Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1574 del 27/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1574 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: FERRO MASSIMO

S’99

Data pubblicazione: 27/01/2014

SENTENZA

but rieofsa proposto da.

GIOVANNI CIOLINA, rappr. e dif. dall’avv. Andrea Russo, con elezione di
domicilio presso il relativo studio in Roma, viale Castro Pretorio, n.122, come da
procura in calce all’atto
-ricorrente Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-controricorrentePagina 1 di 4 – RGN 193/2010

estensore co I m. ferro

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 1.12.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 6 dicembre 2013
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
uditi gli avvocati Andrea Russo per il ricorrente e Gianna De Socio per l’Avvocatura
dello Stato;

IL PROCESSO
Giovanni Ciolina impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di
Milano, sez.dist. Brescia 1.12.2008, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Brescia n.
58/06/2005, ebbe ad accogliere l’appello dell’Ufficio, così riconoscendo la legittimità
dell’atto di silenzio-rifiuto opposto dall’amministrazione al contribuente che, per gli
anni dal 1998 al 2002, aveva chiesto il rimborso dell’IRAP, sul presupposto — già ed
invece ritenuto dalla C.T.P. — del difetto dei requisiti perché l’attività professionale
espletata (medico convenzionato con il S.S.N.) fosse assoggettabile all’imposta. Si dà
atto che, nel ricorso, il riepilogo del procedimento indica l’annualità IRAP del 1998
decisa negativamente quanto a rimborso già dalla C.T.P., in ragione dell’avvenuta
prescrizione del termine per la relativa richiesta. La sentenza della C.T.R., a propria
volta, non fa menzione di un appello incidentale sul punto.
Ritenne in particolare la C.T.R. che la sentenza riformata aveva trascurato che,
non potendosi prescindere dai risultati della verifica in concreto da condursi
sull’attività del contribuente, pur tuttavia era onere di questi provare lo svolgimento di
un’attività senza un’organizzazione autonoma, documentando la consistenza di fattori
quali il valore dei beni strumentali, le spese per immobili, gli ammortamenti, le spese
di rappresentanza, i compensi a terzi.
Il ricorso è affidato a due motivi, cui resiste con controricorso Agenzia delle
Entrate. Il ricorrente ha depositato memoria.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si deduce vizio di motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, quale l’autonoma organizzazione dell’attività del contribuente,
in relazione all’art.360 n.5 cod.proc.civ., essendosi erroneamente la C.T.R. limitata ad
una mera elencazione di fattori, non altrimenti precisati e dettagliati, attinenti alla
struttura dell’attività professionale del medico ricorrente, senza però indicare ove vi
fosse stato il riscontro di quell’autonomia in misura rilevante.
Con il secondo motivo, si censura il vizio di violazione di legge ai sensi degli artt.2-3
d.lgs. n.446/1997 in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la sentenza
affermato la riferibilità al contribuente di una attività sanitaria continuativa in regime
convenzionato e tuttavia trascurando che la modestia dei mezzi impiegati avrebbe
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estensore cons.

erro

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Paola
Mastroberardino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

t

dovuto precludere la sussistenza dei presupposti di organizzazione autonoma e
rilevante ai fini IRAP.

Quanto al primo motivo, la sua inammissibilità consegue alla mancata ottemperanza al
principio, imposto dalla scelta del vizio di motivazione e che va seguito, per cui la
censura di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., sotto un primo aspetto “si correla al
fatto sulla cui ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve avere
inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina
giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo,
modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività
concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio
denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, asserisce al nesso di
causalità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una
volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione
de/fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sok possibilità o probabilità di
essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa considerazione di punto decisivo fosse configurabile
sol per il fatto che la circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove
esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione de/fatto diversa da quella
adottata dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione per insufficienza o contraddittorietà
fosse configurabile sol perchè su uno specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente
insufficiente o contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo residuo
argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 si risolverebbe nell’investire la
Corte di Cassazione del controllo sic et sempliciter dell’iter logico della motivazione, del tutto
svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad
una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito.” (Cass.
3668/2013). In realtà parte ricorrente, pur criticando la genericità della motivazione
della C.T.R., non ha assolutamente indicato — e con la doverosa chiarezza, su cui v.
Cass. 5858/2013 – quali circostanze dell’attività professionale ed in relazione a quali
mezzi istruttori, specie documentali, avrebbero permesso di integrare la prova della
non autonoma organizzazione (da sussumere nella fattispecie astratta di cui all’art.2
d.lgs. n.446/1997), condizione decisiva per un diverso apprezzamento eventualmente
censurabile per difetto di razionale quadro giustificativo.
2. Quanto al secondo motivo, il descritto fraintendimento della ratio decidendi indicato in
premessa già di per sé integra una ragione di inammissibilità della censura. Non ignora
peraltro il Collegio l’indirizzo per cui “la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale
convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle
attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i
medici di medicina generale, reso esecutivo con d.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell’ambito
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1. I due motivi sono accomunati dall’omessa considerazione puntuale della ratio
decidendi della pronuncia, incentrata, da un lato, sull’omesso assolvimento da parte del
contribuente dell’onere di provare i requisiti esonerativi invocati e, dall’altro, su un
coordinamento di rilevanza tra il requisito dell’autonoma organizzazione e gli elementi
elencati dalla C.T.R., sia pur per categorie.

Il nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito consiste
dunque nell’aver individuato, nell’art.2 del d.lgs. n.446 del 1997, una fattispecie astratta
per la quale la nozione tributaria di autonoma organiuckione, riferibile all’esercente
lavoro autonomo, integra il presupposto impositivo dell’IRAP allorchè si declini
mediante l’impiego di risorse materiali e personali, la cui qualificazione siccome
riferite ad attività professionale protetta (pag. 6 sentenza) non esprime peraltro, va
concluso, un dato di contraddizione del quadro giustificativo generale, bensì la
differenziazione organizzativa dell’attività del medico-contribuente quale assunta
proprio attraverso quei mezzi, emersi dalle dichiarazioni dei redditi e dai dati
comunque acquisiti.
Il ricorso va dunque rigettato, ai sensi di cui in motivazione e con condanna alle spese,
che seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di
legittimità, liquidate in Euro 1.300, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2013.

del “minimo indiJpensabile” per l’eserckio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini
dell’instaurnione e del mantenimento del rapporto convenionale, non integra, di per sé, in assenta
di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organiunione ai fini de/presupposto impositivo.”
(Cass. 10240/2010, 1158/2012). E tuttavia, la sentenza impugnata ha, da un lato, fatto
riferimento esplicito al cd. orientamento intermedio, sortito all’esito della pronuncia
sulla costituzionalità della disciplina di cui Corte cost.156/2001 e volto al
riconoscimento caso per caso delle eventuali circostanze esonerative, con prova a
carico del contribuente e, dall’altro, ha insistentemente dato conto, sia pur per
categorie descrittive, di un’ attività sanitaria continuativa e con organiunione adeguata.

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