Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15768 del 29/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 29/07/2016, (ud. 29/04/2016, dep. 29/07/2016), n.15768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DE MARCHI ALBENGO P. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19962-2013 proposto da:

B.G., (OMISSIS), considerato domiciliato ex lege in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato FRANCO DI NICUOLO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ATM SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, Dott.

R.B., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso

lo studio dell’avvocato BARTOLO SPALLINA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALBERTO RHO giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 893/2013 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 15/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato TOMMASO LONGO per delega;

udito l’Avvocato LORENZO SPALLINA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per la manifesta

infondatezza del ricorso, condanna aggravata alle spese e

statuizioni del C.U..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Milano, in totale riforma della sentenza del Giudice di Pace, respinse la domanda di risarcimento del danno relativa al sinistro stradale accaduto tra un tram e una automobile, proposta dal conducente dell’automobile (sentenza del 15 febbraio 2013).

L’originario attore ( B.) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Si difende con controricorso Azienda Trasporti Milanesi spa (ATM). Entrambe le parti depositano memorie.

Il conducente del tram ( C.), ritualmente intimato, non si difende.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Ttribunale ha preliminarmente precisato che, in un sinistro stradale tra un veicolo “con” (tram) e un veicolo “senza” guida di rotaie (auto) non è applicabile l’art. 2054 c.c. ma la regola generale dell’art. 2043 c.c. rispetto al conducente, e la regola generale posta dall’art. 2049 c.c. rispetto all’Azienda datore di lavoro.

Quindi, ha rilevato che ex art. 2043 cit., per essere risarcito, il danneggiato deve provare le modalità del sinistro e la colpa esclusiva del conducente del tram e che in sfavore del conducente dell’automezzo opera la presunzione di colpa, per effetto dell’art. 145 C.d.S., comma 2, che prevede il diritto di precedenza del mezzo con guida di rotaie, salvo diversa segnalazione.

Rispetto alla specie, ha ritenuto che la prova richiesta a carico del conducente dell’automezzo danneggiato non poteva ricavarsi dalla consulenza cinematica. Secondo il giudice, dai danni riportati sul lato sinistro dell’automezzo poteva ricavarsi che il tram era in movimento, ma non che l’automezzo era fermo (come sostenuto dall’attore, che assumeva essere stato tamponato dal tram, mentre era fermo a lato delle rotaie proveniente dalla piazza della quale il corso costituiva la naturale prosecuzione), potendo l’automezzo essere in movimento ed essersi inserito, immettendosi dalla piazza, nel relativo restringimento del corso, andando ad ostacolare il tram che stava sopraggiungendo, con ciò essendo compatibile la dichiarazione del conducente del tram alla Polizia locale nell’immediatezza del sinistro.

2. Con i due motivi, dedotti unitariamente, il ricorrente invoca la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e l’omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, oltre a insufficiente e contraddittoria motivazione.

In estrema sintesi, sostiene:

– che erroneamente il giudice avrebbe fatto riferimento all’art. 145 C.d.S. per la presunzione di colpa in capo al conducente del mezzo, che riguarda il diritto di precedenza del tram in caso di attraversamento di rotaie e di intersezione, mentre dallo stato dei luoghi rilevabile dal rapporto risulterebbe individuato il luogo dell’incidente nella piazza all’imbocco del corso, che ne costituisce il naturale proseguimento con tratto rettilineo percorso dai mezzi nello stesso senso di marcia;

– che erroneamente avrebbe dato rilievo alla dichiarazione del tramviere, che non si concilia con i danni riportati dall’automezzo quali risultano dalle foto;

– che erroneamente non avrebbe fatto proprie le conclusioni della consulenza che aveva ritenuto compatibili i danni con il tamponamento da parte del tram dell’automezzo fermo;

che, in tal modo, avrebbe errato nel non ritenere provato attraverso (il rapporto dei vigili, le foto, e la consulenza) l’assunto attoreo della dinamica del sinistro con attribuzione della responsabilità alla condotta colposa del tramviere che avrebbe tamponato l’automezzo fermo.

2.1. Le censure sono inammissibili.

Va premesso che nella argomentazione del giudice del merito non viene in rilievo la norma (art. 145 C.d.S.), che pure richiama, la quale prevede la presunzione di responsabilità del conducente dell’automezzo per aver violato il diritto di precedenza dei mezzi con guida di rotaie in caso di attraversamenti e intersezioni. Infatti, il Tribunale (come meglio precisato sopra), in esito alla valutazione delle risultanze istruttorie, ha fondato il rigetto (nell’ottica dell’art. 2043 cit.) sulla mancata prova attorea della dinamica assunta e attributiva del comportamento colposo al conducente del tram e non sulla presunzione di colpa per non aver dato la precedenza al tram. Pertanto, rispetto alla esplicazione delle censure, non assume alcuna autonoma valenza la dedotta violazione dell’onere probatorio.

2.2. I difetti motivazionali, sotto i molteplici profili della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria che ricalcano la precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sono da valutare sulla base dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come novellato nel 2012, applicabile ratione temporis.

Secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite e consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità, “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (n. 8053 del 2014).

E, nella specie, come evincibile dalla sintesi delle argomentazioni sopra riportate, non è ravvisabile nè motivazione omessa, nè motivazione apparente, nè insanabile contraddizione; nè assume alcun rilievo la prospettata insufficienza di motivazione, che peraltro si sostanzia nella critica alla valutazione delle prove che attraversa l’intera esplicazione delle censure.

2.3. Peraltro, non sono compiutamente rispettati neanche l’art. 366 c.p.c., n. 6 e l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, rispetto alle risultanze istruttorie richiamate (rapporto di polizia, dichiarazioni del conducente, foto e ctu), mancando sovente indicazioni in ordine al luogo, parte, (punto) del documento assunto come rilevante; nè tali documenti sono stati allegati al ricorso ai sensi dell’art. 369 cit. o ne è stata indicata la loro collocazione nel fascicolo di parte.

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non avendo l’intimato C. svolto attività difensiva, non sussistono i presupposti per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza a favore della controricorrente.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2016

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