Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15743 del 28/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/07/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 28/07/2016), n.15743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6551/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi n. 12

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COSTRUZIONI MENEGHIN SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CESI, 72,

presso lo studio dell’avvocato BERNARDO DE STASIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato KATIA SCARPA, giusta procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5276/29/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 16/07/2014, depositata il 13/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle entrate notificava alla Costruzioni Meneghin s.r.l. un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2005. La società contribuente lo impugnava innanzi alla CTP di Milano che lo annullava. L’appello proposto dall’Ufficio veniva dichiarato inammissibile dalla CTR Lombardia con la sentenza n. 5276/2014/29, depositata il 13.10.2014.

Secondo il giudice di appello l’Agenzia ricorrente, benchè richiesta di provare la nomina ed i poteri del soggetto che aveva sottoscritto l’atto di impugnazione in qualità di capo ufficio legale su delega del Direttore provinciale, non aveva dimostrato l’esistenza della delega, essendo l’ufficio venuto meno all’onere probatorio che sullo stesso incombeva. In questo senso deponeva la giurisprudenza di questa Corte resa a proposito del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42. In definitiva, secondo la CTR, nell’individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’atto di accertamento come anche l’atto di appelli3 incombe sull’Ufficio l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza dell’eventuale delega, esigenza che appare evidente in grado di appello quando l’Agenzia è parte ricorrente e quando il contribuente solleva l’eccezione di carenza dei poteri. Nemmeno, d’altra parte, potevano invocarsi i poteri istruttori di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito la società intimata con controricorso.

L’Agenzia deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, art. 11, comma 2, artt. 53 e 61, art. 2697 c.c.. La CTR non aveva applicato la giurisprudenza di questa Corte che, riconoscendo all’Agenzia la qualità di parte processuale e conferendo alla stessa di stare in giudizio a mezzo del suo ufficio legale, deve ritenersi delegata a stare in giudizio in sostituzione del direttore laddove non sia contestata la provenienza dell’atto dall’Ufficio competente.

La società contribuente ha dedotto l’infondatezza del ricorso, dovendo l’amministrazione dimostrare l’esistenza dell’atto che giustifica il potere sostitutivo del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’Ufficio.

Il ricorso è manifestamente fondato.

Il richiamo operato dalla CTR alla giurisprudenza di questa Corte in tema di dimostrazione dei poteri di delega o sostitutivi espressi con riferimento all’atto di accertamento non risultano, invero, pertinenti.

Ed infatti, la questione demandata alla CTR atteneva alla legittimazione processuale del soggetto che aveva proposto l’appello in nome dell’Agenzia delle entrate e non già alla legittimazione del funzionario dell’Agenzia ad emettere un atto di accertamento di contenuto fiscale. Legittimazione processuale che viene conferita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, impersonalmente all’Agenzia (e prima di essa all’articolazione ministeriale) e non al Direttore, come invece prevede il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42. Si tratta di una previsione normativa che, all’evidenza, lascia molto più spazio alla organizzazione interna dell’Agenzia. Nemmeno la disciplina di cui al ricordato art.11 indica espressamente una qualifica professionale del soggetto che è chiamato a firmare l’atto processuale nell’interesse dell’Agenzia.

In questa prospettiva va intesa la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di contenzioso tributario, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 10, e art. 11, comma 2, riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio del Ministero delle finanze (oggi ufficio locale dell’Agenzia delle entrate) nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze; ne discende che, nel caso in cui non sia contestata la provenienza dell’atto d’appello dall’ufficio competente, questo deve ritenersi ammissibile, ancorchè recante in calce la firma illeggibile di un funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare, finchè non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di primo grado, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio che ne esprima la volontà” – Cass. n. 874/2009, richiamata da Cass. n. 26004/2013; Cass. n. 12768/06, Cass. n. 27423/2013 Cass. n. 13551/10; Cass. n. 20628/2015-.

Orbene, non essendo mai stato posto in dubbio dalla stessa società contribuente che l’atto processuale fosse stato sottoscritto da soggetto incardinato nell’Agenzia delle entrate, discutendosi unicamente della prova che il sottoscrittore fosse munito dei poteri di firma – v. pag. 2 quart’ultimo cpv. sent impugnata – non era possibile dubitare che l’atto promanasse dalla struttura legittimata, recando la firma di soggetto legittimato in base ad un’organizzazione interna che non risulta avere usurpato poteri al medesimo non conferiti.

Ha dunque errato la CTR nel ritenere di potere trasporre i principi espressi in punto di delega del Direttore al compimento degli atti fiscali da questa Corte – e ribaditi di recente da Cass. nn. 22800/2015 e 22803/2015 – alla disciplina in tema di legittimazione processuale dell’Agenzia alla redazione dell’atto di impugnazione della sentenza di primo grado.

Le considerazioni sopra esposte, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla controricorrente, impongono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Lombardia per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2016

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