Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15752 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 23/07/2020), n.15752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende.

– ricorrente –

contro

F.I.L.A. FABBRICA ITALIANA LAPIS ED AFFINI S.P.A., elettivamente

domiciliata in Roma, l.go Leopoldo Fregoli n. 8 presso lo studio

degli Avv.ti Rosario Salonia e Fabio Massimo Cozzolino, per procura

a margine del ricorso.

– controricorrente/ricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza n. 66/36/13 della Commissione

tributaria regionale della Lombardia, depositata il 16 maggio 2013.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28 febbraio 2020 dal relatore Consigliere Dott. Crucitti Roberta.

 

Fatto

RILEVATO

che:

F.I.L.A. Fabbrica Italiana Lapis e Affini S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, impugnò l’avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle Entrate, per l’anno di imposta 2004, aveva ripreso a tassazione, ai fini IVA, il mancato versamento dell’imposta relativamente all’attività di mediazione di una società estera e, ai fini dell’IRES e dell’IRAP, alcuni costi ritenuti indeducibili perchè privi di inerenza o di competenza;

la Commissione tributaria provinciale accolse parzialmente il ricorso, annullando l’atto impositivo, ad eccezione della ripresa relativa al costo per sponsorizzazioni;

la decisione appellata dall’Agenzia delle entrate veniva parzialmente riformata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia (d’ora in poi C.T.R.) la quale, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello, confermava anche la ripresa a tassazione relativa all’attività di mediazione, ritenendola di competenza dell’anno 2003, nel quale era stato stipulato il contratto preliminare relativo alla compravendita dell’immobile, oggetto dell’incarico conferito al mediatore;

avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso su due motivi;

la Società resiste con controricorso e propone, a sua volta, ricorso incidentale, su unico motivo;

il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale, la Società ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1 con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la sentenza impugnata di nullità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per motivazione apparente;

1.1. la censura è fondata. La C.T.R. ha motivato l’accoglimento parziale dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, unicamente, con riferimento al motivo relativo all’addebito di Euro 214.329,00, mentre sugli ulteriori specifici motivi di impugnazione (riportati integralmente, in ossequio al principio di autosufficienza, in ricorso) si è limitata ad affermare che “per il resto ritiene fondate e condivisibili le ragioni addotte a sostegno della decisione assunta dalla Commissione Provinciale”;

1.2. trattasi di motivazione meramente apparente alla luce del costante insegnamento di questa Corte (v. tra le altre, di recente, ordinanza n. 20883 del 05/08/2019; sentenza n. 27112 del 25/10/2018) secondo cui la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame;

2 l’accoglimento del motivo assorbe l’esame del secondo con il quale, sulla base della stessa prospettazione, si è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il vizio di omesso motivazione su fatto decisivo;

3 con l’unico motivo di ricorso incidentale la Società deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 109, comma 2, laddove la C.T.R. aveva ritenuto che illcosto corrisposto al mediatore per l’acquisto di un immobile fosse di competenza dell’esercizio (2003), in cui era stato stipulato il contratto preliminare e non in quello (2004), nel quale era stato stipulato l’atto pubblico di compravendita;

2.1 la censura è infondata; nei confronti dei soggetti titolari di reddito d’impresa, gli elementi reddituali vanno imputati, di regola, al periodo d’imposta in cui si verificano i presupposti ai quali si ricollegano, indipendentemente dal momento cui risale la percezione o il pagamento, atteso che questi costituiscono fatti finanziari ai quali non si riconnette alcuna rilevanza reddituale. Il requisito della competenza temporale, in coerenza con il principio dell’autonomia dell’obbligazione tributaria e del periodo d’imposta cui essa afferisce, risponde all’esigenza di evitare che gli elementi reddituali siano spostati, a discrezione del contribuente, da un periodo all’altro; esso presuppone, ai fini fiscali, il concorso di due ulteriori requisiti: la certezza della sua esistenza e l’oggettiva determinabilità con riguardo all’ammontare;

ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109), primi quattro commi TUIR, nel testo vigente ratione temporis: /)I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per-squali le precedenti norme del presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni; 2)ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza: a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà.” b) i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizionè dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate, ovvero, per quelle dipendenti da contratti di locazione, mutuo, assicurazione e altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi….”;

il principio di competenza, così fissato dall’art. 75 TUIR, consiste dunque, in contrapposizione al principio di cassa, nel prendere in considerazione ai fini della determinazione del reddito d’impresa non il periodo in cui il ricavo è percepito o il costo è assolto, bensì quello nel quale giuridicamente sorge il diritto alracquisizione del provento o l’obbligo al sostenimento dell’onere. L’art. 75 TUIR (ora art. 109), dopo avere stabilito, in generale, che i ricavi, le spese ed altri componenti, positivi e negativi, “concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza” prescrive, in dettaglio, che, mentre per le cessioni di beni mobili e per le cessioni di immobili, i corrispettivi si considerano conseguiti, rispettivamente, alla data di consegna o spedizione o alla data di stipulazione dell’atto (salvo che l’effetto traslativo si verifichi in data successiva), per le prestazioni di servizi, il ricavo ed anche “le spese di acquisizione dei servizi” sono da imputare e si considerano sostenuti nell’esercizio nel quale la “prestazione è ultimata” (solo in caso di prestazioni periodiche, correlate a determinate tipologie contrattuali, quali locazione, somministrazione, assicurazione, etc…, rileva la data di maturazione dei corrispettivi).

2.4 Premesso ciò, il problema che occorre risolvere attiene all’individuazione del momento in cui, nel caso di conclusione tra le parti contraenti di un contratto cosiddetto “a effetti obbligatori” (quale, in specie, un contratto preliminare di compravendita), la anteriore prestazione dell’intermediario-mediatore possa intendersi resa e, di conseguenza, la relativa provvigione a lui dovuta vada imputata fiscalmente.

Secondo l’art. 75 TUIR (ora art. 109), tali spese devono essere imputate al periodo d’imposta in cui: 1) la prestazione resa dal mediatore sia “ultimata”; 2) il relativo costo sia “certo” nell’esistenza e “determinabile in modo obiettivo” nell’ammontare. La certezza dell’esistenza dell’elemento reddituale negativo d’impresa si verifica giuridicamente, secondo la prospettazione dell’Agenzia ricorrente, già all’atto della stipulazione del contratto di vendita di cosa futura, procacciato dal mediatore, momento nel quale sorge il diritto del mediatore alla propria provvigione e la prestazione da lui resa deve intendersi “ultimata”. A prescindere dalle vicende successive del contratto ed ad eventuali inadempimenti di una o entrambe le parti, messe in contatto dall’attività del mediatore, questi avrà in ogni caso pieno diritto al compenso Questa Corte, in una fattispecie nella quale il diritto alla provvigione era sospensivamente collegato al “buon fine dell’affare”, ha affermato che “in tema di imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione del reddito d’imprepa, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 2, disponendo che i ricavi ed i costi di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esisterúa o determinabile in modo obiettivo l’ammontare vanno imputati all’esercizio in cui si verificano tali condizioni, esclude la deducibilità di provvigioni non ancora certe e determinate nella loro debenza e nel loro ammontare, in quanto contrattualmente condizionate al buon fine delle prestazioni, non ricorrendo, fino al momento in cui dette prestazioni non siano ultimate effettivamente, il requisito della certezza, normativamente prescritto ai fini dell’imputabilità ai costi di esercizio” (Cass.n. 23361/2006; Cass.n. 9539/2011; n. 2845/2012; Cass. n. 17302/2014) e tali principi sono stati ripresi, per affermare la deducibilità della provvigione passiva relativa ad attività di mediazione per la conclusione di vendita di cosa futura, nell’esercizio in cui il contratto era stato concluso tra le parti, da Cass.12 giugno 2015 n. 12274;

2.2 nel caso in esame, pertanto, alla luce di detti principi, la C.T.R. ha, correttamènte, individuato l’esercizio di competenza del costo, individuandolo nel momento in cui lo stesso, essendo stato stipulato il contratto preliminare, poteva ritenersi certo e determinato avendo il mediatore ultimato la sua prestazione, essendo incontestata la debenza della provvigione in assenza di clausole “sospensive”;

in tal senso, peraltro, la censura, articolata con il motivo di ricorso, non attinge tale ratio decidendi, ma introduce inammissibilmente una questione (imputazione al medesimo esercizio di ricavi e costi) che, nella genericità dell’articolazione del mezzo di impugnazione, appare anche inammissibile, siccome nuova;

3 in conclusione, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo e rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, sezione di Milano, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità,

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo;

rigetta il ricorso incidentale;

cassa l sentenza impugnata, nei limiti del motivo accosto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di leggittimità. [NDR: testo originale non comprensibile].

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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