Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15785 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/06/2017, (ud. 24/05/2017, dep.23/06/2017),  n. 15785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17711-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona dei Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA FARNESE 101,

presso lo studio dell’avvocato MARCO BECCIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONIO AQUINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2780/6/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata l’11/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 da Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, nei confronti di G.E. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 2780/06/2016, depositata in data 11/05/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento emesso per maggiori IRPEF ed addizionali regionali dovute in relazione all’anno d’imposta 2008, a seguito di rideterminazione, in via sintetica, del reddito imponibile (amministratrice della Carena srl) – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, respingendo i motivi di gravame attinenti a vizi di forma dell’atto impositivo, hanno sostenuto che la contribuente aveva dimostrato di disporre di un reddito dichiarato sufficiente per far fronte alle spese di mantenimento dei beni indice di capacità contributiva contestati (un reddito di capitale pari ad Euro 67.500,00, di cui dichiarati Euro 27.000,00, essendo esente la quota del 60%, fatto questo di cui l’Ufficio non aveva tenuto conto; la non riferibilità alla stessa del contratto di leasing per l’acquisto di un’imbarcazione stipulato dalla società (che ne aveva il possesso) e quindi delle spese per il mantenimento dell’imbarcazione e per il premio dell’assicurazione; la non riferibilità alla contribuente di unità immobiliare concessa in comodato gratuito al figlio, che ne sosteneva le spese).

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera ai consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e art. 2697 c.c., non essendo sufficiente per il contribuente dimostrare l’esistenza di disponibilità finanziarie, occorrendo anche fornire la prova dell’utilizzo delle stesse per sostenere le spese poste a fondamento dell’accertamento fiscale.

2. La censura è infondata.

Questa Corte (Cass. 25104/2014; Cass.14885/2015) ha già affermato che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa- per il contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella versione vigente ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”.

Nella specie, la C.T.R., a fronte degli elementi presuntivi di una certa capacità patrimoniale del contribuente” ha valutato la prova contraria offerta dal contribuente (non addossando dunque sull’Amministrazione finanziaria l’onere della prova, come lamentato in ricorso), ritenendo che questi avesse documentato sia un maggior reddito di capitale sia la non riferibilità alla stessa di alcune, importati, voci di spesa (imbarcazione ed un immobile), con valutazione ne merito, dei materiale probatorio, esente da censure in quanto congruamente motivata.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Essendo l’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).

PQM

 

Respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese dei presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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