Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15764 del 10/07/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 15764 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA

sul ricorso 7424-2011 proposto da:
DONATO GIUSEPPE

DONATO CONCETTA DNTCCT46D56F158B,
DNTGPP50P10F158B,

elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA FRANCESCO INGHIRANI

24,

dell’avvocato PAOLO FEDERICO,

presso

lo

studio

che li rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –

2014

contro

110.5

PULIZZI

FILIPPO

LVNTHL46T48F158R,
VIA R.SMTT

PLZFPP38R15F158W,
elettivamente

62, presso

10

domicíliati

studia

1

LAVINA ETHEL
in ROMA,

dell’avvocato ..,ACE

Data pubblicazione: 10/07/2014

ELISABETTA,

rappresentati e difesi dall’avvocato

CAMINITI MARTINO giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

– intimata –

avverso la sentenza n. 602/2010 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 30/11/2010 R.G.N. 27/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/05/2014 dal Consigliere Dott. DANILO
SESTINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’inammissibilita’ in subordine rigetto del ricorso.

2

DE SALVO MARIA DSLMVT18R48F1581;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data
22.1.92, Nunzia Cardullo e il figlio G. Battista
Donato, premesso di condurre in colonia un
appezzamento di terreno sito in C.da Calafati di
Messina, deducevano che, senza rispettare la

Salvo -proprietaria per 5/9 indivisi- aveva
venduto la propria quota del terreno ai coniugi
Filippo Pulizzi e Ethel Lavina; pertanto
convenivano in giudizio i suddetti acquirenti,
dichiarando di voler esercitare il riscatto del
terreno.
Intervenuta volontariamente la De Salvo (che
aderiva alla difesa dei convenuti), il Tribunale
di Messina rigettava la domanda, ritenendo che il
rapporto di colonia fosse stato risolto per
inadempimento dei coloni o risultasse -comunquecessato.
Pronunciando in sede di gravame, la Corte di
Appello di Messina accoglieva il secondo motivo
dell’appello incidentale proposto dai coniugi
Pulizzi-Lavina e rigettava la domanda di riscatto
“in quanto il terreno alla data di stipula del
contratto di compravendita, non aveva destinazione
agricola”.
Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione
Donato Giuseppe e Donato Concetta (eredi di Nunzia
Cardullo), affidandosi a due motivi; resistono il
Pulizzi e la Lavina a mezzo di controricorso.
3

prelazione ad essi spettante, Maria Vittoria De

moTrvI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo, i ricorrenti deducono,

in relazione all’art. 360, n. 5) C.P.C., “1/aomessa e/o insufficiente motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio”
nonché “1/b- contraddittoria motivazione circa un

dolendosi che la Corte territoriale non abbia
tenuto conto delle risultanze della relazione di
C.T.U., secondo cui, con riferimento agli anni
1991-1992, “la particella n. 456 era inclusa per
circa il 30% in zona agricola e per il 70% in zona
di interesse naturale e paesistico, mentre la
particella n. 20 era inclusa per circa il 60% in
zona agricola e per circa il 40% in zona di
interesse naturale paesistico”; evidenziano che
ciò “comporta il vizio di omessa motivazione su un
punto decisivo della causa, quale era, appunto, la
vera destinazione del bene in disputa, al momento
della stipula della compravendita” e che “la
sentenza è contraddittoria nella parte in cui
afferma che le particelle erano ricadenti, in
massima parte in zona di interesse naturale e
paesistico, per poi concludere che tutte avrebbero
acquisito destinazione edilizia”.
2.

Col secondo motivo (“violazione dell’art.

8 co. 2 ° L. 590/1965 … in relazione all’art. 360
n. 3 C.P.C.”), i ricorrenti censurano la sentenza
per avere erroneamente applicato la norma in
questione, in quanto “i fondi originariamente
4

fatto controverso e decisivo per il giudizio”,

agricoli, in conseguenza di un nuovo P.R.G. che li
qualifica a destinazione paesaggistica, non
acquisiscono automaticamente vocazione edilizia,
atteso che quella agricola non è incompatibile con
questa nuova destinazione e, comunque, tale
effetto non rientra tra i casi tassativamente

3.

Sul punto, la Corte di Appello ha rilevato

che “secondo quanto attestato nel certificato di
destinazione

urbanistica

allegato

pubblico di compravendita 9.5.91
dal C.T.U.

all’atto

e richiamato

l’appezzamento di terreno in oggetto

-in precedenza ricadente in massima parte in zona
di interesse naturale e paesistico- alla data di
stipula dell’atto pubblico di compravendita
aveva acquisito, in forza di variante generale al
P.R.G. adottata dal Consiglio Comunale con
deliberazione n. 2/C del 6.3.1990, destinazione
edilizia”; ha ritenuto, inoltre, la “irrilevanza,
al fine della presente decisione, del richiamo operato dal C.T.U. nella relazione del 18.10.03alla applicabilità delle misure di salvaguardia”,
osservando che “le misure di salvaguardia sono
volte a salvaguardare non l’assetto preesistente
ma le previsioni dello strumento urbanistico in
formazione impedendo il rilascio di concessioni
edilizie contrastanti con esso”.
4.

I motivi di ricorso -che si esaminano

congiuntamente, in quanto attinenti al medesimo
5

indicati dalla legge”.

profilo della destinazione urbanistica del terreno
oggetto di causa- risultano entrambi infondati.
Premesso -infatti- che l’individuazione della
destinazione

dei

terreni

costituisce

un

accertamento fattuale rimesso al giudice di
merito,

deve escludersi che ricorrano

Corte di Appello ha fondato la propria decisione
sul certificato di destinazione urbanistica
allegato all’atto di compravendita (certificazione
facente fede fino a querela di falso) ed ha
ampiamente motivato in merito alla irrilevanza
delle “misure di salvaguardia”: non sussiste pertanto- alcuna omissione di accertamento circa
l’effettiva natura dei terreni, come pure non
ricorre la prospettata contraddittorietà fra
l’individuazione di una destinazione edilizia
dell’intero terreno e l’affermazione che le
particelle erano “ricadenti, in massima parte, in
zona di interesse naturale e paesistico”, giacché
quest’ultima affermazione è espressamente riferita
alla

fase

precedente

(“in

precedenza”)

all’adozione del nuovo strumento urbanistico.
Non ricorre, infine, il dedotto vizio di
erronea applicazione dell’art. 8, 2 ° co. l. n.
590/1965, dato che -invero- la Corte territoriale
ha correttamente individuato una causa di non
operatività della prelazione nell’adozione della
variante generale al P.R.G. -ancorché non
6

prospettati vizi di motivazione, in quanto la

approvata- che prevedeva esclusivamente una
“destinazione edilizia”.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i
ricorrenti, in solido, a rifondere alla

3.700,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre
rimborso spese generali e accessori di legge.
Roma, 6.5.2014

controparte le spese di lite, liquidate in euro

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