Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15774 del 19/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/07/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 19/07/2011), n.15774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6973/2007 proposto da:

AUTOSTRADE ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso

lo studio dell’avvocato MORRICO Enzo, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato FONTANA GIUSEPPE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MOSHI NYRANNE, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 184/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/02/2006, R.G.N. 1434/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato GIANNI’ GAETANO, per delega MORRICO ENZO;

udito l’Avvocato MOSHI NYRANNE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Milano, riformando la sentenza impugnata, ha dichiarato l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a far tempo dal 22.12.1995, ritenendo che la lavoratrice ricorrente aveva dedotto e provato di avere lavorato alle dipendenze della società Autostrade spa con lo stesso orario dei suoi colleghi impiegati a tempo pieno e che nella fattispecie doveva trovare applicazione il principio per cui il rapporto a tempo parziale (così instaurato inizialmente tra le parti) può trasformarsi in contratto a tempo pieno “attraverso la prolungata esecuzione del lavoro con determinate caratteristiche, proprie del lavoro a tempo pieno”, e dunque “attraverso le concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro”.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la società Autostrade per l’Italia spa affidandosi a due motivi di ricorso cui resiste con controricorso C.E..

La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 416 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., ed erronea o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che il ricorso introduttivo sarebbe stato carente sotto il profilo della precisa indicazione del numero delle ore lavorate mensilmente – che costituiva un dato decisivo per stabilire se la prestazione lavorativa potesse ritenersi a tempo pieno – e che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che, a questo fine, fosse sufficiente avere indicato il numero delle giornate di lavoro nel mese, mentre quest’ultimo dato non poteva ritenersi significativo nè, per sè solo, sufficiente ai fini della ricostruzione del numero delle ore lavorate mensilmente, posto che il turno di lavoro poteva variare da un minimo di quattro a un massimo di otto ore.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1230 c.c., L. n. 863 del 1984, art. 5 e art. 1362 c.c., in relazione all’art. 3 ccnl, nonchè l’esistenza di un vizio di motivazione in ordine alla ritenuta esistenza di un accordo novativo, ovvero modificativo della durata della prestazione lavorativa, con sostituzione dell’orario a tempo pieno a quello a tempo parziale, desunto dalla circostanza, tutt’altro che decisiva secondo la ricorrente, del superamento dell’orario di lavoro contrattualmente stabilito.

3.- Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, vanno rigettati.

4.- Nel rito del lavoro, la valutazione della sufficienza dell’esposizione degli elementi di fatto e della ragioni di diritto su cui la domanda si fonda, ex art. 414 c.p.c., implica una interpretazione dell’atto introduttivo, e così della domanda e della sua ampiezza, oltre che del suo contenuto, che costituisce, anche nel giudizio di appello, ai fini della individuazione del devolutum, un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo dell’esistenza, sufficienza e logicità della motivazione (cfr. ex plurimis, Cass. n. 20373/2008, Cass. n. 19475/2005).

Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto che il ricorso contenesse una sufficiente indicazione degli elementi di fatto sui quali si fondava la domanda, ed in particolare una precisa indicazione e quantificazione delle ore lavorate mensilmente, osservando al riguardo che la ricorrente aveva precisato esattamente quali erano le concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, deducendo che tutti i dipendenti, lei compresa, erano impiegati in turni giornalieri di otto ore e lavoravano con una turnazione di quattro giorni lavorativi più due di riposo, per un totale di 160 ore mensili. La ricorrente aveva, in sostanza, dedotto di avere lavorato per un numero costante di ore e di giorni per ciascun mese, inserita nei normali turni di lavoro come tutti i dipendenti a tempo pieno e con un orario di lavoro che coincideva in tutto e per tutto con quello osservato da questi ultimi.

Si tratta, quindi, di una valutazione di fatto, devoluta al giudice del merito, non censurabile nel giudizio di cassazione in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria;

anche perchè la ricorrente, oltre a non indicare le norme che la Corte territoriale avrebbe violato nell’interpretazione della domanda, non ha riportato in ricorso il contenuto integrale del ricorso introduttivo, che assume carente delle suddette indicazioni, sicchè le censure espresse con il primo motivo del ricorso rimangono confinate ad una mera contrapposizione rispetto a tale valutazione di merito operata dalla Corte d’appello, inidonea a radicare un deducibile vizio di motivazione di quest’ultima.

5.- Nella fattispecie, non è ravvisabile, inoltre, alcuna violazione della regola stabilita dall’art. 2697 c.c., avendo la Corte territoriale, con valutazione di fatto incensurabile in questa sede, ritenuto che le deduzioni di parte ricorrente avessero trovato piena conferma, oltre che nella mancanza di una specifica contestazione da parte della società convenuta, in fonti documentali (i prospetti paga nei quali erano indicati il numero delle giornate lavorative e delle ore di lavoro mensili) di cui non è stata affatto contestata la rituale acquisizione al giudizio.

6.- Va poi rilevato come risultino inammissibili le doglianze relative alla pretesa violazione della L. n. 863 del 1984, art. 5 e così anche quelle relative alla impossibilità che la richiesta di lavoro supplementare possa configurare una ipotesi di novazione oggettiva del rapporto, posto che la Corte territoriale ha espressamente dichiarato di ritenere non rilevante ai fini dell’accoglimento della domanda la violazione o meno della norma di cui alla L. n. 863 del 1984, art. 5 (derivandone l’irrilevanza dei profili di doglianza relativi alla mancata considerazione delle modalità attraverso le quali i lavoratori erano portati a conoscenza della richiesta del lavoro supplementare e all’incidenza della possibilità di rifiutare tale lavoro supplementare) ed ha invece chiaramente esplicitato che le ragioni del decisum andavano individuate in relazione alla concreta esecuzione del contratto di lavoro stipulato tra le parti, facendo, quindi, corretta applicazione del principio secondo cui, in relazione ai diritti spettanti al lavoratore per la sua attività lavorativa, non è decisivo il negozio costitutivo del rapporto, ma il rapporto nella sua concreta attuazione. La giurisprudenza di questa Corte ammette, infatti, che “in base alla continua prestazione di un orario di lavoro pari a quello previsto per il lavoro a tempo pieno, un rapporto di lavoro nato come a tempo parziale possa trasformarsi in un rapporto di lavoro a tempo pieno, nonostante la difforme, iniziale, manifestazione di volontà delle parti, non occorrendo alcun requisito formale per la trasformazione di un rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno” (cfr. Cass. n. 5520/2004, cui adde Cass. n. 3228/2008, nonchè Cass. n. 6226/2009), cosicchè “risulta del tutto inutile ogni discussione in ordine alla possibilità di riscontrare o meno una volontà no vati va della parti, una volta che sia stata dimostrata la costante effettuazione di un orario di lavoro prossimo … a quello stabilito per il lavoro a tempo pieno e del pari inconferente il richiamo alla disciplina codicistica in tema di conversione del contratto nullo” (cfr. in una fattispecie identica, Cass. n. 25891/2008).

7.- La sentenza impugnata, per essere adeguatamente motivata, coerente sul piano logico e rispettosa dei principi giuridici in precedenza enunciati, non è assoggettabile, dunque, alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità.

8.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato con la conferma della sentenza impugnata, dovendosi ritenere assorbite in quanto sinora detto tutte le censure non espressamente esaminate.

9.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 38,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2011

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