Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15793 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/06/2017, (ud. 24/05/2017, dep.23/06/2017),  n. 15793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8163-2016 proposto da:

M.N.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

REGINA MARGHERITA 290, presso lo studio dell’avvocato MARIA BRUNA

CHITO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FAUSTO DI PEDE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 476/2/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della BASILICATA, depositata il 29/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.N.D. ricorre, affidandosi a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso) per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, ai fini dell’IVA e dell’IRPEF, aveva riscontrato il discostamento del reddito dichiarato, per l’anno 2004, da quello determinato mediante applicazione degli studi di settore – ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la decisione di primo grado favorevole al contribuente.

In particolare, il Giudice di appello, dato atto dell’avvenuta realizzazione del contraddittorio, riteneva che il contribuente, sia in quella sede che nella fase contenziosa, non avesse offerto prove idonee a giustificare lo scostamento dei redditi dichiarati da quelli accertati con l’applicazione degli studi di settore.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 laddove la C.T.R. aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento impugnato benchè lo stesso non contenesse, in motivazione, le ragioni per le quali l’Amministrazione aveva disatteso le giustificazioni fornite dal contribuente in sede di contraddittorio.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c. rassegnando che la motivazione della sentenza impugnata non espliciterebbe il percorso logico giuridico seguito per giungere alla decisione a fronte delle plurime prove fornite a dimostrazione dell’infondatezza delle risultanze degli studi di settore.

3. Infine, con il terzo motivo si rassegna l’omesso esame di fatti decisivi quali emergenti dalla documentazione che la Commissione regionale non aveva valutato.

4. Va, in primo luogo, evidenziata, l’inammissibilità della censura, sollevata con il secondo motivo, relativa all’asserito vizio di difetto e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia laddove al ricorso, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 12 giugno 2013, si applica la nuova disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. Sez. U. n. 8053/2014).

5. Nella specifica materia, questa Corte ha chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. (cfr. Cass. S.U. 26635/2009, Cass. 12558/2010, Cass. 12428/2012, Cass. 23070/2012). In termini di onere della prova, poi, nella citata sentenza delle Sezioni unite, si è affermato, che “l’onere della prova (…) è così ripartito: a) all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento; b) al contribuente (…) fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce”.

5.1. Dall’applicazione di tali principi, dei quali la C.T.R. ha fatto buon governo in diritto, discende l’infondatezza del primo motivo.

6. E’, invece, fondato il terzo motivo articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La Commissione Tributaria Regionale, infatti, nel riferirsi genericamente ad una crisi del settore tecnologico non documentata dal contribuente, mostra di avere integralmente ignorato gli ulteriori fatti emergenti dalla documentazione fornita dal contribuente e tutti riportati (in ossequio al principio di autosufficienza) in ricorso e che avrebbero, ove esaminati, potuto condurre ad una diversa decisione.

7. Conclusivamente, in accoglimento del solo terzo motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Giudice di merito il quale provvederà al riesame e a regolare le spese di questo giudizio.

PQM

 

In accoglimento del solo terzo motivo, rigettato il primo ed il secondo, cassa, nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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