Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15747 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 07/06/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 07/06/2021), n.15747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6459-2018 proposto da:

EIDSON SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 9-11,

presso lo studio dell’avvocato LIVIA SALVINI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato DAVIDE DE GIROLAMO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4691/2017 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA,

depositata il 16/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/03/2021 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. Edison spa propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 4691 del 16.11.2017, con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, decidendo in sede di rinvio da C. Cass. n. 5187 del 15 (di annullamento della sentenza della CTR che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla società), ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) del 2011 con cui l’amministrazione finanziaria aveva rettificato in Euro 101.644,59 la rendita catastale dalla società proposta, con procedura di variazione Docfa, per la centrale di produzione idroelettrica denominata “(OMISSIS)” da essa detenuta.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che:

– per l’attribuzione della rendita catastale in oggetto entrambe le parti si erano basate sulla perizia stragiudiziale asseverata redatta dall’ing. G.M., nel novembre 1984, nell’ambito dell’operazione di conferimento dell’impianto in questione in altra società, poi incorporata nel gruppo Edison;

– la divergenza derivava dal fatto che l’agenzia delle entrate aveva disconosciuto il deprezzamento di vetustà del 72% operato nella perizia in questione, assumendo l'”ottimo stato” dell’impianto, così come riscontrato nel sopralluogo;

– questo disconoscimento doveva ritenersi corretto poichè nel caso di specie, vista la peculiarità del bene, il valore venale dello stesso doveva desumersi in base al criterio non già del reddito lordo, bensì del costo di costruzione con riferimento all’epoca censuaria 1988-89, con conseguente irrilevanza del coefficiente di deprezzamento a fronte di un impianto che anche la stessa società appellante aveva appunto descritto in ottime condizioni;

– neppure, poteva trovare ingresso l’istanza della società di decurtare il valore venale dei costi di manutenzione dell’impianto da essa affrontati negli anni (appunto determinanti l’ottimo stato attuale del medesimo), dal momento che la rilevanza dei costi di manutenzione era prevista esclusivamente per il “criterio del reddito lordo” (sostanzialmente riconducibile ai canoni ritraibili dalla locazione del bene) D.P.R. n. 1142 del 1949, ex artt. 15-20, non anche in caso di adozione del “criterio del costo di ricostruzione” (art. 28 D.P.R. cit., come interpretato dalla Circolare dell’agenzia del territorio n. 6 del 30 novembre 2012).

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

Edison ha depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 9, del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 28 comma 2, e artt. 19-22, nonchè della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244.

Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente escluso, in procedimento di stima indiretta, l’abbattimento del 72% per vetustà ed obsolescenza in ragione dell’ottimo stato dell’impianto (risalente al 1922), nonostante che tale condizione fosse dipesa dalla manutenzione costantemente operata dalla società, la quale aveva nel tempo affrontato oneri di manutenzione dei quali doveva tenersi conto indipendentemente dal criterio di stima utilizzato.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

Come esattamente osservato dalla Commissione Tributaria Regionale, nella fattispecie si applica, stante la mancanza di mercato locativo per la tipologia di beni ed impianti in esame, il criterio non del reddito lordo ma quello del costo di ricostruzione a nuovo (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 28.2); criterio in relazione al quale la legge non prevede la decurtazione delle spese di manutenzione (a differenza di quanto previsto per il criterio del reddito lordo: citato D.P.R., artt. 19, 20, 22).

Il R.D.L. n. 652 del 1939, art. 9, stabilisce che: “La rendita catastale è la rendita lorda media ordinaria ritraibile previa detrazione delle spese di riparazione, manutenzione e di ogni altra spesa o perdita eventuale. Nessuna detrazione avrà luogo per decimi, cannoni, livelli, debiti e pesi ipotecari e censuari, nonchè per imposte, sovraimposte e contributi di ogni specie”.

Il citato D.P.R. n. 1142 del 1949 stabilisce che: – art. 19. Determinazione della rendita catastale in base al reddito lordo: “Per la determinazione della rendita catastale il reddito lordo annuo va depurato da tutte le spese e perdite eventuali, escluse soltanto quelle relative all’imposta, fabbricati, alle relative sovraimposte ed ai contributi di ogni specie, nonchè a decime, canoni, livelli, debiti e pesi ipotecari e censuari”; – art. 20. Spese e perdite eventuali: “Le spese e perdite eventuali indicate nell’articolo precedente sono quelle che si riferiscono: a) all’amministrazione, alla manutenzione ed alla conservazione del capitale fondiario; b) agli fitti ed alle rate di fitto dovute e non pagate”. – art. 22 Spese di manutenzione: “Le spese di manutenzione sono quelle ordinariamente sostenute dal proprietario per conservare l’unità immobiliare nello stato nel quale normalmente si trovano quelle della categoria e classe”.

Il medesimo D.P.R., art. 28, regola il diverso criterio di individuazione della rendita in base al capitale fondiario, stabilendo che: – Del capitale fondiario. “Il capitale fondiario è costituito dal valore venale della unità immobiliare all’epoca censuaria stabilita per legge. Esso si determina di regola tenendo presenti i prezzi correnti per la vendita di unità immobiliari analoghe. Qualora non sia possibile determinare il capitale fondiario sulla base degli elementi previsti nel precedente comma, il valore venale si stabilisce con riguardo al costo di ricostruzione, applicando su questo un adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari”.

Ed è qui operante, nei limiti di cui si dirà, proprio questo diverso correttivo normativo della vetustà fisico-materiale ed obsolescenza tecnico-funzionale, così come riferibile al costo di ricostruzione rapportato al biennio censuario ‘88-‘89 secondo i prezziari rettificati con gli indici FOI-ISTAT.

La Circ. AT n. 6/T del 2012 (poi recepita dalla L. n. 190 del 14, ex art. 1, comma 244) osservava che: “Occorre preliminarmente evidenziare che la valutazione dello “stato attuale” dell’unità immobiliare consiste nell’individuazione delle condizioni di vetustà ed obsolescenza tecnologica e funzionale, valutate con riferimento all’epoca censuaria stabilita per legge e tenendo conto del principio catastale dell’ordinarietà. Tale modo di procedere nasce dalla necessità di svincolare le operazioni di accertamento catastale da circostanze non ordinarie, assicurando, per la determinazione della rendita, criteri perequativi non condizionati dalla individuale capacità di gestione dell’immobile da parte del proprietario”. Si aggiungeva che: “in via generale, la vetustà tiene conto del fatto che il valore dei beni decade fisicamente nel tempo in relazione alla loro età, mentre l’obsolescenza tiene conto del fatto che alcune parti di essi, o il loro insieme, si deprezzano per invecchiamento tipologico, tecnologico e funzionale, non risultando più parzialmente o totalmente idonee ad assolvere complessivamente al loro originario impiego in condizioni di mercato”. Precisandosi infine che: “Il momento della revisione generale degli estimi, che attualmente coincide con il biennio economico 1988-89, è il tempo nel quale occorre “fotografare” lo stato delle cose”.

Orbene, il correttivo di vetustà ed obsolescenza non è stato affatto escluso a priori dalla Commissione Tributaria Regionale (chè in questo si concreterebbe uno dei profili di violazione normativa contestati), essendo stato in realtà da essa applicato, sebbene con attribuzione di rilevanza economica pari a zero, perchè l’impianto (ancorchè risalente al 1922) doveva considerarsi, nell”88-’89, in ottime condizioni materiali e tecnologiche, come risultante da sopralluogo e come riconosciuto anche da Edison.

Esso era stato del resto stimato dall’ing. G. (sempre in base al criterio del costo di costruzione a nuovo, ma in ottica prudenziale di conferimento societario) con riguardo ad una data (aprile ‘84) sostanzialmente coeva a quella legale di riferimento (‘88-‘89); nè la società ha dedotto un particolare indice di vetustà ed obsolescenza specificamente riferibile al periodo ‘84-‘88, con riguardo al quale il valore di perizia era stato attualizzato.

E’ dunque evidente come la censura equivochi, in parte sovrapponendoli, tra due concetti del tutto distinti: la manutenzione (rilevante per il diverso criterio del reddito lordo, qui non applicabile) e la vetustà/obsolescenza, invece qui rilevante, ma in effetti considerato dalla Commissione Tributaria Regionale; anche se con finale sua neutralizzazione, a fronte dell’abbattimento del 72 % indebitamente operato dalla società e risultato in contrasto con lo ‘stato attualè dell’impianto, come ‘fotografatò ex lege nel periodo ‘88-‘89.

Ed il criterio così seguito dal giudice di merito appare, nella peculiarità della fattispecie, l’unico in grado di garantire la effettiva e realistica corrispondenza della rendita al valore dell’impianto nel periodo considerato (tra le altre, si richiama, in fattispecie analoga, Cass. n. 32861 del 2019 con ulteriori richiami).

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

Per essere la sentenza motivata in maniera apparente e contraddittoria, assumendosi in essa che l’accertamento opposto si era basato sulla perizia dell’ingegner G. (salvo che per la riduzione del 72%), mentre risultava dagli atti di causa che l’agenzia delle entrate, in almeno quattro occasioni, avesse invece disatteso tale perizia, attribuendo a determinati componenti della centrale idroelettrica un valore venale superiore a quello di perizia. Sicchè, ritenere legittima la perizia G. (fatto salvo il disconoscimento del deprezzamento) non portava ad affermare l’integrale legittimità dell’accertamento così come operato dall’agenzia discostandosi da tale perizia.

Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – analogo vizio inteso come “omesso esame” di un fatto decisivo per il giudizio, costituito appunto dallo scostamento, da parte dell’agenzia delle entrate, per quattro diverse tipologie di cespiti, dalla perizia G.. In maniera tale che “anche laddove fosse riconosciuto lecito considerare i valori di perizia, senza abbattimenti per vetustà, idonei a descrivere il legittimo costo di ricostruzione a nuovo del cespite, ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 28, comma 2, ugualmente avrebbe dovuto essere dichiarata l’illegittimità parziale degli accertamenti dell’ufficio, in quanto in almeno quattro occasioni gli stessi valori di perizia sono stati disapplicati dall’agenzia” (ricorso, pagina 31).

p. 3.2 I due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche poste – sono per più ragioni inammissibili.

Dalla sentenza impugnata si evince che – fermo restando il fatto che anche l’avviso di accertamento prendeva base dalla perizia ing. G. l’oggetto del contendere verteva esclusivamente sulla riconoscibilità dell’abbattimento per vetustà del 72% in relazione al criterio di stima adottato.

Il fatto che, al di là ed indipendentemente dal problema di questo abbattimento, sussistessero ulteriori e specifici motivi di opposizione concernenti la stima dell’impianto non risulta in realtà neppure dal ricorso per cassazione dove, nella ricostruzione dei fatti di causa (pag.6), si dice che oggetto di appello era stata, genericamente, l’eccessività del valore accertato e, in ogni caso, l’erroneità ed illegittimità del criterio di valorizzazione dei beni adottato, precisandosi tuttavia, anche in tale occasione (ivi), che il contendere verteva, in particolare, proprio sulla illegittimità costituita dal disconoscimento dell’abbattimento di vetustà ed obsolescenza.

Dal ricorso per cassazione si apprende che Edison aveva dedotto la divergenza dell’accertamento dalla stima ing. G. (a parte l’abbattimento del 72%) solo nella memoria (OMISSIS) (ricorso, pag.25) e, dunque, per la prima volta, neppure nel giudizio di appello (il che, come motivo nuovo, sarebbe stato comunque inammissibile), ma addirittura in quello di rinvio, cioè nell’ambito di un procedimento notoriamente “chiuso” e vincolato alle domande ed ai motivi di impugnazione già formulati dalle parti.

Secondo gli atti di causa, dunque, l’affermazione della CTR secondo cui l’oggetto del contendere si esauriva sulla questione dell’abbattimento, fermi restando i valori di partenza stimati dall’ing. G., non trova adeguata smentita, con la conseguenza che non può oggi rimproverarsi alla CTR di non aver motivato (ovvero di non aver esaminato) su un aspetto non ritualmente dedotto in giudizio.

La circostanza che la stima operata dall’ufficio si discostasse in effetti dalla perizia ing. G. costituisce d’altra parte un elemento prettamente fattuale di causa, anche alla luce di quanto sostenuto dall’agenzia delle entrate in controricorso, secondo cui tale scostamento su quattro diverse tipologie di cespiti dipese in realtà anch’esso dal disconoscimento dell’abbattimento per vetustà e dunque, ancora una volta, dall’unica materia di lite (essendo stato abbandonato da Edison l’altro motivo di opposizione costituito dalla asserita decadenza dal potere accertativo); sicchè i due motivi di ricorso in esame si risolvono in realtà nella pura sollecitazione alla rivisitazione di conclusioni estimative fatte proprie dal giudice di merito, e ciò sulla base di un criterio normativo (che ha di fatto portato alla neutralizzazione dell’abbattimento in ragione dell’ottimo stato del bene) che già si è ritenuto legittimo in sede di rigetto del primo motivo di ricorso.

Contrariamente a quanto preventivamente argomentato da Edison, l’accertamento fattuale in questione ha poi trovato, in secondo grado, esito conforme a quello di primo grado, con conseguente inammissibilità del motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche per vincolo di doppia conforme, ex art. 348 ter c.p.c., qui applicabile.

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

– respinge il ricorso;

– condanna la società ricorrente alle spese di lite, che liquida in Euro 5000,00 oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, tenutasi con modalità da remoto, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

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