Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15741 del 02/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 02/07/2010), n.15741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.S., titolare dell’omonima ditta individuale, esercente

l’attività di commercio all’ingrosso di animali vivi, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTELLO 30, presso lo studio dell’avvocato

DI GANGI FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato PELLEGRINO

LUCIANO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 133/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO del 12/12/07, depositata il 02/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

udito l’Avvocato Bruno Sed (delega avv. Pellegrino Luciano),

difensore del controricorrente che si riporta ai motivi;

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone, nei confronti di C.S. (che resiste con controricorso successivamente illustrato da memoria), ricorso per Cassazione avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per S.S.N. e Irpef relativo al 1997 scaturito da una verifica fiscale, la C.T.R. Sicilia confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso del contribuente) affermando (per quel che in questa sede ancora rileva) che le molteplici dimostrazioni fornite negli scritti difensivi a fronte dei rilievi contenuti nel p.v.c., nonchè il successivo riconoscimento da parte dell’Ufficio dell’infondatezza di alcuni dei predetti rilievi, inducevano a ritenere non attendibile l’operato dei verificatori, considerato che l’Ufficio aveva ampi poteri per disporre controlli incrociati che avrebbero consentito di motivare eventuali discordanze e giustificare le conseguenti rettifiche.

Deve preliminarmente rilevarsi -in ordine alle eccezioni proposte dal controricorrente con riguardo alla ideterminatezza dell’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate ricorrente ed alla carenza di mandato speciale conferito alla difesa dell’Agenzia- che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la nuova realtà ordinamentale introdotta dalla istituzione delle Agenzie fiscali è caratterizzata dal conferimento della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell’Agenzia, in via concorrente ed alternativa rispetto al direttore, con la conseguenza, ad esempio, che la notifica della sentenza di merito, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, e quella del ricorso, possono essere effettuate alternativamente presso la sede centrale dell’Agenzia o presso i suoi uffici periferici (v. tra le altre SU n. 3118 e 3116 del 2006), ed inoltre che, allorchè l’Agenzia delle Entrate si avvalga, nel giudizio di cassazione, del ministero dell’avvocatura dello Stato, non è tenuta a conferire a quest’ultima una procura alle liti, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione del R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611, art. 1, comma 2, secondo il quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato (v. tra le altre cass. n. 11227 del 2007).

2. Il primo motivo di ricorso (col quale si deduce vizio di motivazione per avere i giudici d’appello deciso richiamando genericamente gli scritti difensivi senza illustrare le prove fornite dal contribuente per vincere la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, concernente i movimenti bancari accertati dalla verifica e risultati privi di riscontro nelle scritture contabili) e il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce violazione del combinato disposto dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33, per avere i giudici d’appello ritenuto non sufficiente la presunzione ex art. 32 cit. al fine di provare che i movimenti bancari privi di riscontro nelle scritture contabili accertati in sede di verifica integravano ricavi sottratti a tassazione, ponendo a carico dell’Ufficio ulteriori prove in sede di controlli incrociati con terzi) sono manifestamente fondati.

Invero, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la presunzione legale ricavabile dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, comporta che i movimenti di dare ed avere (versamenti e prelevamenti) risultanti da un conto corrente bancario rilevano ai fini dell’accertamento dell’imponibile, salva la prova contraria (v. da ultimo tra le altre cass. n. 25142 del 2009).

Ne consegue che i giudici d’appello avrebbero dovuto precisamente indicare in motivazione e specificamente valutare le prove contrarie eventualmente fornite dal contribuente per vincere la suddetta presunzione, non potendo limitarsi ad un generico richiamo alle “molteplici dimostrazioni fornite negli scritti defensionali” del contribuente.

E’ vero che nella sentenza impugnata si rileva che i contribuenti, controdeducendo all’appello dell’Agenzia, affermavano che le presunzioni erano frutto di mere irregolarità contabili derivanti dalla mancanza di coordinamento tra il titolare dell’azienda (che non redigeva una prima nota contabile per le operazioni giornaliere) e il consulente esterno preposto alla contabilità ed inoltre che i medesimi contribuenti fornivano i riferimenti di “collegamento” di molteplici operazioni contabili, tuttavia occorre rilevare che le “giustificazioni” non sono “prove”; che, peraltro, tali giustificazioni sono state riportate nella descrizione del contenuto degli atti di parte, senza alcuna valutazione in proposito; che i riferimenti di collegamento di molteplici operazione contabili (asseritamente forniti dai contribuenti nei propri scritti difensivi) non risultano specificamente indicati nè in alcun modo valutati;

infine che, in ogni caso, i suddetti riferimenti riguarderebbero molteplici operazioni contabili, non tutte, con la conseguenza che l’ipotetica prova contraria in ogni caso non riguarderebbe (salvo migliori precisazioni, nella sentenza assenti) tutte le operazioni cui l’accertamento inerisce.

Deve inoltre rilevarsi che solo ove vengano fornite valide, specifiche e convincenti prove contrarie alla presunzione legale citata, la stessa viene meno lasciando l’accertamento su di essa basato sfornito di supporto probatorio, mentre, ove tali prove contrarie non siano state fornite (ovvero non siano state valutate e ritenute convincenti), l’accertamento resta supportato dalla presunzione legale, senza che gravi sull’Ufficio alcun onere di integrazione probatoria, in particolare quello di riscontrare il dato contabile bancario con controlli incrociati.

Il ricorso deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Sicilia.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2010

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