Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15783 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/06/2017, (ud. 11/05/2017, dep.23/06/2017),  n. 15783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1327/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.T., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIOVANNI DI LULLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 426/8/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TRIESTE, depositata il 16/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/05/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Ufficio fiscale di Trieste notificava ad A.T. un avviso di accertamento per la ripresa a tassazione di IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno 2007.

La CTP di Trieste accoglieva il ricorso con sentenza confermata dalla CTR del Trentino Alto Adige. Secondo il giudice di appello l’obbligo del contraddittorio preventivo, sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, riguardava qualunque accertamento, anche in assenza di accesso presso la sede del contribuente.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

La parte intimata non ha depositato difese scritte.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

La ricorrente prospetta la violazione del L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. La CTR non avrebbe considerato che in ipotesi di accertamento nel quale la verifica della documentazione era avvenuta, su espressa richiesta della contribuente, presso l’Agenzia, dopo la notifica di pvc con il quale l’ufficio, preso atto che nel corso dell’accesso ai locali dell’impresa non era stata rinvenuta alcuna documentazione, aveva richiesto l’acquisizione della stessa alla parte contribuente, non trovava applicazione la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Il ricorso, nei termini di seguito esposti, è manifestamente fondato e va accolto.

Nella medesima occasione le Sezioni Unite hanno chiarito che “Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

Orbene, la decisione impugnata si pone in contrasto con gli enunciati principi di diritto, se solo si consideri, quanto alla pretesa fiscale relativa ad IRPEF e IRAP, che l’accesso presso i locali della parte contribuente inizialmente operato dall’ufficio, successivamente conclusosi con il pvc del 19.10.2012, non ha dato luogo ad alcuna verifica documentale poichè, a causa della cessazione dell’attività, non è stata acquisita alcuna documentazione. Tutto ciò lascia ritenere che, in assenza di un reale accesso correlato allo svolgimento di attività di verifica, non poteva ipotizzarsi alcun obbligo di contraddittorio preventivo con riguardo al successivo esame della documentazione inoltrata dalla contribuente all’Ufficio ed esaminata fuori dai locali del contribuente. Elementi che escludevano, pertanto, di potere ritenere applicabile la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Senza peraltro considerare che opinando diversamente il termine dilatorio decorrente dalla notifica del pvc del 19.10.2012 sarebbe stato rispettato tenuto conto della notifica dell’accertamento avvenuta il 21.12.2012 – v. primo cpv. Della pag. 2 della sentenza impugnata-.

In definitiva, la CTR ha errato nel ritenere operante il termine dilatorio di cui al ricordato art. 12 ult.cit. anche per le ipotesi in concreto verificatasi.

Ha, infatti, per l’un verso disposto l’annullamento integrale dell’atto impositivo dedotto in controversia per difetto di contraddittorio endoprocedimentale ancorchè, quanto all’accertamento a fini IRPEG e IRAP, non sussistesse in capo all’Amministrazione fiscale alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale e, quanto all’accertamento a fini IVA pure oggetto di contestazione, ha omesso di acclarare l’assolvimento, da parte della società contribuente, dell’onere di specifica enunciazione delle ragioni che avrebbe potuto far valere in sede di procedimento amministrativo.

La CTR avrebbe infatti dovuto verificare che il contribuente aveva assolto l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, ed ancora che “…l’opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede e al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” – cfr. Cass. S. U. n.24823/2015 -.

In conclusione, la sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso, va pertanto cassata e la causa rinviata anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della CTR del Trentino Alto Adige.

PQM

 

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità ad altra sezione della CTR del Friuli Venezia Giulia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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