Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15791 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 07/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 07/06/2021), n.15791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2362/2018 proposto da:

A.L.M., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati GIUSEPPE MONTALBANO, LUIGI GIACOMO MESSINA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI AGRIGENTO (A.S.P.), in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FAUSTO GAETANO GIULIANA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 927/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 06/11/2017 R.G.N. 830/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRO GIUSSANI, per delega verbale Avvocato

GIUSEPPE MONTALBANO;

udito l’Avvocato CLAUDIO RONCHIETTO, per delega verbale Avvocato

FAUSTO GAETANO GIULIANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 6 novembre 2017 n. 927, riformava la sentenza del Tribunale di Sciacca, e per l’effetto respingeva la domanda proposta da A.L.M. per il risarcimento del danno derivato dalla illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato con l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento (d’ora in poi solo Azienda o ASP) in data 24/10/2013 (alla pagina 2 della sentenza impugnata, per errore materiale: 24/01/2013), con scadenza al 23/4/2014.

2. La Corte territoriale dichiarava inammissibile il motivo di appello con il quale ASP impugnava il rigetto della opposta eccezione di decadenza, in quanto l’appellante non si confrontava con la statuizione del Tribunale secondo cui l’impugnativa era stata proposta soltanto per i contratti rispetto ai quali la decadenza non era maturata. Detta interpretazione del petitum non era stata censurata, nè in via principale nè in via incidentale; comunque neppure erano stati allegati i riferimenti temporali del decorso del termine rispetto a tutti i contratti dei quali la A. aveva allegato essere stata parte.

3. Confermava la dichiarazione di nullità del termine per difetto di specifica indicazione nel contratto sottoscritto delle ragioni del termine.

4. Accoglieva invece l’appello quanto alla condanna di ASP al risarcimento del danno, resa dal Tribunale D.Lgs n. 165 del 2001, ex art. 36.

5. Richiamata la giurisprudenza delle SU della Suprema Corte in ordine all’abuso del contratto a termine, fattispecie aggravata rispetto alla mera illegittimità del termine (Cass. SU n. 5072/2016), escludeva che nella fattispecie di causa fosse integrato detto abuso.

6. Osservava che la domanda risarcitoria doveva essere valutata con esclusivo riferimento all’ultimo contratto, stipulato il 24 ottobre 2013, unico per il quale il Tribunale aveva ritenuto (senza che sul punto vi fosse appello incidentale della lavoratrice) non essere decorso il termine di decadenza.

7. Trattandosi di un unico contratto a termine illegittimo, non sussistevano i presupposti per il risarcimento del danno, dal momento che la lavoratrice non aveva specificamente dedotto in ordine alla proroga e/o ai profili di abuso ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 4 e 5, utili ai fini del riconoscimento del cd. danno comunitario.

8. La lavoratrice ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, articolato in un unico motivo, al quale la Azienda ha resistito con controricorso.

9. La sesta sezione di questa Corte, all’esito della adunanza camerale del 6 luglio 2020, in relazione alla quale la parte ricorrente depositava memoria, con ordinanza interlocutoria n. 18299 del 2020, ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza, non ritenendo sussistere i presupposti di cui all’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la parte ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, ed alla Direttiva 1999/70/CE, clausola n. 5.

2. Lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui, pur avendo richiamato i principi espressi dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 5072/2016, nonchè i principi del diritto Eurounitario, rigettava la domanda di risarcimento del danno assumendo il mancato assolvimento all’onere di allegare un abuso ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 4 e 5.

3. In via pregiudiziale deve essere accolta la eccezione di improcedibilità del ricorso opposta dalla controricorrente ASP.

4. L’art. 369 c.p.c., sancisce, come è noto, l’improcedibilità del ricorso nel caso in cui non venga depositata copia autentica della sentenza impugnata con la relativa relata di notificazione.

5.Nella specie, la stessa parte ricorrente ha assunto (v. pag. 2 del ricorso) che la sentenza impugnata è stata “notificata telematicamente in data 8 novembre 2017”; tuttavia non ha depositato, unitamente al ricorso per cassazione o comunque entro il termine di cui dell’art. 369 c.p.c., comma 1, la copia della relata di notifica. Trattandosi di notifica di sentenza che si assume avvenuta tematicamente, avrebbe dovuto essere depositata la copia della relata della notificazione telematica e del corrispondente messaggio PEC, con annesse ricevute.

6. La previsione in argomento è funzionale al riscontro da parte di questa Corte della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del c.d. termine breve, a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo di cosa giudicata formale (v. Cass., Sez. Un., 16 aprile 2009, n. 9005).

7. La giurisprudenza di questa Corte, cui va dato seguito, ha per un verso chiarito che qualora tale relata risulti in atti, perchè presente nel fascicolo di ufficio del previo grado di merito ovvero perchè prodotta dalla parte controricorrente, l’improcedibilità non può essere dichiarata (Cass., Sez. Un., 2 maggio 2017, n. 10648), dall’altro precisato che, in mancanza del fascicolo di ufficio, di cui pure risulti chiesta l’acquisizione, deve comunque dichiararsi l’improcedibilità, posto che l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, prevede tale sanzione per l’omesso deposito in parola ad opera della parte, senza che possano dilatarsi irragionevolmente i tempi processuali per una carenza comunque imputabile alla stessa ed anche atteso che non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, qui non dedotte, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass., 15 settembre 2017, n. 21386; Cass. 31 maggio 2018, n. 13751; si veda anche Cass. 12 febbraio 2020, n. 3466).

8. Peraltro, nel caso in esame, la copia autentica della sentenza con relata di notifica non si rinviene nemmeno nella produzione di parte controricorrente (v. la già citata Cass., Sez. Un., n. 10648/2017).

9. Neppure il ricorso per cassazione può ritenersi procedibile per effetto della c.d. prova di resistenza, in applicazione del principio secondo cui “Pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima (adempimento prescritto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2), il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poichè il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2” (Cass. 10 luglio 2013, n. 17066; conf. Cass. 30 aprile 2019, n. 11386).

10.Ed invero, la sentenza impugnata è stata pubblicata il 6 novembre 2017 mentre il ricorso è stato notificato il 7 gennaio 2018, dopo la scadenza del termine di 60 giorni (il 5 gennaio 2018).

11. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarata l’improcedibilità del ricorso.

12. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

13. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

PQM

La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

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