Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1576 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/01/2017, (ud. 24/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29488/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI

43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato REMO DOMINICI, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1020/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di GENOVA, del 23/09/2015 depositata il 08/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva guanto segue.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Genova. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di G.F., contro due cartelle di pagamento IRPEF per l’anno 2005.

Nella decisione impugnata, la CTR ha affermato in ordine all’accertamento sintetico fondato su spese sostenute per incrementi patrimoniali – che l’Ufficio non avrebbe seguito le procedure fissate dalla norma di legge, ponendo invece in essere una commistione di metodi di accertamento sintetico ed induttivo. Nel merito, inoltre, si sarebbero verificati palesi errori di calcolo, essendo stati ricompresi autoveicoli aziendali ad uso promiscuo, senza una preventiva adeguata contestazione.

Il ricorso è affidato a tre motivi.

Col primo, la ricorrente invoca la nullità della sentenza, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, attraverso una motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. La sentenza della CTR non integrerebbe nè un’effettiva motivazione per relationem, nè configurerebbe gli elementi minimi necessari per un valido apparato motivazionale.

Col secondo, sostiene la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, ex art. 360 c.p.c., n. 3. Non sussisterebbe alcuna illegittima commistione tra norme, ma solo un accertamento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), in cui i maggiori compensi sarebbero stati parametrati alle tabelle ministeriali in uso per l’accertamento sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38.

Da ultimo, afferma la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39 e del D.M. 10 settembre 1992, art. 3, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La previa contestazione dell’uso promiscuo del bene non sarebbe stata necessaria nei casi di quantificazione del reddito da lavoro autonomo necessario a sostenere le spese relative al bene appunto ad uso promiscuo.

L’intimato si è costituito con controricorso.

Il primo motivo non è fondato.

Nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purchè resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo. (Sez. U., n. 14814 del 04/06/2008; Sez. 6 5, n. 107 del 08/01/2015).

Nella specie, i giudici di appello hanno sia pur succintamente giustificato le ragioni della loro decisione, attraverso l’asserita “commistione dei metodi di accertamento” e la mancata preventiva contestazione al G. dell’utilizzo di autoveicoli aziendali ad uso promiscuo, sicchè può dirsi – anche considerando le ampie premesse di fatto della sentenza impugnata – integrato il minimo motivazionale indispensabile per superare l’eccezione di nullità.

Fondato è, invece, il secondo motivo di ricorso, alla luce delle

ragioni sostanziali della rettifica operata – D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) – essendo pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui l’inattendibilità dei dati contabili di un’impresa – o, come nella specie, di lavoro autonomo – può derivare dagli elementi indurtivi, che fanno presumere una non corrispondenza al reale dei ricavi dichiarati, essendo consentito in proposito il richiamo ai redditometri o ad altri criteri presuntivi (Sez. 5, n. 15808 del 12/07/2006; Sez. 5, n. 16048 del 29 luglio 2005).

Quanto sopra ha effetto assorbente sul terzo motivo di ricorso, dovendo la CTR esaminare nel merito la pretesa tributaria circa il reddito ricavabile dall’attività di lavoro autonomo.

PQM

Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CIR Liguria, in diversa composizione, anche per le spese del grado di cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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