Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15766 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 07/06/2021, (ud. 08/04/2021, dep. 07/06/2021), n.15766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17658-2018 proposto da:

M.M., MA.IS., elettivamente domiciliate in

ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO NASO, rappresentate e difese dall’avvocato

CRISTIANO DALLA TORRE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, UFFICIO SCOLASTICO

PROVINCIALE DI (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 543/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/04/2021 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza pubblicata in data 12/12/2017, la Corte d’appello di Venezia ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in riforma della sentenza resa dal Tribunale tra l’appellante e M.M. e Ma.Is., ha rigettato le domande proposte dalle appellate, aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero per lo svolgimento delle funzioni di collaboratrici scolastiche.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui ciascuna delle dipendenti aveva svolto supplenze su posti di organico di diritto e/o di organico di fatto – era assorbente il rilievo che esse erano state stabilizzate attraverso l’operare degli strumenti selettivi e concorsuali, ovvero ai sensi della L. n. 107 del 2015, art. 1; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 118-125), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato, in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori, diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo, nonchè circa il ricorso, da parte del ministero, ad un uso improprio o distorto delle assunzioni a termine. La Corte ha poi ritenuto insussistenti le condizioni per riconoscere l’anzianità di servizio e le differenze retributive maturate, non essendo stata censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui non le aveva riconosciute. Al riguardo ha pure precisato che non era stata proposta una domanda volta ad ottenere riconoscimento dell’anzianità di servizio sulla base della clausola 4 dell’accordo quadro.

Contro la sentenza, le ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di una pluralità di motivi; il Ministero ha resistito con controricorso, mentre gli uffici scolastici regionale e provinciale non hanno svolto attività difensiva.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

In prossimità dell’adunanza, le ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo, parte ricorrente deduce l’estinzione del procedimento di appello per il mancato tempestivo deposito dell’atto di riassunzione del processo dopo la sua sospensione in attesa della decisione della Corte costituzionale che, con ordinanza del 3/7/2013, aveva sollevato questione di pregiudizialità dinanzi alla Corte di giustizia: si rileva che, dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, l’Avvocatura distrettuale dello Stato aveva depositato l’atto di riassunzione in modalità cartacea, in violazione di quanto disposto dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 bis, comma 9 ter, convertito con modificazioni nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, a norma del quale l’atto, avendo natura endoprocedimentale, deve essere depositato esclusivamente in via telematica.

2.- Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente deduce “Violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal 10 luglio 2001. – Violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del “principio di effettività della tutela””.

3.- Il terzo motivo è incentrato “Sulla questione pregiudiziale Europea circa la conformità alla Dir. Europea n. 1999/70/CE, dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie”.

4.- Con il quarto motivo, parte ricorrente deduce la “Illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost., (principio di eguaglianza), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Dir. Europea n. 1999/70/CE, allegato all’Accordo Quadro, Clausola 5, punto 1, (principio di equivalenza – principio di effettività), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Carta Europea dei diritti dell’Uomo, art. 6, paragrafo 1”.

5.-Con il quinto motivo, a sua volta ripartito in cinque punti, si denuncia a) la violazione, la falsa ed erronea applicazione delle norme di legge riguardanti a1) il diritto all’integrale risarcimento dei danni, l’accertamento e la liquidazione del danno (art. 115 c.p.c., art. 2727 c.c.), a2) l’interpretazione della domanda e l’onere della prova (artt. 112 e 115 c.p.c.), b) la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente con riferimento al (negato) diritto al riconoscimento delle differenze retributive e contributive, c) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, d) l’illegittima esclusione del risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli risarciti con la stabilizzazione.

6.- Con il sesto motivo, si censura la sentenza per “violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 112 c.p.c., e degli art. 1362 c.c. e segg., per aver illegittimamente escluso il diritto al pagamento delle differenze retributive, contributive e delle indennità dovute a causa ed in conseguenza dei continui contratti a termine”.

7. Il primo motivo non può essere accolto.

La difformità dal modello legale dell’atto in riassunzione compiuto dal Ministero si risolve in una mera irregolarità che non comporta nullità in mancanza di espressa comminatoria ex art. 156 c.p.c., comma 1. Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte nelle numerose ordinanze in cui è stato prospettato lo stesso motivo di estinzione (per tutte, Cass. 11/2/2021, n. 3417). Non induce un diverso convincimento il precedente richiamato dai ricorrenti nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., alla luce del principio di carattere generale sancito da Cass. Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665, secondo cui, in un caso di irritualità della notificazione di un atto (per via telematica, ma con un’estensione diversa), la nullità non può essere pronunciata nel caso in cui la notificazione abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale. Il principio posto a suo fondamento rimane quello per il quale la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass. n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte.

8. Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso appaiono inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte territoriale deciso la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non induce ad un suo mutamento, nè ad una nuova rimessione delle questioni alla Corte costituzionale ovvero alla Corte di giustizia e neppure rende necessaria la trattazione del ricorso in pubblica udienza. Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte (da ultimo, Cass. n. 3417/2021) ai quali si intende dare continuità ed alle cui motivazione si rinvia, anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c..

9. Il quinto motivo è pure inammissibile.

Anche questo motivo è stato oggetto di esame da parte di questa Corte da ultimo con la ordinanza n. 3417/2021 cit. (che a sua volta richiama Cass. n. 489/2021), alla quale si rinvia integralmente non ravvisandosi negli atti difensivi dei ricorrenti elementi idonei a determinare un ripensamento dei principi in essa affermati.

9.1. – Nel caso in esame, al pari di quello esaminato nell’ordinanza citata, la Corte ha ritenuto generiche e comunque non provate le allegazioni dei ricorrenti circa i danni ulteriori rispetto a quelli riparati dall’intervenuta stabilizzazione; ha altresì escluso che vi sia stata allegazione di un uso improprio o distorto, da parte del Ministero, della tipologia delle supplenze su organico di fatto temporanee.

9.2. Il motivo è nella sua complessità inidoneo a scalfire queste affermazioni, presentando evidenti profili di inammissibilità oltre che di infondatezza, sia per la promiscuità e la mescolanza dei motivi, sia con riguardo alla violazione di legge prospettata con riferimento ad una pluralità di norme, senza che risultino indicate con chiarezza le affermazioni della sentenza in contrasto con le norme di legge indicate. E’ poi inconferente il richiamo all’art. 112 c.p.c., giacchè non vi è stata alcuna omessa pronuncia (o extra o ultra petizione), ma solo una interpretazione della domanda, non denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. 11/10/2019, n. 25690).

9.3.- Quanto al vizio di omesso esame di fatti decisivi, anch’esso è inammissibile, non risultando indicato quale sia il fatto – principale o secondario – di cui si predica la decisività e la cui valutazione sarebbe stata del tutto omessa, non potendo rientrare nella nozione di “fatto” la valutazione compiuta dal giudice degli atti processuali.

9.4. La ritenuta genericità delle allegazioni assorbe ogni ulteriore valutazione circa la presunta violazione dell’art. 1226 c.c., giacchè il ricorso alla liquidazione in via equitativa presuppone già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno (Cass. n. 16202/2002; Cass. n. 13288/2007; Cass. n. 28742/2018). Onere nella specie non assolto.

9.5. Neppure è ravvisabile un’ipotesi di nullità della sentenza perchè la motivazione è fisicamente (oltre che logicamente ed esaustivamente) esistente, non presenta alcuna incongruenza o illogicità, peraltro neppure indicata dai ricorrenti (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014).

10. Il sesto motivo è del pari inammissibile.

I ricorrenti assumono di aver proposto fin dal primo grado la domanda avente ad oggetto il pagamento delle retribuzioni e delle indennità spettanti ai lavoratori a tempo determinato in forza del principio di non discriminazione, ma che su tale domanda il tribunale aveva omesso ogni pronuncia.

Il motivo difetta di autosufficienza, dal momento che la parte non trascrive il ricorso introduttivo del giudizio nella sua interezza, e ciò in violazione dell’onere prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6: tale omissione, da un lato, non consente di valutare ex ante la veridicità dell’assunto circa l’effettiva proposizione e il contenuto della domanda, dall’altro, impedisce a questa Corte di valutare la natura, l’ampiezza e l’autonomia della domanda, nel senso della sua ricollegabilità ad una causa petendi autonoma rispetto alla domanda avente ad oggetto la conversione del rapporto a tempo indeterminato. L’adempimento di tale onere di specificità si imponeva con più forte ragione, dal momento che la Corte territoriale ha rigettato l’appello incidentale sul punto ritenendo “in via anche assorbente” la mancata proposizione nel ricorso di primo grado della domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio sulla base della clausola 4 dell’accordo.

La parte inoltre non trascrive la sentenza di primo grado, sicchè non è dato di valutare se su tale domanda vi sia stata o meno pronuncia, nè riporta il motivo dell’appello incidentale sottoposto alla corte territoriale nei suoi esatti termini.

11. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. La complessità della questione giuridica, risolta sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.

La parte ricorrente è comunque tenuta al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

 

 

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