Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1575 del 27/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1575 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: FERRO MASSIMO

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A 1-2

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro
Studio associato Carreri„ in persona del 1.r.p.t.
-intimatoper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Milano, sez. distaccata
di Brescia 18.5.2009;

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estensore c

m. ferro

Data pubblicazione: 27/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 6 dicembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito l’avvocato dello Stato Gianna De Socio;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Paola
Mastroberardino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Milano, sezione distaccata di Brescia 18.5.2009, che, pur se in parziale
riforma della sentenza C.T.P. di Brescia n. 161/12/2005, ebbe a respingere, per
quanto in questa sede ancora rilevante, l’appello dell’Ufficio, così ribadendo la
illegittimità del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria avverso
l’istanza di rimborso dell’IRAP per gli anni 2001-2004 [essendo decaduto invece il
contribuente dal relativo diritto quanto agli anni 1998-2000, unica parte dell’appello
accolta], sul presupposto — come ritenuto dalla C.T.P. — della non significatività di
una organizzazione autonoma relativa all’amministrazione di condominio, condotta
dal titolare senza avvalersi di dipendenti o collaboratori e comunque con beni
strumentali di esiguo valore.
Il ricorso è affidato a due motivi.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge quanto agli artt. 2 e 3
d.lgs. n.446/1997, in relazione all’art.360, co. 1, n. 5 cod.proc.civ., avendo
erroneamente la C.T.R. omesso di considerare che l’esercizio in forma associata
detetmina una presunzione legale di esistenza del requisito dell’autonoma
organizzazione e dunque di assoggettamento ad IRAP, competendo al singolo
contribuente provare una imputazione diversa (da lavoro professionale proprio) del
reddito formale prodotto dalla struttura associata stessa.
Con il secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360, co. 1, n. 5 cod.proc.civ., avendo
erroneamente la C.T.R. indicato, quali ragioni per le quali dovesse essere escluso il
requisito della autonoma organizzazione, l’assenza di collaboratori e l’esiguità dei
beni strumentali, per ciò omettendo di considerare la produzione del reddito
riferibile ai singoli associati e non allo studio associato nel suo complesso.
I motivi, da trattare congiuntamente per l’intima connessione, sono fondati. Il nucleo
decisorio essenziale del ragionamento del giudice di merito consiste infatti nell’aver
proceduto, previa individuazione nell’art.2 del d.lgs. n.446 del 1997 della fonte del
presupposto impositivo, ad identificare una fattispecie astratta per la quale la
autonoma organizzazione sarebbe incompatibile in ogni caso con la titolarità di uno
studio professionale gerito con beni irrisori e collaborazioni di terzi numericamente
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estensor

m.ferro

IL PROCESSO

Già le fonti di tale convincimento dunque sono manifestamente non rappresentative,
per come lacunosamente enunciate, di una logicità evidente delle conclusioni. La
censura del tutto correttamente investe infatti sia il vizio della motivazione, dedotto in
senso proprio come limite dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta, ai sensi
dell’art. 360, co.1, n.5, cod.proc.civ. e dunque refluendo in una deduzione di carenza
nella ricostruzione di essa, sia la violazione di legge, non avendo la C.T.R. seguito il
principio – che qui si ribadisce e da applicarsi anche all’attività di amministratore di
condominio, per quanto ratione tempo?* estranea all’alveo delle professioni protette per cui “l’esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sé idonea a far
presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di
particolare onere economico, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e
competenze, ovvero della sostituibilità nelfeJpletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che
il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello
studio. Ne consegue che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all’imposta
regionale sulle attività produttive (IRAP), a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è
derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati.” (Cass. 24058/2009, 17136/2008,
13570/2007).
La sentenza va dunque cassata, in accoglimento del ricorso, con rinvio alla C.T.R.
anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa per l’effetto la sentenza impugnata e rinvia,
anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla C.T.R.
Lombardia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2013.

non consistenti o assenti, ciò non implicando la realizzazione del principio impositivo
dell’IRAP.

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