Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15763 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. II, 23/07/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 23/07/2020), n.15763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24320/2016 proposto da:

IFCO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo

studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, rappresentata e difesa

dall’avvocato CORRADO LANZARA, GIULIA DE MARTINO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 3646/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/11/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto del ricorso è la sentenza della Corte d’appello di Napoli, pubblicata il 17 settembre 2015, che ha accolto l’appello proposto dall’Azienda sanitaria locale (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 4127 del 2007, e nei confronti di I.F.C.O. di M.V. & C. s.a.s..

1.1. Il giudice di primo grado aveva confermato il decreto ingiuntivo ottenuto da IFCO per il pagamento dell’importo di Euro 46.040,60 oltre interessi legali, a titolo di remunerazione di prestazioni sanitarie rese in regime di accreditamento provvisorio.

2. La Corte d’appello ha rigettato la domanda di IFCO e l’ha condannata alle spese del doppio grado.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso IFCO s.r.l. sulla base di un motivo. L’ASL (OMISSIS) non ha svolto difese in questa sede. Il ricorso, già avviato per la definizione su proposta del relatore, secondo la procedura prevista dall’art. 380-bis c.p.c., è stato rimesso alla pubblica udienza per carenza di evidenzia decisoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo è denunciata violazione degli artt. 301,303,305,170 c.p.c., art. 111 Cost. e si eccepisce l’estinzione del giudizio d’appello. La ricorrente riferisce che, all’udienza del 13 febbraio 2014, la Corte d’appello aveva dichiarato l’interruzione del processo sull’erroneo presupposto che IFCO fosse rimasta priva di difensore a seguito dell’avvenuta cancellazione dall’albo dell’avvocato Titomanlio, senza considerare che IFCO era difesa anche dall’avv. De Martino. Altrettanto erroneamente l’ASL aveva notificato l’atto di riassunzione presso la sede di IFCO anzichè presso l’avv. De Martino. L’inesistenza della notifica dell’atto di riassunzione, in quanto effettuata alla parte personalmente anzichè al procuratore costituito, comporterebbe l’estinzione del processo.

2. La doglianza è priva di fondamento.

2.1. Quanto riferito nel ricorso rende evidente che nel giudizio di appello non si è verificata violazione alcuna del diritto di difesa e del contraddittorio, giacchè la parte odierna ricorrente era assistita da due legali e uno soltanto di essi si era cancellato dall’albo, con conseguente perdita di ius postulandi (ex plurimis, Cass. Sez. U. 13/02/2017, n. 3702), mentre l’altro continuava ad assisterla.

2.2. E’ vero, quindi, che non sussistevano i presupposti di applicazione dell’art. 301 c.p.c., non essendo mai venuta meno la difesa tecnica della ricorrente IFCO, ma da ciò discendono conseguenze opposte a quelle prospettate dalla stessa ricorrente in termini di estinzione del giudizio di appello, posto che l’estinzione del giudizio presuppone la validità ed esistenza del provvedimento di interruzione del processo, che ne costituisce la logica premessa. Come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice, “la mancata riassunzione, nel termine perentorio di sei mesi, del processo dichiarato interrotto (o sospeso) ne determina l’estinzione ai sensi degli artt. 305(297) e art. 307 c.p.c., comma 3, in quanto, al momento della pronuncia dell’ordinanza di interruzione (o di sospensione), sia effettivamente esistito il relativo presupposto. Pertanto, qualora risulti che, a tale data, non sussista la causa di interruzione (o di sospensione) posta a fondamento del provvedimento, questo deve ritenersi nullo e l’onere di osservanza del detto termine come mai dato, onde il processo può essere utilmente riassunto anche dopo il decorso del semestre” (ex plurimis, Cass. 30/05/2016, n. 11173; Cass. 07/02/2000, n. 1329; Cass. 16/01/1986, n. 230).

Nella specie, peraltro, essendo l’errore chiaramente riconoscibile, non è invocabile il principio di ragionevole affidamento e IFCO, che era parte appellata regolarmente assistita, non può imputare ad altri le conseguenze della propria scelta di rimanere in silenzio anzichè far rilevare l’inefficacia della dichiarazione dell’evento interruttivo.

3. Quanto detto vale a maggior ragione con riferimento alla riassunzione, che IFCO reputa mai avvenuta per inesistenza della notificazione effettuata presso la sede sociale, anzichè presso il difensore.

3.1. In disparte il rilievo che l’inesistenza della notificazione è configurabile nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale ricade nella categoria della nullità (per tutte, Cass. Sez. U. 20/07/2016, n. 14916), nel caso in esame l’eventuale vizio della notifica dell’atto di riassunzione non può aver prodotto alcuna lesione in quanto, come si è già evidenziato, la parte appellata è stata regolarmente assistita.

5. Il ricorso è rigettato senza pronuncia sulle spese, in mancanza di attività difensiva della parte intimata. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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