Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1576 del 26/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 26/01/2021), n.1576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11451/2014 R.G. proposto da:

Fincat s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., corrente in

(OMISSIS), con l’avv. Enrico Picillo e con domicilio eletto presso

il suo studio in Caserta, al Corso Trieste n. 123, domiciliata in

Roma, p.zza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Campania – Napoli n. 283/52/2013, pronunciata il 16 ottobre 2013 e

depositata il 24 ottobre 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre

2020 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La società ricorrente acquistava, in data 9.10.2007, un immobile per un valore dichiarato di Euro 900.000,00, rideterminato con avviso di rettifica dell’Amministrazione finanziaria in Euro 1.053.000,00. Previa istanza del contribuente le parti giungevano in data 26.11.2008 alla condivisione di un atto di adesione, con irrogazione di interessi e di una maggior imposta di registro.

In data 29.06.2010 l’Ufficio notificava un avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni con cui revocava le agevolazioni concesse poichè il terreno oggetto di trasferimento non risultava appartenere alla categoria per cui era stata richiesta l’agevolazione, con conseguente revoca delle agevolazioni per Euro 98.684,00 oltre ad interessi e sanzioni. Trattavasi, in particolare, delle agevolazioni previste dalla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, secondo cui nei trasferimenti di immobili situati in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, il beneficio dell’assoggettamento all’imposta di registro nella misura dell’1 per cento si applica a condizione che l’acquirente beneficiario realizzi integralmente, secondo le previsioni del piano, le potenzialità edificatorie dell’area, in quanto la “ratio” della norma è quella di agevolare l’attività edificatoria e favorire lo sviluppo equilibrato del territorio.

1.1. La società contribuente proponeva pertanto ricorso, cui resisteva l’Ufficio. La CTP respingeva il ricorso a causa della mancata sottoscrizione della convenzione: quest’ultima, non sottoscritta dal contribuente, costituiva comunque il presupposto per l’applicazione delle agevolazioni in oggetto.

2. Interponeva così appello la contribuente, che censurava la decisione di primo grado sotto due profili: da un lato l’avviso di liquidazione violava il principio di definitività dell’accertamento con adesione, dall’altro esso era illegittimo poichè la norma subordinava il beneficio dell’agevolazione al solo fatto che l’utilizzazione edificatoria avvenisse entro cinque anni dal trasferimento. A tale ultimo riguardo precisava che la convenzione costituiva un atto negoziale successivo all’adozione del piano cui era di fatto estranea, essendo necessaria solo al fine di avviare la fase di realizzazione. La CTR respingeva l’appello del contribuente confermando il decisum della CTP in ordine alla necessità della previa stipula della convenzione.

Ricorre per la cassazione della sentenza la società contribuente con quattro motivi di ricorso, cui replica l’Amministrazione finanziaria con tempestivo controricorso.

In prossimità dell’udienza la parte contribuente ha depositato memoria con documento.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione art. 112 c.p.c., l’omessa pronunzia e l’illegittimità dell’avviso di liquidazione n. (OMISSIS) per violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4).

Afferma, in buona sostanza, che la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui avrebbe dedotto l’illegittimità della sentenza gravata giacchè l’avviso di liquidazione afferiva ad un accertamento definito con adesione, con conseguente improponibilità di qualunque ulteriore contestazione. Donde il primo motivo di ricorso, proposto sotto forma di violazione di norma di diritto e, specificatamente, del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 3 secondo cui l’accertamento definito con adesione vincola l’Ufficio, che non lo può più modificare.

2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta, in particolare, che ove il richiamo della CTR alla liquidazione del valore definito con l’adesione sia inteso come risposta al (precedente) motivo di appello, la sentenza sarebbe viziata sotto il profilo dell’omessa pronuncia. Segnatamente i giudici di secondo grado non avrebbero vagliato la censura svolta nella parte in cui si contestava la possibilità per l’Ufficio di avanzare pretese ulteriori rispetto a quelle indicate nell’atto di adesione.

2.2. Con il terzo motivo di ricorso la contribuente censura la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33 come integrata dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30 e della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 306, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La decisione sarebbe viziata per aver la CTR ritenuto la stipula della convenzione necessaria al fine di poter fruire delle agevolazioni L. 23 dicembre 2000, n. 388, ex art. 33, comma 3, in punto di aliquote agevolate delle imposte di registro, catastali e ipotecarie, essendo solo necessario che l’utilizzazione edificatoria avvenga entro cinque anni dal trasferimento. All’uopo invoca un precedente reso da questa Corte (sentenza n. 20864/2010) secondo cui la stipula della convenzione non sarebbe necessaria.

2.3. Con il quarto e ultimo motivo di ricorso la ricorrente si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Segnatamente, lamenta l’omesso esame della questione inerente la non necessità della stipula della convenzione, censurando anche l’individuazione delle norme applicabili, in primis della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30, che “avrebbe introdotto” per l’appunto l’obbligo della sottoscrizione della convenzione.

3. Il primo motivo di ricorso va globalmente disatteso.

Con esso, infatti, la contribuente lamenta congiuntamente ed inammissibilmente la violazione di norme di diritto e il vizio di omessa pronuncia, senza tuttavia operare alcuna specifica distinzione tra i due vizi richiamati nell’art. 360 c.p.c., utile a comprendere la specificità delle censure nei confronti della sentenza impugnata.

3.1. In ogni caso, il motivo si rivela infondato.

La difesa erariale ha evidenziato che la CTR, ancorchè con motivazione alquanto sintetica, ha respinto la censura svolta dalla contribuente poichè i tributi richiesti sono stati quantificati proprio sulla scorta della liquidazione del valore definito con l’adesione (statuizione che peraltro viene richiamata dallo stesso ricorrente ma solo a fondamento del secondo motivo di ricorso). Ciò significa che l’accertamento con adesione non è stato modificato: al contrario, esso è rimasto invariato e ne è stata data esecuzione con la liquidazione delle maggiori imposte dovute per effetto della liquidazione.

4. Il secondo ed il quarto motivo possono essere trattati congiuntamente presentando lo stesso profilo di inammissibilità.

E’ infatti insegnamento ormai costante, e da cui non v’è motivo di discostarsi, quello secondo cui l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). A tal fine è stato però precisato che per “fatto” non deve intendersi una “questione” o un “punto”, quanto un vero e proprio “accadimento storico”. Non costituiscono, viceversa, “fatti” suscettibili di fondare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame delle argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802, Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152).

4.1 Ciò posto, il secondo motivo proposto non si basa su un fatto storico quanto, per espressa deduzione del ricorrente, sul “fatto” che i giudici d’appello non avrebbero scrutinato la doglianza svolta nella parte in cui contestava la possibilità di avanzare pretese ulteriori rispetto a quelle indicate nell’atto di adesione.

Circa il quarto motivo, e a latere la circostanza che non è dubbia l’entrata in vigore della L. n. 350 del 2003 quale legge finanziaria dello Stato per l’anno 2004, esso non si basa su un fatto storico quanto sul “fatto” che i giudici d’appello non avrebbero scrutinato la doglianza svolta nei termini proposti dalla contribuente, segnatamente nella parte in cui aveva contestava la disciplina applicata e, segnatamente, la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30.

I motivi sono pertanto inammissibili.

5. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso.

Questa Corte è intervenuta a più riprese nel complesso tema delle agevolazioni. Infatti, se è ben vero che con alcune pronunce questo Giudice ha disconosciuto l’applicazione della norma agevolativa nel caso di trasferimenti di immobili siti in piani di lottizzazione ad iniziativa privata in assenza della stipula della convenzione di lottizzazione alla data dell’atto di cessione (cfr. Cassazione sentenza 8 luglio 2009, n. 16003; ordinanza 25 gennaio 2010, n. 1350; ordinanza 26 ottobre 2011, 222300), non è men vero che in altri precedenti questa Corte abbia espresso una interpretazione meno letterale e più sostanzialistica sancendo la necessità che la sottoscrizione della convenzione dà comunque diritto all’agevolazione senza però stabilire che la sottoscrizione della convenzione debba necessariamente precedere l’atto di disposizione (Cass. n. 20864/2010; n. 7898 del 2012).

5.1 Ciò premesso, recentemente questa Corte ha dato seguito al secondo orientamento stabilendo che “In tema di agevolazioni tributarie, il beneficio di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3 (…) si applica anche nel caso in cui al momento della registrazione dell’atto di trasferimento, pur sussistendo l’inserimento dell’immobile in un piano particolareggiato, non sia stata ancora stipulata la convenzione attuativa con il Comune, come indicato nella L. n. 350 del 2003, art. 2, semprechè sia rispettato il termine quinquennale per l’utilizzazione edificatoria”, e ciò in quanto la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30, sancisce che la sottoscrizione della convenzione dà comunque diritto all’agevolazione e non stabilisce che la sottoscrizione della convenzione deve precedere l’atto di disposizione” (Cfr. Cass., V, n. 3198/2018).

5.2 Orbene, dalla lettura del ricorso si evince agevolmente che la convenzione non è stata sottoscritta e che, soprattutto, l’edificazione non ha avuto luogo. Rebus sic stantibus la contribuente non ha diritto a fruire delle agevolazioni che presuppongono comunque l’utilizzazione edificatoria da parte dello stesso soggetto che ha preso parte all’atto di trasferimento, previa sottoscrizione della convenzione. E’ pacifico infatti che non può darsi seguito all’edificazione se non sia stata prima sottoscritta la convenzione. Quest’ultima è dunque necessaria al fine di poter fruire delle agevolazioni, nel senso che costituisce la conditio sine qua non per dare seguito all’utilizzazione edificatoria, mentre non è “più” richiesto che essa preceda l’atto di trasferimento.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Al rigetto del ricorso segue il regolamento delle spese di lite secondo la soccombenza, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro cinquemilaseicento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021

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