Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15785 del 12/06/2019

Cassazione civile sez. I, 12/06/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 12/06/2019), n.15785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15326/2018 proposto da:

C.L. elettivamente domiciliato in Roma Via Sabotino 46 presso

lo studio dell’Avv.to Comi Vincenzo che lo rappresenta e difende

giusta procura speciale su foglio separato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso IL DECRETO del TRIBUNALE DI MILANO n. 1195/2018 in data

5/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

6/3/2019 dal consigliere MARINA MELONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 5/4/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano in ordine alle istanze avanzate da C.L. nato in Gambia il 1/1/1998, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal Gambia aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano di essere fuggito dal proprio paese per paura di essere arrestato per un reato mai commesso in quanto nella sua abitazione era stata trovata dalla polizia, durante una perquisizione avvenuta a seguito di denuncia per spaccio di stupefacenti, un sacchetto di droga nascosto probabilmente da suo cugino per vendetta dello zio nei confronti di suo padre. Prima di fuggire dal carcere ove era rimasto imprigionato per circa due mesi, era stato maltrattato e picchiato. Avverso il decreto del Tribunale di Milano ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a cinque motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale il ricorrente solleva tre questioni di di legittimità costituzionale: la prima del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13 così come convertito nella L. n. 46 del 2017, per violazione dell’art. 77 Cost., per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, in considerazione del differimento dell’efficacia temporale e, quindi, dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale.

La seconda e terza questione di legittimità costituzionale, in materia di controversie di protezione internazionale, del D.lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo parametro così come integrato dall’art. 46, paragrafo 3 della Direttiva numero 32/2013 e dall’art. 47 della Carta di Nizza rispettivamente in riferimento alla previsione del rito camerale ex artt. 737 ss. c.p.c. ed al termine di impugnabilità del decreto solo in Cassazione entro 30 giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado.

Con i tre motivi di ricorso in via pregiudiziale il ricorrente solleva altrettante questioni di legittimità costituzionale sulle quali questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in analoghi giudizi, ritenendole irrilevanti e manifestamente infondate, con sentenza sez. 1 n. 17717 del 27/6/2018 e ordinanza n. 27700 del 30/10/2018 pienamente condivisa da questo Collegio e dalle quali non vi è motivo per discostarsi.

Nel merito con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, comma 1 e artt. 14 e 17 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare la situazione politica generale del Gambia con uso di informazioni aggiornate e precise sulla situazione dei paesi di origine D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 bis, comma 9 ed art. 8 come modificato dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il Tribunale di Milano, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto in ordine ai due motivi di merito.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice infatti ha ritenuto l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine ed escluso così il diritto alla protezione sussidiaria facendo riferimento alle notizie risultanti da numerosi siti internet tutti relativi al Bangladesh (mentre il paese di provenienza del ricorrente è il Gambia) elencati a pag. 5 della sentenza da cui ha evinto che non vi sono situazioni critiche di sicurezza e di ordine pubblico nel Gambia.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria – al pari di quanto avviene per il giudizio di riconoscimento dello status di rifugiato politico e della protezione sussidiaria – incombe sul giudice il dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine.

Nella specie, il Tribunale ha violato il suddetto principio di cooperazione istruttoria, avendo ritenuto che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino una situazione di vulnerabilità o un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali della persona senza tuttavia indagare in concreto se le fattispecie illustrate dal ricorrente possano effettivamente rappresentare un presupposto per la concessione della protezione umanitaria alla luce della disciplina antecedente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 13 convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132, non applicabile alla fattispecie non avendo tale normativa efficacia retroattiva secondo l’orientamento recentemente espresso da questa Corte (Cass.19/2/2019 n. 4890).

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere accolto in ordine ai primi due motivi, cassato il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie i primi due motivi di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigetta il terzo, quarto e quinto, cassa il decreto impugnato rinvia al Tribunale di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione Corte di Cassazione, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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