Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15737 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 23/07/2020), n.15737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13090/13 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis.

– ricorrente principale –

contro

Autopreneste s.r.l., in persona de legale rapp.te p.t., rappresentata

e difesa, giusta mandato in margine al controricorso, dall’Avv.

Stefano Coen, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma,

Piazza Priscilla n. 4.

– controricorrente principale –

ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 234/14/12 della

Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata in data

28.03.2012, non notificata;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa d’Angiolella

Rosita nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020.

Fatto

RILEVATO

che:

Con la sentenza in epigrafe, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello del contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva determinato, maggiori imposte, ai fini Irpeg, Iva ed Irap, oltre sanzioni ed interessi. In particolare, la Commissione regionale ha riformato totalmente la sentenza di prime cure ritenendo illegittimo l’accertamento sul rilievo che la prassi commerciale ben giustificava l’emissione di note di credito per le minusvalenze derivanti dalla vendita di auto usate, acquisite e contabilizzate al momento dell’atto di vendita di auto nuove, per un importo non corrispondente a quello di mercato.

Avverso la sentenza della Commissione regionale, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

La società contribuente resiste con controricorso, propone ricorso incidentale condizionato e deposita memoria ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La controricorrente ha eccepito l’efficacia espansiva del giudicato esterno costituito dalle sentenze rese tra le stesse parti (n. 145/12/05 depositata il 22/03/2005, n. 285/19/2002 emessa in data 24/06/2002 n. 566/35/07 emessa in data 30.10.2008), afferenti ad avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta precedenti a quello di causa, scaturenti dalla medesima verifica fiscale e riguardanti i contratti di vendita dei veicoli nuovi con sconto di entità variabile.

1.2. E’ stato chiarito che “la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendola, ma anche corredandola dell’idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, nè che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 9746 del 18/04/2017, Rv. 643801-01; Sez. 5, Sentenza n. 3621 del 07/02/2019, Rv. 652341-01).

1.3. La controricorrente non ha assolto all’onere di provare il passaggio in giudicato delle sentenze che allega – limitandosi a riprodurre, mediante allegazione al controricorso di fotocopia delle stesse – il contenuto delle stesse, con conseguente inammissibilità dell’eccezione di efficacia espansiva esterna del giudicato.

1.4. Peraltro le controversie in materia di Iva sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c. e dalla eventuale sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, ove lo stesso impedisca – secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 3 settembre 2009, in causa C-2/08 – la realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria come strumento teso a garantire la piena applicazione del sistema armonizzato di imposta (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 16996 del 05/10/2012, Rv. 624024-01).

1.5. Priva di pregio è l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per contenere la riproduzione di atti e di documenti già versati nel giudizio di merito, considerato che la riproduzione di tali atti è stata preceduta da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta, rispettandosi, così, il principio di autosufficienza (ex plurimis, cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 19562 del 24/07/2018, Rv. 649852-01).

2. Ciò posto, passando al merito del ricorso principale, esso è fondato per quanto di seguito esposto.

2.1. Con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto corretta l’emissione di una nota di credito per compensare i minori incassi derivanti dalla vendita della autovettura usata ad un prezzo inferiore a quello della valutazione effettuata in occasione della vendita dell’auto nuova anzichè ritenere che la perdita andava contabilizzata a titolo di sopravvenienza passiva.

2.2. Col secondo motivo, lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione per aver, dapprima, ritenuto corretto il comportamento del contribuente (nella parte in cui afferma che “nella partica commerciale può avvenire che la valutazione dell’auto usata conferita dall’acquirente dell’auto nuova, sia poi rivenduta sul mercato dell’usato ad un presso inferiore a quello della valutazione iniziale”) e per aver, poi, affermato, contraddittoriamente, che la modalità corretta di annotazione contabile sia quella prospettata dall’Ufficio e cioè l’annotazione quale sopravvenienza passiva (“ed in questo caso all’atto del realizzo del prezzo dell’usato, appare corretto contabilizzare in tal senso (come sopravvenienza passiva) detta operazione”).

2.3. Col terzo, deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nella parte in cui la sentenza impugnata ha annullato l’intero avviso di 2 accertamento, nonostante la società contribuente non avesse censurato la ripesa a tassazione dei maggiori ricavi.

3. I primi due motivi di ricorso principale si esaminano congiuntamente in quanto logicamente e giuridicamente connessi. Essi sono fondati e vanno accolti per quanto di seguito esposto.

4. La soluzione delle questioni dedotte con i primi due motivi e, quindi, l’erronea sussunzione della fattispecie concreta alla previsione di cui al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26 (primo motivo) e la contraddittorietà della motivazione (secondo motivo), è legata all’esatto inquadramento della fattispecie concreta.

4.1. E’ pacifico che la società contribuente aveva emesso, nell’anno in contestazione (1999), fatturazioni corrispondenti al corrispettivo percepito dal cliente per la vendita di auto nuove con l’aggiunta di quella parte di corrispettivo relativo all’incasso del prezzo della vendita dell’auto usata (ciò che la ricorrente qualifica “corrispettivo in natura”) ceduta in conto vendita. E’, altresì, pacifico che nel contratto di vendita dell’autovettura nuova la concessionaria si è impegnata a non richiedere al cliente la (eventuale) differenza incassata in meno rispetto alla valutazione fatta in sede di ritiro dell’usato.

4.2. Nella pratica, questo meccanismo sovente genera perdite che vanno ad incidere sul conto economico dell’impresa, che sono deducibili a titolo di sopravvenienze passive. Ed infatti, nel momento in cui l’autovettura usata viene contabilizzata in conto prezzo di quella nuova, per l’impresa concessionaria sorge un credito garantito esclusivamente dal futuro realizzo. Al momento del realizzo dell’usato il conto acceso al credito garantito, per l’ammontare della valutazione operata all’acquisto, deve trovare compensazione con il conto riferito al ricavo relativamente al prezzo conseguito. Ove non sìa realizzata un’esatta rispondenza tra i due conti, è interessato, a saldo, un conto acceso alle sopravvenienze attive o passive che influenza, anche ai fini fiscali, il risultato economico dell’esercizio.

4.3. Tale ricostruzione è data anche dalla Risoluzione ministeriale del 08/02/1979 n. 266 e dalla Circolare ministeriale del 06/05/1998 n. 117, che si allinea ai principi del bilancio civilistico e fiscale.

5. Quanto avvenuto nella specie e, cioè, l’emissione di note di credito e la mancata contabilizzazione a titolo di sopravvenienza passiva da parte della concessionaria, non appare corretto rispetto alla previsione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26.

5.1. Ed invero, la concessionaria Autopreneste s.r.l. ha adoperato la nota di variazione in diminuzione, ex art. 26 cit., per abbattere il corrispettivo, come una sorta di “abbuono” contrattuale. Sennonchè, di tale patto contrattuale non v’è traccia nella nota di credito emessa dalla concessionaria (con indicazione di “sconto incondizionato”) e neppure in quella inviata al cliente (pag. 8 ricorso), con riduzione dell’imponibile Iva (laddove non risulta che la concessionaria restituisca l’Iva eventualmente già versata dal cliente sull’intero).

5.2. Vero è che l’art. 11 della direttiva n. 77/388/CEE ammette la riduzione della base imponibile nei casi di riduzione del prezzo anche se derivante da sconti concessi (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 20964 del 16/10/2015, Rv. 637026-01), ma la Commissione regionale non ha indagato su entrambi i requisiti essenziali del citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, ovverosia: a) che sia stato praticato dal cedente al cessionario uno sconto sul prezzo della vendita effettuato; b) che la riduzione del corrispettivo al cliente sia il frutto di un accordo, il quale può essere documentale, o verbale, e persino successivo, purchè del medesimo sia fornita la prova, da parte dei soggetti interessati, mediante la trasfusione del patto stesso in note di accredito, emesse da una parte a favore dell’altra, con l’allegazione della causale che, volta per volta, abbia giustificato (Sez. 5, Sentenza n. 26513 del 12/12/2011, Rv. 620845-01) e provato gli sconti medesimi (Sez. 6-5, Ordinanza n. 20035 del 27/07/2018, Rv. 650064-01, in motivazione, pag.7).

5.3. Infine, va rimarcato quanto affermato da questa Corte, circa ronere della prova per l’esercizio dell’emenda, stabilendosi che “è onere del contribuente dimostrare la ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 2, per accedere al regime della variazione in diminuzione dell’imposta, tramite la corretta e completa registrazione delle operazioni, da cui emerga inequivocabilmente la corrispondenza tra le stesse, oppure, ove tale onere non possa essere così assolto, attraverso altri mezzi di prova nel rispetto delle regole generali ed in particolare dell’art. 2704 c.c., in forza del quale non è opponibile all’Amministrazione finanziaria una scrittura privata priva di sottoscrizione autenticata in data certa” (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20035 del 27/07/2018, Rv. 650064 -01). Viceversa nella specie nulla ha provato (e tanto meno allegato) la società contribuente.

5.4. In conclusione, la perdita relativa al minor prezzo incassato per la vendita dell’auto usata rispetto a quello esposto in fattura, laddove non emendabile per carenza dei presupposti (errore nella fatturazione e accordo sul nuovo prezzo, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, comma 7), poichè rimane deducibile e va ad incidere sul conto economico dell’impresa, deve essere contabilizzata a titolo di sopravvenienza passiva.

6. Il terzo motivo di ricorso principale rimane assorbito dall’accoglimento del secondo.

7. Passando all’esame del ricorso incidentale condizionato, con il primo motivo anche la società contribuente, cosi come la ricorrente principale, rileva l’efficacia espansiva del giudicato esterno costituito dalle altre sentenze di merito (indicate alle pagg. 15 e ss. del ricorso incidentale) rese tra le stesse parti afferenti ad avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta precedenti a quello di causa, scaturenti dalla medesima verifica fiscale e riguardanti i contratti di vendita dei veicoli nuovi con sconto di entità variabile risulta inammissibile per le stesse considerazioni di cui al paragrafo sub. 1, cui si rinvia.

7.1. Col secondo motivo di ricorso incidentale, deduce la violazione di legge (D.Lgs. n. 342 del 1992, artt. 17, 31, artt. 24 e 111 Cost), nonchè la nullità della sentenza e dell’intero procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto non sarebbe stato notificato, nel giudizio innanzi alla Commissione provinciale, l’avviso di trattazione dell’udienza pubblica ai difensori della società ricorrente di primo grado.

Anche tale motivo risulta infondato, considerato che nel processo tributario le variazioni del domicilio eletto, della residenza o della sede, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, sono efficaci nei confronti della segreteria della commissione e delle controparti costituite dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione, restando gli atti del processo, prima di tale termine, validamente notificati nel luogo originariamente dichiarato, anche qualora la variazione sia di tipo endoprocessuale (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 16189 del 03/08/2016, Rv. 640765-01).

7.2. Con il terzo mezzo di ricorso incidentale, la società deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè della L. n. 241 del 1999, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha considerato l’eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento, formulata da essa contribuente, sia sotto il profilo della mancata allegazione del p.v.c., sia sotto il profilo della “omessa critica valutazione” da parte dell’Ufficio di quanto oggetto di verifica.

Tale motivo di ricorso incidentale è inammissibile. Nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, non essendo ravvisabile alcun rigetto implicito, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio. (Sez. 6-L, Ordinanza n. 19503 del 23/07/2018, Rv. 65015701)

8. In conclusione, il primo ed il secondo motivo di ricorso principale vanno accolti, con assorbimento del terzo. Il ricorso incidentale condizionato va integralmente rigettato. All’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso principale segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione regionale del Lazio, in diversa composizione, affinchè proceda ad un uovo esame della controversia alla luce dei principi innanzi esposti (paragrafi 55.4). Il giudice di rinvio è tenuto a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso principale per quanto in motivazione. Rigetta il ricorso incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio. [NDR: testo originale non comprensibile].

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 23 luglio 2020

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