Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15793 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 07/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 07/06/2021), n.15793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 38083/2019 proposto da:

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO

N. 18, presso lo studio dell’avvocato MARINA ZELA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LAURA DAMIANI, DONATELLA MORAGGI,

che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2036/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 08/10/2019 R.G.N. 487/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARINA ZELA;

udito l’Avvocato LAURA DAMIANI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 8 ottobre 2019 n. 2036 la Corte d’Appello di Bari respingeva il reclamo proposto da M.N. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, confermando il provvedimento della prima fase, aveva dichiarato la decadenza del M. dalla impugnazione dei due licenziamenti disciplinari intimati dall’INAIL, in data 6 aprile e 12 aprile dell’anno 2016.

2. Il giudice del reclamo, al pari dei giudici del primo grado, accertava che la azione giudiziaria era stata proposta dopo il decorso di 183 giorni dalla data della impugnazione stragiudiziale.

3. Indicava le ragioni per le quali sia il giudice della prima fase che quello della opposizione avevano ritenuto che la impugnazione stragiudiziale fosse avvenuta non già il 2 maggio 2016 – come dedotto dal M. – ma il precedente il giorno 29 aprile 2016, attraverso il documento di 23 pagine intitolato “19 denuncia querela” – depositato personalmente dal M. presso la Direzione Regionale INAIL di (OMISSIS) – nonchè attraverso la comunicazione mail in pari data all’indirizzo del direttore generale e del Presidente dell’INAIL, cui era allegato il medesimo documento.

4. Per quanto ancora in discussione, la Corte territoriale respingeva le censure con le quali il reclamante denunciava un contrasto della sentenza gravata con le emergenze processuali.

5. Il M. assumeva: che il documento depositato recava un numero di protocollo INAIL scritto a mano; che la pagina 23 non era sottoscritta e recava la data “giugno 2016”; che non era nè pacifico nè provato che egli si fosse recato personalmente a consegnare la denuncia-querela il giorno 29 aprile 2016 presso la direzione regionale INAIL di Bari.

6. Al riguardo la Corte territoriale osservava:

– che il documento recava il timbro di ricezione dell’INAIL del 29 aprile 2016, con annotato a margine il numero di protocollo; la protocollazione faceva fede fino a querela di falso della presentazione del documento.

– che non era stata tempestivamente contestata la conformità della copia del documento all’originale, nè allegata la sua manipolazione, con l’aggiunta della pagina numero 23.

– che il reclamante non negava la consegna dell’atto all’INAIL ma formulava dubbi sul fatto di avervi provveduto personalmente; ciò che rilevava era semplicemente il fatto che la consegna fosse stata fatta nel suo interesse. Inoltre, nè nel verbale di udienza successivo alla costituzione dell’INAIL nè nelle note autorizzate il M. aveva contestato l’avvenuto deposito brevi manu (limitandosi a contestare la avvenuta successiva trasmissione dell’atto dalla direzione regionale alla direzione centrale dell’INAIL).

7. Quanto al contenuto, il documento, alla pagina 22, nella parte finale, conteneva una diffida alla liquidazione delle mensilità indirizzata alla direzione generale INAIL (OMISSIS), con timbro e firma del M. ed alla pagina 23 la lettera di impugnazione dei due licenziamenti, con data “Bari, giugno 2016” e timbro del M., senza firma.

8. Non rilevava la avvenuta trasmissione o meno dell’atto alla Direzione generale nella sua integralità, poichè le direzioni regionali, a norma dell’art. 35 del regolamento di organizzazione INAIL, erano responsabili della gestione delle risorse umane ed abilitate all’esercizio della funzione legale.

9. Il reclamo risultava pertanto infondato.

10. In ogni caso, la comunicazione mail non era stata espressamente disconosciuta dal M. nè per provenienza nè per contenuto; egli si era limitato ad eccepire la mancanza della firma qualificata. Il pieno valore probatorio della mail derivava dall’art. 2712 c.c.. Il disconoscimento della paternità della mail, in calce alla quale era indicato il nome del M., era generico.

11. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza M.N., articolato in un unico motivo, cui l’INAIL ha opposto difese con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare la Corte dà atto che non rileva in causa l’avvenuta interdizione del M. – giusta sentenza del Tribunale di Bari in data 17.12.2019 – dichiarata dal difensore del ricorrente alla udienza pubblica – in quanto successiva al conferimento della procura speciale al difensore (in data 22.10.2019) ed alla notifica del ricorso in cassazione (avvenuta il 6 dicembre 2019). Invero, ai sensi dell’art. 421 c.c., l’interdizione e l’inabilitazione producono i loro effetti dal giorno della pubblicazione della sentenza sicchè la perdita della capacità processuale della parte si è verificata dopo la introduzione del presente giudizio; trova dunque applicazione il principio generale secondo cui, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, dominato dall’impulso d’ufficio, non è applicabile nel giudizio di cassazione l’istituto dell’interruzione del processo.

2. L’unico motivo del ricorso è così intitolato:

“falsa applicazione e violazione delle norme di diritto, omesse motivazioni su punti decisivi della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 (successivamente dedotti attraverso i corretti riferimenti normativi da considerare “art. 1350 c.c. ed L. n. 604 del 1966, art. 6 – artt. 2702 e 2712 c.c. – art. 2969 c.c. e art. 416 c.p.c. – combinato disposto del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 1, lett. q e art. 21, vigente alla data del 29 aprile 2016, proseguito dal 01 luglio 2016 nel combinato disposto dell’art. 3, punto 10 del regolamento comunitario Eidas 910/2014 e del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 21, comma 1, ante e postriforma D.Lgs. n. 179 del 2016 – disposizioni del capo IV del D.P.R. n. 444 del 2000”).

3. Il motivo compendia plurime censure:

– Si deduce la alterazione della realtà processuale, per avere il giudice del reclamo attribuito valore di impugnazione stragiudiziale alla comunicazione mail del 29 aprile 2016 ed al suo allegato, assumendosi che l’unico atto idoneo di impugnativa stragiudiziale era la denuncia-querela recante (alla pagina 23) la sua sottoscrizione, atto depositato presso la sede INAIL soltanto in data 2 maggio 2016.

– Si afferma che la eccezione di decadenza era stata proposta dall’INAIL unicamente in ragione della impugnativa contenuta alla pagina 23 dell’atto di denuncia-querela, pagina che non recava la sua sottoscrizione e che, pertanto, i giudici non avrebbero potuto, d’ufficio, attribuire valore di impugnazione alle dichiarazioni sottoscritte alla precedente pagina 22.

– Si denuncia la violazione delle norme che disciplinano la firma elettronica in relazione alla mail del 29 aprile 2016 nonchè delle norma relative alla gestione informatica dei documenti degli enti pubblici, per non avere la Corte territoriale attribuito rilievo alla apposizione a mano del numero di protocollo del documento che sarebbe stato depositato presso la sede INAIL;

– Si assume la assenza di prova del deposito dell’atto e si sostiene che l’INAIL non aveva mai eccepito la decadenza in relazione a tale deposito ma soltanto in riferimento all’invio del documento in allegato ad una mail.

– Si contesta lo stralcio di documenti disposto nella fase di merito.

4. Il ricorso è nel complesso inammissibile.

5. L’unico motivo è, infatti, articolato come confusa contestazione delle conclusioni raggiunte dal giudice del merito in ordine alla data della impugnativa stragiudiziale del licenziamento.

6. Vengono lamentati, indistintamente, vizi: di alterazione delle risultanze processuali, di violazione di pretesi limiti della cognizione del giudice sulla eccezione di decadenza opposta dall’INAIL, di violazione di plurime norme, senza mai individuare nè una precisa affermazione della sentenza impugnata affetta dall’errore di diritto, nè la norma violata, nè le ragioni della violazione nè la decisività dell’assunto errore.

7. Risulta pertanto inadempiuto l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), che impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare- con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni- la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cassazione civile sez. un., 28/10/2020, n. 23745).

8. Il vizio di motivazione viene richiamato nella rubrica del motivo senza che nel suo sviluppo sia possibile individuare un preciso fatto storico che non sarebbe stato esaminato nella sentenza impugnata e che avrebbe condotto ad un esito diverso della decisione.

9. Come costantemente affermato da questa Corte il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5), introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. S.U. 22.9.2014 nr. 19881; Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053).

10. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

11. Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato giacchè il giudice dell’impugnazione ogni volta che pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione deve dare atto della sussistenza di tali presupposti processuali, anche nel caso in cui il contributo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno, come nell’ipotesi di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato (CASS. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.500 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

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