Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15755 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 07/06/2021, (ud. 12/03/2021, dep. 07/06/2021), n.15755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15530/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

V.C., elettivamente domiciliato in Milano, corso di Porta

Romana n. 89/b, presso lo studio dell’Avv. Pace Fabio, dal quale è

rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 152/42/2013 della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 30 ottobre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 marzo 2021

dal Consigliere Rossi Raffaele.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con ordinanza n. 29201 del 28/12/2011, questa Corte pronunciando in controversia avente ad oggetto l’impugnativa di V.C. avverso il silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione ad una istanza di rimborso delle ritenute operate dal fondo previdenziale denominato FONDENEL (in precedenza P.I.A.) sulle somme corrisposte al momento della cessazione del rapporto di lavoro come dirigente ENEL in luogo del trattamento di pensione integrativa – cassava con rinvio, in parziale accoglimento del ricorso dell’Amministrazione finanziaria, la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 114/36/07 sulla scorta dei principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza 22/06/2011, n. 13642, e demandava al giudice della riassumenda lite di individuare il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato”.

2. Decidendo in sede di rinvio, la C.T.R. della Lombardia, con la sentenza n. 152/42/2013 del 30 ottobre 2013, riconosceva il diritto del contribuente al rimborso dell’imposta nella misura di Euro 124.832,61 (e, per l’effetto, condannava l’Ufficio al pagamento di detta somma), quantificata in base alla certificazione rilasciata dall’ENEL attestante l’importo attribuito all’istante a titolo di c.d. rendimento del capitale fino alla scadenza del 31.12.2000.

Per quanto d’interesse, il giudice territoriale precisava che “come tale rendimento sia stato ottenuto, e cioè quali siano state le modalità di gestione del Fondo di previdenza FONDENEL-P.I.A., è questione che non può qui rilevare, trattandosi nella specie, pur sempre, di reddito da capitale, a nulla rilevando come questo sia stato investito dal Fondo (se cioè nel mercato finanziario o in altro modo)”.

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo, cui resiste, con controricorso, V.C..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4. Con l’unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 63, e degli artt. 384 e 392 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si assume che il giudice del rinvio abbia disatteso i (vincolanti) principi di diritto enunciati nella statuizione cassatoria della Suprema Corte: in particolare, onde determinare il rendimento da assoggettare alla tassazione agevolata del 12,50%, abbia omesso di accertare l’effettivo investimento sul mercato dei capitali rivenienti dalla contribuzione (espressamente reputando irrilevante l’indagine).

5. La doglianza è fondata.

La disamina della questione postula, di necessità, una sintetica illustrazione del quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di regime fiscale delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza integrativa aziendale all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.

Centrale, nell’elaborazione del giudice di nomofilachia, sono ancor oggi le sentenze “gemelle” delle Sezioni Unite (oltre alla già citata Cass., Sez. U., n. 13642 del 2011, le contestuali ed identiche sentenze distinte dai numeri da 13643 a 13653), le quali, statuendo proprio in ordine al fondo P.I.A. costituito dall’ENEL, enunciarono, a risoluzione di contrasto insorto tra le sezioni semplici della Corte, il seguente principio di diritto: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al (T.U.I.R.), D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del “rendimento netto” si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dai 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16 T.U.I.R., comma 1, lett. a), e art. 17 T.U.I.R”.

La successiva elaborazione pretoria si è concentrata (anche per dissipare divergenti letture euristiche) nella definizione del concetto di “rendimento netto”, individuato negli importi rivenienti dall’effettivo investimento sul mercato, da parte del fondo, del capitale accantonato (ex aliis, Cass. 29/12/2011, n. 29583; Cass. 12/01/2012, n. 280; Cass. 04/04/2012, n. 5376; Cass. 25/05/2012, n. 8320; Cass. 27/03/2013, nn. 7724-7728; Cass. 22/05/2013, nn. 12491-12496; Cass. 02/10/2013, n. 22492; Cass. 09/10/2013, n. 22950; Cass. 12/02/2014, n. 3132; Cass. 12/02/2014, n. 3136; Cass. 19/03/2014, n. 6380; Cass. 09/04/2014, n. 8310; Cass. 04/02/2015, n. 1977; Cass. 22/05/2015, n. 10604; Cass. 13/01/2017, n. 720).

Con la precisazione che l’assoggettamento di detto “rendimento” al più favorevole trattamento impositivo previsto dalla L. n. 482 del 1985, art. 6 non discende da una diretta riconduzione a detta norma della fattispecie, ma è giustificato dalla equiparazione tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione sancita dall’art. 41 T.U.I.R. (ora 44), comma 1, lett. g-quater), e 42 T.U.I.R. (ora 45), comma 4, (Cass. 26/04/2017, n. 10285; Cass. 18/10/2017, n. 24525; Cass. 02/03/2018, n. 4941; Cass. 07/03/2018, n. 5436)

Più specificamente, si è ritenuto che integrino il c.d. rendimento netto “le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (così, oltre alle citate Cass. n. 10285 del 2017 e Cass. n. 24525 del 2017, cfr. Cass. 02/04/2018 n. 4943; Cass. 19/06/2018 n. 16116; Cass. 24/07/2018 n. 19621; Cass. 30/10/2018 n. 27585).

Di recente, poi, si è altresì puntualizzato che, da un lato, il “rendimento” è configurabile pure in relazione ai capitali maturati ed agli investimenti effettuati anteriormente alla trasformazione (avvenuta nell’anno 1998) del fondo da P.I.A. a Fondenel e che, dall’altro, il requisito del “rendimento” non va circoscritto ai soli (eventuali) investimenti nel mercato finanziario (valori mobiliari, strumenti finanziari), potendo assumere rilievo a tale scopo anche altri tipi di mercato, quale quello immobiliare (Cass. 18/04/2019, n. 10907; Cass. 03/05/2019, n. 11637; Cass. 07/11/2019, n. 28688).

Resta in ogni caso esclusa l’operatività della minore tassazione rispetto alle somme versate dal contribuente a fondi previdenziali che non abbiano mai investito sul mercato; del pari, non può qualificarsi come “rendimento” quello corrispondente alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio Enel (cioè il rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito), poichè tale coerenza rappresenta il risultato di un predeterminato calcolo di matematica attuariale e non già il frutto dell’investimento di accantonamenti sul libero mercato (Cass. 19/06/2018, n. 16116; Cass. 15/06/2018, n. 15853; Cass. 19/06/2018, nn. 16116-16117-16118; Cass. 30/10/2018, n. 27610; Cass. 12/11/2019, n. 29205).

Dal punto di vista processuale, il contribuente che impugna il rigetto dell’istanza di rimborso è attore in senso sostanziale, come tale onerato di provare il fondamento della pretesa azionata, cioè a dire tenuto a dimostrare: se il fondo abbia impiegato sul mercato il capitale accantonato; quale (e quanto) sia stato il rendimento di gestione conseguito da tale impiego; in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole quote individuali del fondo attribuite al dipendente, onde individuare la parte dell’indennità ricevuta da ascrivere a rendimenti da investimenti sul mercato (oltre alle pronunce citate sopra, vedi Cass. 02/04/2020, n. 7660; Cass. 28/02/2020, n. 5494; Cass. 18/11/2020, n. 26198; Cass. 23/11/2020, n. 26543).

E, come ha espressamente precisato questa Corte, siffatto onere probatorio non può ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio “al conteggio proveniente dall’ENEL, prodotto dal contribuente, che non contiene alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, cosi da chiarire se si tratta effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato” (Cass. 15/03/2017, n. 13278; Cass. 16/03/2017, n. 13281; Cass. 26/03/2019, n. 8429; Cass. 20/10/2020, n. 22847).

6. A tali principi non si è attenuto il giudice di prossimità.

Errato è, infatti, l’assunto (centrale nel percorso argomentativo della sentenza gravata) sulla irrilevanza o ininfluenza, ai fini della applicazione dell’aliquota di favore del 12,50%, dell’indagine sulle modalità di investimento del fondo, cioè a dire dell’accertamento sull’effettivo impiego dei capitali accantonati sul mercato (il che invece – giova ripeterlo – costituisce un indefettibile prius logico rispetto alla verifica del rendimento di gestione); per l’effetto, non corretta è la ravvisata sussistenza di un “rendimento” nell’importo attualizzato della posizione previdenziale integrativa del contribuente.

7. La sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

Invero, come illustrato nella sentenza impugnata e diffusamente ribadito nel controricorso, la domanda di rimborso in questione dichiaratamente postulava l’applicazione dell’aliquota del 12,50% a somme non derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, nell’espresso (ma erroneo, sulla scorta di quanto detto) convincimento della non necessità di tale presupposto ai fini della tassazione agevolata.

La richiesta del contribuente, relativa a capitali unicamente rivenienti da accantonamenti in P.I.A. (il periodo dei versamenti è dal 1986 all’agosto 1991, quindi prima del trasferimento dei fondi da P.I.A. in FONDENEL avvenuto nel 1998), era infatti causalmente riferita al c.d. rendimento di polizza (cioè la differenza tra i contributi versati dal contribuente e dall’Enel ed il capitale erogato dalla stessa società) ed al rendimento netto derivante dalla gestione dell’intero capitale dell’Enel (ovvero il rapporto tra margine operativo lordo e capitale investito), deducibile dai bilanci contabili della società ed imputati a P.I.A. mediante la creazione di una riserva matematica con i successivi accantonamenti di adeguamento: importi per i quali non opera il regime fiscale di favore della L. n. 482 del 1985, art. 6.

8. La complessità delle questioni giuridiche e il consolidarsi dell’orientamento del giudice di nomofilachia in epoca successiva all’introduzione della lite giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di tutti i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 12 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

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