Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15783 del 09/07/2016

Cassazione civile sez. III, 29/07/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 29/07/2016), n.15783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20770-2013 proposto da:

CRISTARELLO SNC IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS) in persona del liquidatore

P.V., domciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARIO MARI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE COSENZA in persona del Sindaco legale rappresentante p.t.

O.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ N.21,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO GENOVESE, rappresentato e

difeso dagli avvocati NICOLA CAROLILLO, LUCIO SCONZA giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 835/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 27/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato TONINO PRESTA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La società Cristarello S.n.c. citò in giudizio dinanzi al Tribunale di Cosenza, con atto introduttivo notificato il 22 giugno 1992, il Comune di Cosenza, premettendo di aver avuto in appalto dallo stesso comune, sin dalla Delib. n. 91 del 1979, lo smaltimento e le relative colmate di rifiuti solidi urbani sull’area già di proprietà dei F.lli A., poi società Cristarello S.n.c.; di aver avuto imposta una diversa prestazione (dal 30 luglio 1987, colmate in tempo notturno invece che diurno, come pattuito; pur continuando la raccolta anche in tempo diurno); di non aver avuto adeguato il corrispettivo, dopo che il contratto era stato unilateralmente prorogato (con Delib. Giunta del novembre 1988, successiva alla scadenza contrattuale del 31 gennaio 1988) e di aver ricevuto costantemente in ritardo il pagamento dei corrispettivi; di non aver avuto il pagamento per le opere eseguite per la prima utilizzazione della discarica; di avere diritto al risarcimento per l’esecuzione delle opere di contenimento del terreno e di regimentazione delle acque e per i danni irreversibili prodotti al terreno.

Chiese, quindi, la condanna del Comune convenuto: a) al risarcimento dei danni per il mancato pagamento delle prestazioni di smaltimento e di colmatura dei rifiuti solidi urbani per il tempo diurno per Lire 2.700.000.000; b) al risarcimento dei danni per il mancato adeguamento dei corrispettivi per il periodo notturno; c) al pagamento degli interessi per il ritardo nel versamento dei corrispettivi; d) al pagamento delle opere eseguite per la primitiva utilizzazione della discarica per Lire 59.000.000; e) al risarcimento dei danni per l’esecuzione delle opere di contenimento del terreno, di regimentazione dell’acqua, di rigenerazione del terreno, oltre svalutazione monetaria e interessi.

Si costituì il convenuto, svolgendo eccezioni in rito e chiedendo nel merito il rigetto delle domande dell’attrice.

1.1 I1 Tribunale, con una prima sentenza non definitiva n. 1193/97 del 12 novembre 1997, rigettò le eccezioni pregiudiziali e preliminari del Comune e condannò quest’ultimo al pagamento della somma di Lire 617.644.000, oltre accessori, per “risarcimento del danno conseguente al mancato adeguamento e pagamento dei corrispettivi per le prestazioni extracontratto di smaltimento e colmatura dei rifiuti solidi effettuati in tempo diurno e notturno dal 30 luglio 1987 al 31 dicembre 1991… al netto di quanto già percepito dalla società attrice”, nonchè al pagamento di “una somma pari all’adeguamento secondo i dati ISTAT del canone mensile di Lire 50.240.000 dall’1/2/1989 al 31/12/1991, oltre interessi di mora come da capitolato generale d’appalto per le opere pubbliche”; rigettò la domanda di condanna al pagamento delle opere eseguite per la prima utilizzazione; accolse la domanda risarcitoria per i danni prodotti al terreno e condannò il Comune al relativo risarcimento, con rimessione della causa sul ruolo per la liquidazione dei danni.

Con altra sentenza non definitiva n. 432/07 del 5 marzo 2007 venne liquidata una provvisionale di 100.000,00 e la causa venne rimessa sul ruolo istruttorio per il rinnovo della CTU. Con sentenza definitiva n. 2909/09 del 22 settembre 2009, il Tribunale di Cosenza condannò il comune al pagamento in favore della società attrice della somma ulteriore di Euro 285.349,56 a titolo di perdita di valore del terreno adibito a discarica, oltre accessori, detratta la somma riconosciuta a titolo di provvisionale, nonchè al pagamento della somma ulteriore di Euro 200.000,00 per “risarcimento determinato da inadempimento”.

2. Il Comune di Cosenza ha proposto appello avverso le sentenze non definitive ed avverso la sentenza definitiva.

Si è costituita la società appellata, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

Con la decisone ora impugnata, pubblicata il 27 luglio 2012, la Corte d’Appello di Catanzaro ha accolto parzialmente l’appello ed ha condannato il Comune di Cosenza al pagamento della somma complessiva di Euro 165.183,61, detratta la provvisionale, oltre interessi legali e rivalutazione dalla domanda al soddisfo, a titolo di “diminuzione di valore per la mancata esecuzione di opere di bonifica (contenimento e regimentazione delle acque ed opere speciali di bonifica per il mantenimento della discarica, dal 14/2/1985 alla chiusura)”. Ha rigettato ogni altra domanda della società Cristarello S.n.c. Ha compensato per metà le spese dei due gradi, con condanna del comune al pagamento della restante metà, ponendo a suo intero carico le spese delle consulenze tecniche espletate in corso di causa.

3. Avverso la sentenza la società Cristarello S.n.c. in liquidazione propone ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria.

Il Comune di Cosenza si difende con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Entrambi i motivi -che perciò vanno esaminati congiuntamente -investono la riforma delle due statuizioni di condanna del comune contenute nella sentenza non definitiva n. 1193/97 del 12 novembre 1997, sopra testualmente riportate, così come trascritte in sentenza.

La Corte d’appello ha ritenuto che queste somme fossero state riconosciute dal primo giudice “a titolo di responsabilità “extracontrattuale” e non a titolo contrattuale”, dal momento che tra le parti non esisteva alcun contratto scritto, e quindi non era stato pattuito alcun corrispettivo, per le prestazioni in questione. Ha quindi osservato che, pur avendo il primo giudice attribuito il nomen iuris di risarcimento da fatto illecito, avesse di fatto riconosciuto un compenso per prestazioni non previste nel contratto, quantificandolo sulla base del valore delle prestazioni come calcolato dal consulente tecnico d’ufficio. Ribadito il dato pacifico dell’inesistenza di un contratto scritto tra le parti che prevedesse le prestazioni in contestazione, e ricordata la regola per la quale, per i contratti della pubblica amministrazione, il requisito della forma scritta ad substantiam richiede la contestuale sottoscrizione dell’atto da parte del terzo contraente e dell’organo dell’ente legittimato ad esprimerne la volontà all’esterno, la Corte di merito ha affermato che, nel caso di specie, sarebbe spettato al privato esecutore della prestazione, ricorrendone i presupposti, tutt’al più l’indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., quanto meno per il periodo anteriore all’introduzione dell’art. 23 del D.L. 2 marzo 1989, n. 66 (in vigore dal 2 marzo 1989). Dato ciò, ha concluso nel senso che non avrebbe potuto essere riconosciuto a titolo risarcitorio un corrispettivo parametrato al valore di mercato che la prestazione avrebbe avuto in una libera contrattazione (ricostruito dal consulente) e che, a maggior ragione, non avrebbe potuto essere riconosciuto un adeguamento secondo gli indici ISTAT non già in relazione ad un (inesistente) canone contrattuale, quanto in relazione al canone mensile calcolato, in assenza di contratto, dal consulente tecnico.

Queste ragioni della decisione vengono criticate come segue.

1.1.- Col primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 915 del 1982, art. 12 e della L. n. 142 del 1990, art. 38 nonchè della L. n. 833 del 1978, art. 32; violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La ricorrente sostiene che la sentenza sarebbe errata perchè emessa senza prendere in considerazione le norme indicate in rubrica che autorizzano il Sindaco ad emettere “atti impositivi” in via d’urgenza per far fronte ad esigenze irrinunciabili a tutela dei cittadini. Assume quindi che vi sarebbe stato un abuso dei provvedimenti d’urgenza da parte dei sindaci del Comune di Cosenza succedutisi nel tempo; questo abuso avrebbe prodotto un danno alla società qui ricorrente, che avrebbe dovuto essere risarcito dal comune ai sensi dell’art. 2043 c.c.. L’illustrazione del motivo contiene l’indicazione del contenuto e delle date dei provvedimenti adottati dai sindaci di Cosenza che hanno imposto alla società Cristarello S.n.c. lo smaltimento e la colmata dei rifiuti solidi urbani per periodi successivi alla scadenza del contratto ed in forza di “atti di imperio” (a far data dalla nota del 29 luglio 1987 e fino al 31 dicembre 1991); riporta quindi il contenuto dell'”atto di diffida” del 24 luglio 1991 inviato dalla società al comune (che richiama tutti i precedenti, che si assumono prodotti in giudizio). Infine, la società osserva che non si sarebbe potuta sottrarre agli “atti impositivi” emessi dal Comune di Cosenza per non incorrere in responsabilità e danni nei confronti dei cittadini.

1.2.- Col secondo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo applicabile ratione temporis, considerato che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 27 luglio 2012).

La ricorrente ripropone, sotto il profilo del vizio di motivazione, censure analoghe a quelle del primo motivo, lamentando in particolare l’omessa considerazione, da parte del giudice d’appello, degli atti unilaterali del Comune di Cosenza, con i quali, successivamente alla scadenza del contratto, si è preteso ed imposto dall’ente comunale di beneficiare per oltre un quadriennio dei servizi di discarica nel terreno dell’odierna ricorrente. Questa critica inoltre quanto osservato dal giudice d’appello a proposito dell’operato del CTU. 2.- I motivi non meritano di essere accolti.

Non risponde al vero che la Corte d’appello non abbia preso in considerazione le deliberazioni e le ordinanze unilateralmente adottate dal Sindaco o da altri organi del Comune di Cosenza: piuttosto, ha osservato che, non essendosi queste tradotte in accordi contrattuali aventi forma scritta, sottoscritti dal legale rappresentante della società appaltatrice e dall’organo dell’ente territoriale legittimato ad esprimerne la volontà contrattuale, risultavano irrilevanti ai fini della decisione.

L’affermazione, lungi dal dare luogo a vizi di motivazione o di violazione di legge, tiene conto dei fatti emersi e degli atti prodotti in giudizio e si adegua perfettamente alla regola di diritto, enunciata anche in sentenza, per la quale tutti i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione (anche quando essa agisca iure privatorum) richiedono la forma scritta ad substantiam, non rilevando a tal fine la deliberazione dell’organo collegiale dell’ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico, dell’appalto o della fornitura ove tale deliberazione (costituente mero atto interno e preparatorio del negozio) non risulti essersi tradotta in un atto, sottoscritto da entrambi i contraenti, da cui possa desumersi la concreta sistemazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da eseguirsi e al compenso da corrispondersi (così già Cass. n. 59/01; ma cfr., tra le tante, anche Cass. n. 17891/03, n. 5234/04, n. 19070/06, n. 1614/09); valendo lo stesso principio anche per la proroga ed il rinnovo del contratto (cfr. Cass. n. 12323/05, n. 4532/08, n. 18107/14, n. 22994/15).

2.1.- Parimenti conforme a diritto è la conclusione che il giudice di merito ne ha tratto circa la possibilità, per la società, di esperire tutt’al più l’azione di indebito arricchimento nei confronti dell’ente locale, limitatamente al periodo precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 66 del 1989, convertito nella L. n. 144 del 1989 (cfr., tra le tante, Cass. n. 10640/07, secondo cui “In tema di spese dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali) in difetto dei necessari presupposti, agli effetti di quanto disposto dal D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, comma 4, (convertito, con modificazioni, in L. 24 aprile 1989, n. 144), l’insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione – con conseguente impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà – si ha in tutti i casi in cui manchi una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale…omissis… “; nello stesso senso, Cass. n. 12880/10 e, da ultimo, Cass. ord. n. 1391/14).

3.- Ogni altra censura è inammissibile. In particolare, risulta essere nuova la causa petendi della pretesa azione risarcitoria che -nella prospettiva di cui al primo motivo-sarebbe da ricondurre all’abuso del potere di emettere ordinanze contingibili ed urgenti da parte del sindaco per fronteggiare la situazione di emergenza che sarebbe conseguita al mancato od irregolare svolgimento del servizio di raccolta e colmatura dei rifiuti solidi urbani.

Ed invero, come nota la Corte d’appello, e come si evince dai fatti posti a fondamento della domanda di “risarcimento danni” di cui all’atto introduttivo (per come riprodotto in ricorso), il richiamo alle ordinanze sindacali ed alle successive deliberazioni di Giunta ivi contenuto era volto soltanto a sostenere la pretesa della società appaltatrice di ottenere il corrispettivo per le prestazioni di raccolta e colmatura “imposte” anche nelle ore notturne (quindi, extra-contratto, essendo in questo pattuite prestazioni soltanto diurne) e per la “proroga” dell’uso della discarica, oltre la scadenza del contratto (quindi quando oramai questo non era più vigente, non risultando che ne fosse previsto il rinnovo automatico), “imposta” a condizioni unilateralmente determinate dall’ente territoriale, e ritenute economicamente irrisorie dall’appaltatrice.

Palese è il cambiamento di prospettiva che la società assume col ricorso (col quale, per la prima volta, si citano le norme che regolano i poteri di ordinanza del Sindaco, anche quale Ufficiale di Governo, ai sensi della L. n. 142 del 1990, art. 38 sia in materia di smaltimento dei rifiuti, come da L. n. 915 del 1982, art. 12 che in materia di igiene e sanità pubblica, come da L. n. 833 del 1978, art. 32), ed ancor di più, con la memoria, con cui si insiste nella richiesta di “risarcimento danni da atto illecito derivante dall’abuso del potere “impositivo”” (id est, del potere di intervenire in via d’urgenza riconosciuto al Sindaco). Non risulta affatto che la domanda “risarcitoria” nei gradi di merito fosse fondata, nemmeno in subordine, su un tale preteso illecito della pubblica amministrazione.

3.1.- D’altronde, come nota il resistente, i provvedimenti amministrativi dei quali in ricorso si assume l’illegittimità non sono stati impugnati dinanzi al giudice competente, nè – occorre aggiungere- la ricorrente evidenzia, con lo stesso ricorso, ragioni per le quali si sarebbe dovuto ritenere – ammesso che la questione fosse stata posta nei gradi di merito – l’abuso di potere della pubblica amministrazione o comunque l’illegittimo esercizio dei poteri d’urgenza riconosciuti al Sindaco. Tanto più che, per poter accedere al risarcimento dei danni, la società avrebbe dovuto dedurre e provare, non solo l’illegittimità degli atti amministrativi, ma anche la loro colpevole adozione. Ed invero intanto l’azione amministrativa può dare luogo ad illecito civile produttivo di danni risarcibili ex art. 2043 c.c., in quanto nell’operato della p.a. si rinvengano tutti gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano, ivi compresa la colpa, non essendo sufficiente a farne ritenere l’esistenza la sola illegittimità dell’atto amministrativo (cfr., tra le tante, Cass. n. 13164/05, n. 12282/09, ord. n. 4172/12, n. 23170/14). Spetta pertanto a chi si assume danneggiato dall’atto amministrativo dedurre la sussistenza di un evento dannoso, la sua ingiustizia (nel senso che incida su un interesse rilevante per l’ordinamento), la riferibilità del danno alla condotta della p.a. e l’imputabilità di questa a dolo o colpa, senza che, come detto, sia sufficiente la contrarietà a diritto dell’atto amministrativo.

Nel caso di specie, in mancanza di qualsivoglia deduzione al riguardo già nei pregressi gradi di merito, le censure corrispondenti sono inammissibili.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Avuto riguardo al fatto che il ricorso è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore del Comune di Cosenza, nell’importo complessivo di Euro 7.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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