Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15793 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. I, 23/07/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 23/07/2020), n.15793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12584/2019 proposto da:

S.O., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la

cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e difeso

dall’avvocato Giuseppina Marciano per procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elettivamente

domiciliato ex lege presso l’Avvocatura dello Stato in Roma, Via dei

Portoghesi, 12;

– intimato –

avverso il decreto n. 2535/2019 del Tribunale di Milano, Sezione

specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale

e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea del

20/03/2019;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella camera di consiglio del 03/03/2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di Immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in epigrafe indicato ha rigettato il ricorso proposto ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis da S.O. avverso il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ne aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

Il tribunale pur ritenuto credibile il racconto del ricorrente – che aveva riferito di aver lasciato il Paese di origine per migliorare la propria condizione economica a seguito di contrasti insorti con lo zio paterno, che lo aveva privato degli affetti allontanando la madre dal villaggio e costringendo la sorella a sposare un uomo a lei non gradito e che lo avrebbe sfruttato impiegandolo ancora giovane nel lavoro dei campi -, aveva tuttavia apprezzato la dedotta situazione come non riconducibile ad ipotesi meritevoli di protezione internazionale.

Esclusa altresì una situazione di violenza generalizzata in (OMISSIS) per la fattispecie di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e, ancora, in capo al richiedente i presupposti integrativi di una condizione di vulnerabilità legittimante l’accesso alla protezione umanitaria, il tribunale aveva respinto per intero la domanda.

2. S.O. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con due motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente “al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente, originario di (OMISSIS) ((OMISSIS)), di religione (OMISSIS) e di etnia “(OMISSIS)”, nel racconto reso alla competente Commissione territoriale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio Paese di origine nel marzo del 2016 e di essere giunto in Italia dalla Libia in seguito ai soprusi subiti dallo zio.

2. Il ricorrente articola due motivi.

3. Con il primo motivo il ricorrente fa valere, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia in merito all’effettiva situazione sociale, politica ed economica del (OMISSIS) e sulla sua pericolosità sociale.

Il tribunale aveva ritenuto l’insussistenza nel Paese di origine del richiedente di una generalizzata situazione di violenza indiscriminata, nella interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità in raccordo con quella della Corte di Giustizia (caso Diakitè), in forza di fonti risalenti all’anno della decisione, il 2019, e non a quello di allontanamento del richiedente, il 2016, e su notizie tratte da un report generico senza considerare le motivazioni, pur ritenute credibili, che avevano determinato il richiedente ad allontanarsi dal Paese di origine.

Non rispondeva a verità che il ricorrente si fosse allontanato dal (OMISSIS) “nel tentativo di migliorare la sua condizione economica”.

L’insediamento del Presidente A.B., poi, di contro a quanto ritenuto in decreto, era vicenda politica recente e ad essa corrispondeva una situazione de Paese in corso di normalizzazione e quindi ancora caotica ed estremamente precaria.

Il motivo è inammissibile perchè portatore di una inconcludente critica neppure rispettosa, nei sui contenuti, del paradigma normativo della disposizione invocata.

3.1. Con l’articolata censura si deduce la non rispondenza a verità dell’affermazione contenuta in decreto e per la quale il ricorrente avrebbe dichiarato di aver lasciato il (OMISSIS) nella ricerca di migliorare la propria condizione economica e tanto senza però che sul punto si segnalino gli effettivi contenuti della prima, rilevanti ai fini della decisione.

3.2. La contestazione, poi, sul malgoverno di norme e principi di definizione della fattispecie legittimante il riconoscimento della protezione sussidiaria per l’ipotesi D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sub c) (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), vd. Cass. 08/07/2019 n. 18306) è sostenuta da una premessa che non appartiene a contenuti e ratio della fattispecie invocata: e cioè che il giudizio sulla situazione di pericolo connessa al cd. rischio-paese debba essere riferito al periodo temporale in cui il richiedente protezione ha lasciato la terra di origine e non quello in cui viene operato l’accertamento.

Il giudizio sui presupposti legittimanti l’accesso alla protezione sussidiaria, per la fattispecie di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) deve avere come riferimento temporale quello dell’epoca in cui interviene l’accertamento giudiziale e non quello in cui il richiedente protezione si è allontanato dal Paese di origine, rilevando l’indicata misura al fine di prevenire l’esposizione rischio al momento del rimpatrio.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 per contraddittorio esame e valutazione di fatti decisivi della controversia, integrativi dei presupposti di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il tribunale aveva omesso di accertare la situazione oggettiva del Paese di origine (la situazione di incertezza in cui viveva il (OMISSIS)) e quella soggettiva del richiedente in ragione della sua peculiare vicenda personale (lo stato di estrema povertà ed il disagio sociale da cui proveniva), mancando altresì di comparare la situazione individuale del ricorrente in Italia, in cui egli si era stabilmente collocato, con quella vissuta prima della partenza.

Il motivo è inammissile perchè di contestazione dell’accertamento di merito svolto dal tribunale senza che le segnalate omissioni valgano a evidenziare rilevanti evidenze fattuali mancate all’esame dei giudici di merito.

Il Tribunale di Milano ha ricostruito la situazione del Paese di origine e quella goduta in Italia dal ricorrente – contrassegnata da esperienze lavorative che, maturate nell’ambito dell’accoglienza, sono state coerentemente stimate come non in grado di integrare una stabilizzazione in territorio italiano del richiedente – provvedendo a comparare le due situazioni, per poi escludere la sussistenza in capo al primo di quelle condizioni di vulnerabilità ai diritti della persona integrative della protezione reclamata.

Il motivo in modo inammissibile fa valere una critica generica che, reiterativa delle originarie deduzioni, non si confronta con l’impugnato provvedimento.

5. Il ricorso è pertanto inammissibile.

Nella irritualità della costituzione del Ministero, nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto (secondo la formula da ultimo indicata in Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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