Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15736 del 07/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 07/06/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 07/06/2021), n.15736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16838/2014 R.G. proposto da:

T.A., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.

FRANCESCO DI GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, Via di Tor

Fiorenza, 56;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, n. 497/15/13, depositata il 16 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 marzo 2021

dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Risulta dalla sentenza impugnata che il contribuente T.A. ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta dell’anno 2005, con il quale veniva accertata una maggiore distribuzione di utili ai soci sul maggior reddito extracontabile accertato nei confronti della società Caveau Trading Company SRL, in proporzione della quota di capitale posseduta dal contribuente, sul presupposto che si trattava di società a ristretta base partecipativa.

La CTP di Caserta ha accolto il ricorso e la CTR della Campania, con sentenza in data 16 dicembre 2013, ha accolto l’appello dell’Ufficio, rigettando l’eccezione di mancanza di specificità dei motivi. La sentenza ha accertato che la società dal cui accertamento promana l’atto impugnato è a ristretta base partecipativa, in quanto partecipata da due soci, di cui il ricorrente è socio al 98%; nel qual caso, ha proseguito la CTR, opera la presunzione di attribuzione pro quota degli utili non contabilizzati in proporzione delle quote di capitale possedute, essendo onere del socio fornire la prova della mancata percezione di utili.

Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a quattro motivi; l’Ufficio si è costituito in giudizio al fine della partecipazione alla eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1, per mancato esame di una eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello. Deduce il ricorrente di avere eccepito in sede di costituzione in giudizio l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio in quanto non ha considerato che dall’intero percorso logico non sarebbe evincibile la critica che ha investito l’intero percorso argomentativo del giudice di primo grado, dovendo l’atto di appello consistere in una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’impugnazione, non essendo sufficiente la riproposizione delle stesse difese.

1.2 – Il motivo è infondato. Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, nel processo tributario l’appello ha carattere devolutivo pieno, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, volto ad ottenere il riesame della causa nel merito, risultando sufficiente per l’amministrazione finanziaria la mera riproposizione delle questioni a sostegno della legittimità dell’accertamento (Cass., Sez. V, 10 novembre 2020, n. 25106; Cass., Sez. V, 4 novembre 2020, n. 24533; Cass., Sez. V, 9 ottobre 2020, n. 21774; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2018, n. 32838; Cass., Sez. VI, 23 novembre 2018, n. 30525; Cass., Sez. VI, 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7369; Cass., Sez. VI, 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass., Sez. V, 29 febbraio 2012, n. 3064). L’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, non deve consistere in una formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza (Cass., Sez. V, 21 novembre 2019, n. 30341). Si è, inoltre, ritenuto che non vi è incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione tali da comportare l’inammissibilità dell’appello ove il gravame, benchè formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi per implicito anche dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso (Cass., Sez. V, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. VI, 24 agosto 2017, n. 20379).

1.3 – Non è, quindi, necessaria ai fini dell’ammissibilità dell’appello la indicazione di specifici motivi in relazione a specifiche censure della sentenza impugnata, essendo sufficiente che l’appellante (nella specie l’Ufficio) si riporti alle argomentazioni già sostenute nel grado di merito precedente, insistendo (nella specie) per la legittimità dell’avviso impugnato.

2.1 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2728 c.c., e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, nella parte in cui ha ritenuto applicabile la presunzione semplice di distribuzione di utili non dichiarati in proporzione della quota di possesso da parte del contribuente della partecipazione. Il ricorrente deduce che l’Ufficio avrebbe l’onere di accertare l’effettiva distribuzione degli utili, suffragando l’accertamento con ulteriori elementi indiziari, dotati di pregnanza presuntiva a termini dell’art. 2729 c.c., e, pertanto, idonei a ritenere accertata la avvenuta distribuzione degli utili. Il ricorrente deduce, sotto diverso profilo, che la sentenza avrebbe dovuto accertare che la società era diretta da terzi e che il ricorrente non sarebbe stato in grado di controllare la società.

2.2 – Il motivo è infondato sotto entrambi i profili denunciati.

Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati (tra le più recenti Cass., Sez. V, 19 gennaio 2021, n. 752; Cass., Sez. V, 24 dicembre 2020, n. 29503; Cass., Sez. V, 19 novembre 2020, n. 26317; Cass., Sez. V, 11 agosto 2020, n. 16913), in quanto fondata sulla ristrettezza della compagine sociale e sul vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale (Cass., Sez. VI, 24 gennaio 2019, n. 1947; Cass., Sez. V, 22 aprile 2009, n. 9519; Cass., Sez. V, 5 maggio 2003, n. 6780).

2.3 – Sotto il secondo aspetto denunciato, si evidenzia come per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa è necessario che il contribuente contesti l’effettivo conseguimento degli utili (Cass., Sez. V, 19 dicembre 2019, n. 33976; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32959), dando la prova del loro accantonamento o del loro reinvestimento (Cass., Sez. V, 22 novembre 2017, n. 27778), o comunque della estraneità alla gestione sociale (Cass., Sez. VI, 9 luglio 2018, n. 18042). Nella specie, la sentenza impugnata ha accertato che non vi è stata prova che un terzo si fosse appropriato degli utili extracontabili della società all’insaputa del contribuente, così accertando la CTR come non assolto l’onere della prova da parte del contribuente circa la destinazione finale dei predetti utili extracontabili. La sentenza impugnata si è, pertanto, attenuta ai suddetti principi.

3.1 – Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione di legge per carenza assoluta di motivazione e di istruttoria in relazione alle difese del contribuente.

3.2 – Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame dei motivi di appello. Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata non consente la ricostruzione dell’iter logico e che non si sarebbe pronunciata su fatti rilevanti per la decisione.

3.3 – I suddetti motivi sono inammissibili, il terzo in quanto – a tacer d’altro – non è più ammessa la censura per difetto di motivazione sub art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il secondo in quanto non sono in alcun modo descritti i fatti rilevanti per la decisione e le domande omesse dal giudice di appello, il cui esame avrebbe comportato la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Nè può fondatamente sostenersi che la sentenza impugnata sia priva di iter logico, avendo illustrato l’operatività della presunzione di distribuzione di utili extracontabili anche in relazione alla giurisprudenza di questa Corte.

4 – Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese in assenza di difese scritte dell’amministrazione costituita. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2021

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