Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15783 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 19/07/2011), n.15783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24881/2007 proposto da:

MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

R.G., domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 88,

presso lo studio dell’avvocato BONANNI Bruno, che lo rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1429/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/10/2006 r.g.n. 1224/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/06/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;

udito l’Avvocato CAMASSA MARIA PIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27.4.2004 il Tribunale di Torino, in funzione di giudice del lavoro, accoglieva la domanda del sig. R.G. nei confronti del Ministero delle Comunicazioni alle cui dipendenze era transitato per effetto della L. n. 71 del 1994, provenendo dall’Amministrazione delle Poste.

Il R. richiedeva la condanna del Ministero a ripristinare l’assegno ad personam ex L. n. 537 del 1993 già corrisposto nel passaggio da una amministrazione all’altra, che poi era stato revocato a partire dal 2.10.1997.

Interponeva appello il Ministero; il R. si costituiva chiedendo la conferma dell’impugnata sentenza.

La Corte di appello di Torino con sentenza del 26.9.2006 respingeva l’appello con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese.

La Corte territoriale ricordava che il R. era passato alle dipendenze del Ministero delle comunicazioni L. n. 71 del 1994, ex art. 6, comma 2, era stato assegnato al Ministero con D.M. 16 aprile 19904 in attesa dell’inquadramento nei ruoli organici e che si era stabilito un assegno personale pari a L. 32.000 per perequare lo stipendio rispetto a quello precedentemente percepito; con D.I. 10 luglio 1997, si era proceduto all’inquadramento definitivo e quindi si era provveduto alla soppressione dell’assegno in quanto il trattamento goduto con il nuovo inquadramento si era rivelato superiore a quello percepito al momento della prima applicazione.

Tuttavia la Corte osservava che l’assegno in parola viene definito non riassorbibile come emerge dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 57, in base alla quale era stato attribuito. Per la Corte di appello non può essere accolta la tesi per cui si era trattato, prima del 97, solo di una provvisoria attribuzione di posizione economica, mentre il vero momento di passaggio di carriera si era verificato solo con il definitivo inquadramento in ruolo D.I. 10 luglio 1997, ex art. 2. Nel 93 si era in effetti già verificato il passaggio di carriera, considerato dall’art. 3, comma 57, già citato come presupposto per l’assegnazione dell’assegno di cui si discute, per cui non significativa era la circostanza per cui solo nel 1997 si era verificato il definitivo inquadramento.

Propone ricorso il Ministero delle Comunicazioni con un motivo;

resiste il R. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Ministero ricorrente censura la sentenza impugnata con un solo motivo nel quale si allega la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57. Il momento di effettivo passaggio di carriera non poteva che essere costituito dall’effettivo inquadramento del personale transitato nei ruoli del Ministero, come stabilito espressamente dal D.I. 10 luglio 1997, art. 2; solo nel 1997 si è provveduto al quadro di equiparazione delle qualifiche funzionali della ex amministrazione PT alle qualifiche del personale istante, prima di tale data mancava un elemento di comparazione. Al R. è stato garantito un assegno ad personam provvisorio sino al momento in cui, nel 97, è emerso che non sussisteva più un diritto ad una perequazione retributiva. Il passaggio di carriera previsto dalla L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, si era verificato solo ed esclusivamente con l’effettivo inquadramento del ricorrente.

Il ricorso è fondato e pertanto va accolto alla luce dell’orientamento di questa Corte, che si condivide pienamente, secondo cui il “in materia di pubblico impiego, la L. n. 537 del 1993, art. 3 comma 57 – che prevede la non riassorbibilità dell’assegno “ad personam” spettante nei casi di “passaggio di carriera” di cui all’art. 202 del T.U. n. 3 del 1957 ad altra posizione con trattamento economico inferiore – non si applica alle assegnazioni delle Poste e Telecomunicazioni del personale dell’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, disposte ai sensi della L. n. 71 del 1994, art. 6, non essendovi in tal caso passaggio di carriera nella stessa o in altra amministrazione, ma solo un’assegnazione provvisoria con successivo reinquadramento nei ruoli organici del Ministero; ne consegue la legittimità del riassorbimento dell’assegno “ad personam”, già corrisposto al citato personale, per effetto della dinamica retribuitiva del trattamento economico” (Cass. n. 23474/2010). La Corte in altri termini ha osservato come la L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, non è applicabile, così come il D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 202, cui rimanda la prima norma, perchè le dette norme presuppongono un ” passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione”, mentre i ricorrenti, in una fattispecie identica a quella in esame, non erano stati oggetto di un passaggio di carriera, ma solo assegnati provvisoriamente al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, in attesa di un inquadramento definitivo, sulla base di un successivo quadro di equiparazione, il che è concretamente avvenuto per il R. solo nel 1997. La questione di diritto, già risolta come detto da questa Corte, è perfettamente fotografata nel quesito formulato nell’ultima pagina del ricorso.

Conseguentemente si deve accogliere il ricorso e va cassata la sentenza impugnata. Sussistendo i presupposti per una decisione nel merito va rigettata la domanda proposta.

Stante la complessità della materia che involge delicati passaggi di personale in seguito alla trasformazione del “settore Poste” e la non univocità della giurisprudenza di merito sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte; accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta. Compensa le spese dell’intero processo integralmente tra le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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