quanto qui ancora di residuo interesse, la corte capitolina
ritenne che, dei pagamenti impugnati: i) quello di £. 112.781.657, costituito
da assegno di conto corrente di £. 50.000.000 tratto su rapporto cointestato
SMET-Atena e da cambiale di £. 62.781.657, non fosse revocabile perchè
antecedente il biennio a ritroso a far data dalla dichiarazione dello stato di
insolvenza della SMET (risalente al 10 agosto 1994); il) quelli eseguiti con
assegni post datati per complessive £. 105.170.000, non fossero revocabili
perchè il mezzo utilizzato non era anomalo e considerato che l’intervento
del terzo per la so/utio era irrilevante ove non seguito da azione di rivalsa.
2. Il primo motivo è rubricato «Inadeguata ed erronea valutazione – con
conseguente insufficienza della motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c. – della
prova documentale costituita dall’estratto attestante i movimenti del conto
corrente bancario n. 4944, alla data del 30.9.1992, aperto presso la Banca
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e cAA-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

Cooperativa Pio X, recante l’annotazione della negoziazione, in data
2.9.1992, con valuta 31.8.1992, dell’assegno n. 5426637, emesso in favore
di Formic S.r.l., per l’importo di Lire 50 milioni, costituente pagamento
revocabile ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2, I.fall.». Esso denuncia la
«erronea o inadeguata osservazione» della prova documentale costituita da
un estratto conto bancario prodotto in appello, che, al secondo foglio,

come il 2 settembre era stata addebitata la somma di £. 50.000.000 di cui
al primo assegno in oggetto, sicché non era controvertibile che il pagamento
fosse avvenuto nel biennio rispetto alla dichiarazione dello stato di
insolvenza della SMET resa il 10 agosto 1994. Si rappresenta, inoltre,
quanto agli “altri pagamenti dei quali si chiede la revocatoria”, che entità,
modalità e tempi degli stessi mai erano stati contestati.
2.1. Il secondo motivo reca «Violazione e falsa applicazione dell’art. 67,
comma 1, n. 2, della Legge Fallimentare, nonché dell’art. 1343 c.c. e
dell’art. 31 del r.d. 21/12/1933, n. 1736, in relazione all’art. 360, n. 3,
c.p.c, sotto il profilo della ravvisabilità del processo satisfattorio anomalo, in
violazione della par condicio creditorum, in concorso del negozio giuridico,
nullo per contrarietà a norme imperative all’ordine pubblico, costituito dalla
emissione di assegno bancario posdatato. Si lamenta l’erroneità della
esclusione della revocabilità dell’ulteriore pagamento per complessive £.
105.170.700, avendo la corte territoriale esaminato distintamente due
circostanze di fatto, ossia la postdatazione dei titoli ed il loro pagamento da
parte di soggetto terzo, che erano, invece, inscindibili e che avrebbero, se
congiuntamente esaminate, consentito di concludere per l’anormalità del
pagamento: anormalità rafforzata, peraltro, dalla nullità della postdatazione
per violazione della norma imperativa di cui all’art. 31 della legge assegni.
2.2. Il terzo motivo prospetta «Inadeguata ed erronea valutazione – con
conseguente insufficienza della motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c. – della
prova documentale costituita dalla pattuizione di cui all’articolo 4) della
scrittura privata intervenuta tra la RBM e la SMET, in data 23.7.1992,
concernente il pagamento di debiti della SMET da parte del terzo RBM, a
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diversamente da quanto affermato dalla corte distrettuale, evidenzierebbe

mezzo di provvista attinta dal patrimonio del debitore fallito; sotto il
medesimo profilo, inadeguata ed erronea valutazione, dall’estratto
attestante i movimenti del conto corrente bancario n. 4944, alla data del
30.9.1992, aperto presso la Banca Cooperativa Pio X, recante l’annotazione
dell’accredito in data 31.7.1992, con valuta 24.7.1992, della provvista di
Lire 12.845.000.000, costituita dalla RBM, in favore della SMET, per il

comma 1, n. 2, I.fall.». Si sostiene che dall’esame del menzionato accordo
emergerebbe, senza alcun dubbio, «che il terzo RBM abbia provveduto al
pagamento in favore di For.m.i.c. esclusivamente attingendo alla provvista
della SMET» (cfr. pag. 25 del ricorso), risultando, «dunque, irrilevante la
constatazione del fatto che non sia stata svolta azione di rivalsa, da parte
del terzo» (cfr. pag. 27 del ricorso).
3. Il primo motivo è, nel suo complesso, inammissibile.
3.1. Invero, la denunciata «erronea o inadeguata osservazione»
dell’estratto conto bancario prodotto in appello, che, al secondo foglio,
diversamente da quanto affermato dalla corte distrettuale, evidenzierebbe
come il 2 settembre era stata addebitata la somma di £. 50.000.000 di cui
al primo assegno in oggetto, sicché non sarebbe controvertibile che il
pagamento era avvenuto nel biennio rispetto alla dichiarazione dello stato di
insolvenza della SMET resa il 10 agosto 1994, mira, in realtà, a sollecitare
un inammissibile riesame dell’apprezzamento compiuto dal giudice di merito
in ordine alla valenza probatoria del documento predetto, la cui sindacabilità
in sede di legittimità deve, invece, escludersi.
3.2. Inoltre, laddove si afferma, quanto agli “altri pagamenti dei quali si
chiede la revocatoria”, che entità, modalità e tempi degli stessi mai erano
stati contestati, rileva il Collegio che trattasi di censura la cui estrema
genericità nemmeno rende comprensibile a quale dei diversi pagamenti la
ricorrente intenda alludere.
4. Il secondo motivo è infondato.
4.1. La corte d’appello, infatti, si è correttamente conformata al
principio per cui il pagamento, effettuato da un terzo, di un debito
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pagamento dei debiti di quest’ultima, così revocabili ai sensi dell’art. 67,

comunque gravante sul fallito è revocabile, ex art. 67, comma 1, n. 2,
I.fall., dovendo ritenersene una modalità anomala, se si accerti che la
relativa provvista abbia leso, direttamente o indirettamente, la par condicio
creditorum

(circostanza, questa, espressamente esclusa dalla corte

capitolina. Cfr. pag. 5 della sentenza impugnata) come quando il terzo,
debitore del fallito, lo abbia eseguito con denaro a questi dovuto, ovvero,

somme proprie, abbia proposto azione di rivalsa verso l’imprenditore prima
della dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. n. 23597 del 2017; Cass. n.
6282 del 2016; Cass. n. 25928 del 2015)
4.2. Va altresì sottolineato che l’azione originariamente intrapresa dalla
procedura, attenendo alla configurazione di revocabilità di pagamenti cd.
anomali ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2, I.fall. ratione temporis vigente,
non ne ha colpito anche il negozio a monte (il descritto accordo del 23 luglio
1992 tra RBM e SMET s.r.I.), pretesamente volto a violare la par condicio
creditorum, e di cui gli atti solutori sarebbero stati l’attuazione – negozio,
peraltro, esterno al perimetro temporale dell’azione, risalendo la
dichiarazione dello stato di insolvenza della SMET s.r.I., come si è già visto,
al 10 agosto 1994 – conseguendone che trovano applicazione le regole di
giudizio proprie dei pagamenti in sé, e va, in tema, ripetuto il principio, cui
correttamente si è ancorata la decisione oggi impugnata, secondo il quale
l’assegno postdatato, inteso nella sua obbiettiva idoneità strumentale a
costituire mezzo di pagamento equivalente al denaro, non perde le sue
caratteristiche di titolo di credito, per cui gli atti estintivi di debiti effettuati
con assegni postdatati non costituiscono mezzi anormali di pagamento e
non sono, pertanto, assoggettati all’azione revocatoria fallimentare prevista
dall’art. 67, co. 1, n. 2, 1.f. (cfr. Cass. n. 504 del 2017; Cass. n. 3136 del
2016; Cass. n. 3471 del 2011; Cass. n. 4033 del 1974).
5. Il terzo motivo, infine, è inammissibile, ivi deducendosi una
questione – l’avere il terzo RBM provveduto al pagamento in favore di
For.m.i.c. esclusivamente attingendo alla provvista della SMET, risultando,
dunque, irrilevante la constatazione del suo non aver poi esercitato l’azione
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allorchè non effettuato con danaro del fallito, quando il terzo, utilizzatore di

di rivalsa – nuova, posto che, nel precedente grado, come agevolmente
emerge dalla lettura della sentenza impugnata, si era discusso del
medesimo pagamento acquisito dalla odierna controricorrente come
eseguito con denaro di soggetto terzo (RBM).
5.1. Essa, quindi, non può trovare esame nella presente sede, né
comunque la ricorrente ha indicato in quale fase processuale e con quale

contraddittorio avanti ai giudici del merito. Occorre, così, dare seguito
all’orientamento, cui il Collegio aderisce, per cui il ricorrente per cassazione
che riproponga una determinata questione giuridica – che implichi un
accertamento di fatto – non trattata in alcun modo nella sentenza
impugnata né indicata puntualmente nelle conclusioni lì epigrafate, al fine di
evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha
l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al
giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del
giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di
controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel
merito la questione stessa

(cfr.

Cass. 7048 del 2016, nonché, in

motivazione, la più recente Cass. n. 504 del 2017).
6. In conclusione, il ricorso va respinto, restando le spese di questo
giudizio regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, – in
assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014;
Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) – della
sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater,
del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228 (applicabile ratione temporis, essendo stato
il ricorso proposto il 31 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i
gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice
dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce
quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale
o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da

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tempestivo atto la stessa sarebbe stata sollevata ed introdotta al

parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.
P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna l’Amministrazione straordinaria della SMET
s.r.l. in liquidazione al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in C 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile
della Corte Suprema di cassazione, il 15 maggio 2018.

del 15%, agli esborsi liquidati in C 200,00, ed agli accessori di legge.

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