Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15733 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 23/07/2020), n.15733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19883/2014 proposto da:

EMME MARMI S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., con

domicilio eletto in Roma viale dei Parioli n. 43 presso l’avv.

Francesco D’Ayala Valva, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura

Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza n. 416/29/2014 della COMM.TRIB.REG. PUGLIA, SEZ.

STACCATA DI TARANTO, depositata il 14/29/2014, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/1/2020 dal consigliere Dott. Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 416/29/14 depositata in data 14 febbraio 2014 la Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. staccata di Taranto, riuniva e accoglieva parzialmente gli appelli principali e gli appelli incidentali proposti avverso le sentenze nn. 172, 173, 174, 175/6/09 della Commissione tributaria provinciale di Taranto, dalla Emme Marmi S.r.l. e dall’Agenzia delle Entrate.

– Le riprese traevano origine da quattro avvisi di accertamento con cui venivano recuperate ad imposta IVA, II.DD. inclusa l’IRAP 1998, 1999, 2000 e 2001, in relazione ad operazioni inesistenti, relativamente all’acquisto, da parte della contribuente, dei macchinari della società Rigante s.a.s..

– La CTP, con quattro distinte sentenze confermava l’inesistenza delle operazioni ai fini del recupero IVA, mentre annullava il recupero ai fini delle II.DD., ritenendo legittima la deduzione dei costi di ammortamento, avendo riscontrato in sede di verifica presso la sede aziendale la presenza dei macchinari. La CTR riformava in parte le sentenze del giudice di prime cure, ritenendo che le fatture oggetto di contestazione riguardassero non operazioni inesistenti, ma sovrafatturazione in relazione ai prezzi, e procedeva a rideterminarli riducendoli di due terzi tanto ai fini IVA che delle II.DD..

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo tre motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo. Ad esso ha replicato a sua volta la contribuente con controricorso a ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso principale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la contribuente deduce la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. per vizio di ultrapetizione essendo la CTR andata oltre il thema decidendum individuato dagli avvisi di accertamento laddove, pur riconoscendo l’esistenza di tutte le operazioni di compravendita dei macchinari dalla Rigante s.a.s., modifica la domanda dell’Agenzia procedendo ad una arbitraria riduzione del quantum indicato nelle fatture di vendita, rinvenendo una sovrafatturazione mai oggetto di contestazione prima.

– Con il terzo motivo di ricorso principale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la contribuente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione da parte del giudice d’appello dell’assenza di atti di alcuna contestazione di sovrafatturazione in capo alla società.

– I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto perseguono una medesima logica e sono in parte inammissibili e in parte infondati. La Corte rammenta che la sovrafatturazione di operazioni commerciali è ricondotta per costante interpretazione giurisprudenziale alle operazioni parzialmente oggettivamente inesistenti (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4344 del 14/02/2019, Rv. 652800 – 01), ove gli importi dichiarati in fattura sono superiori ai valori delle operazioni commerciali realmente compiute (Sez. 5, Sentenza n. 11599 del 18/05/2007, Rv. 598578 – 01), con conseguente artificiosa dichiarazione della differenza, in relazione alla quale non corrisponde alcuna operazione o costo oggettivamente esistente (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5722 del 11/04/2012, Rv. 621888 – 01).

– Orbene, la sentenza impugnata da un lato afferma che le operazioni contestate di acquisto macchinari sono realmente avvenute, essendo stati reperiti i macchinari in questione presso la sede aziendale della contribuente, con ciò mostrando di aderire alle argomentazioni del giudice penale che nelle more aveva definitivamente assolto il legale rappresentante della contribuente. Dall’altro, si conforma alla sentenza del TAR Puglia, emessa sull’impugnazione del decreto di revoca delle agevolazioni finanziarie ex lege n. 448 del 1992, emesso dal Ministero per lo sviluppo economico, divenuta nelle more pure definitiva, la quale ha ritenuto che i prezzi di vendita dei macchinari fossero stati triplicati nel passaggio da intermediario – la società Rigante s.a.s. – a consumatore finale – la contribuente -, rispetto a quelli praticati dalla costruttrice Costruzioni Meccaniche Fusiello, confermando gli accertamenti per un terzo del quantum.

– Dal momento che la sentenza nell’identificare l’oggetto della ripresa parla di “operazioni inesistenti” e che il concetto di “sovrafatturazione” è pacificamente ricondotto dalla giurisprudenza, nei termini sopra richiamati, alle operazioni parzialmente oggettivamente inesistenti, era onere della contribuente riprodurre integralmente gli atti impositivi per dimostrare quantomeno che ivi le operazioni erano esclusivamente contestate come soggettivamente inesistenti, onere non assolto.

– Infatti, ai punti nn. 1, 2 e 3 del ricorso risultano riportati non gli atti impositivi per esteso, al fine di una compiuta valutazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ma alcuni brani di un solo atto del procedimento, verosimilmente il p.v.c. (pag.2 del ricorso); sotto questo profilo c’è anche una questione di autosufficienza.

– Nondimeno, dalla lettura attenta di tali lacerti del documento, da quanto riprodotto si evince innanzitutto l’inequivocabile contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti: “Rigante s.a.s. non era in grado nè di produrre, nè di commerciare i macchinari di cui trattasi (…) i macchinari in possesso della società verificata si presumono acquistati da altre aziende in epoca successiva alla data di emissione delle fatture in argomento”. In secondo luogo, il documento contiene chiaramente anche la contestazione di operazioni parzialmente oggettivamente inesistenti proprio sotto il profilo della sovrafattura-zione: “si evidenzia anche la enorme differenza dei prezzi riscontrata tra quelli praticati dalla CMF (la costruttrice Costruzioni Meccaniche Fusiello) alla Rigante s.a.s. (e rilevati dai documenti acquisiti alla verifica eseguita da funzionari dell’Ufficio IVA di Bari e di cui in premessa) e quelli indicati nelle fatture emesse dalla stessa Rigante s.a.s. alla Emme Marmi s.r.l. ed aventi per oggetto macchinari similari (…)”. Pertanto, dal momento che la sovrafatturazione era già presente nella contestazione alla base delle riprese, nessuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste per effetto della pronuncia del giudice d’appello, avendo la CTR solo ridotto le contestazioni iniziali.

– Con il secondo motivo di ricorso principale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in rapporto all’art. 116 c.p.c. in relazione all’illegittimità della sentenza impugnata per aver, il giudice regionale, fatto malgoverno del meccanismo delle presunzioni ai fini della prova del fatto ignoto, in violazione del divieto di doppia presunzione.

– Il motivo è inammissibile. Innanzitutto va precisato che, benchè la contribuente, ad esempio alle pagg.7, 8 e 11 del controricorso a ricorso incidentale affermi che il giudice d’appello “decideva per la conferma dei due terzi del totale accertato” (pag.8), dalla lettura della sentenza (“i macchinari furono effettivamente venduti ma a prezzi di due terzi inferiori a quelli di cui alle fatture in possesso della Erre Marmi”) e del dispositivo (i prezzi “vengano ridotti di due terzi”) non vi è dubbio che la CTR abbia confermato la ripresa de qua, in coerenza con la sentenza del TAR, per solo un terzo.

– Tanto premesso il motivo è inammissibile, in quanto tende ad una indebita rivalutazione dell’accertamento in fatto operato dalla CTR dell’esistenza della sovrafatturazione, che non solo in parte qua aderisce alla contestazione contenuta nel p.v.c. e all’accertamento compiuto dal TAR Puglia con sentenza definitiva, ma è anche specificamente motivato ai punti 19,20, 21 della sentenza censurata. Va al proposito reiterato che “La Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.” (Cass. 28 novembre 2014 n. 25332). Nel caso in esame, il motivo è solo formalmente articolato come violazione di legge, ossia l’applicazione della disciplina delle presunzioni alla fattispecie, ma in concreto contesta il fatto come accertato dal giudice d’appello, senza allegazione e prova dell’esistenza di fatti decisivi e contrari.

– Cade in conseguenza anche il passaggio relativo all’asserita doppia presunzione in relazione alla determinazione del prezzo di vendita dei macchinari. Infatti, in linea generale nel sistema processuale non esiste il divieto delle presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile nè agli artt. 2729 e 2697 c.c. nè a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea – in quanto a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto. (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 20748 del 01/08/2019, Rv. 655040 – 01). Inoltre, come sopra visto, la sovrafatturazione è stata accertata in fatto sulla base di elementi di prova documentale raccolti nel processo, non solo di presunzioni, tra cui il p.v.c. ed una sentenza definitiva del TAR che, anche se non spiega effetto automatico nel processo tributario, è stata giustamente presa in considerazione e valutata dalla CTR.

– Passando all’esame del ricorso incidentale, preliminarmente va scrutinata l’eccezione di inammissibilità dello stesso articolata dalla contribuente, per asserita acquiescenza alle conclusioni della CTR circa l’effettività ed esistenza delle operazioni commerciali intercorse tra la contribuente e la Rigante s.a.s. contenuta nel controricorso dell’Agenzia stessa.

– L’eccezione preliminare è infondata, in quanto la difesa – contenuta nel controricorso – della ratio decidendi della sentenza che ha ritenuto parzialmente oggettivamente inesistenti le operazioni contestate per sovrafatturazione, non implica di per sè la negazione del fatto che le operazioni erano soggettivamente inesistenti, ben potendo coesistere tali situazioni (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25249 del 07/12/2016, Rv. 642031 – 01). Ben può dunque l’Agenzia utilmente contestare la seconda ratio decidendi, che ha negato le riprese per operazioni soggettivamente inesistenti.

– Con un unico motivo in via di ricorso incidentale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19,21 e 26.

– Il motivo è fondato. Va rammentato che “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fitti-zietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 9851 del 20/04/2018 – Rv. 647837 – 01; conforme Sez. 5 -, Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018 – Rv. 651004 – 01). La CTR, quanto alle operazioni soggettivamente inesistenti, non applica in modo leggibile dall’esterno il canone di riparto dell’onere della prova che emerge dalla consolidata giurisprudenza sopra richiamata. Ad esempio, in punto di elemento soggettivo afferma contraddittoriamente che “il responsabile della società acquirente ben sapeva del ruolo di intermediario del Rigante e dunque non poteva immaginare che i vari venditori concorressero nell’evasione”. Inoltre, incorre in un chiaro errore nell’esame dell’elemento oggettivo dal momento che ritiene decisiva la “circostanza della presenza di tutti i macchinari in azienda” e la corresponsione parziale dell’IVA. Infatti, la regolarità della contabilità non è elemento decisivo, come affermano le sentenze sopra citate e, soprattutto, va considerato che in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, le operazioni nella loro materialità esistono sempre, il problema è che esse sono state rese al destinatario, che le ha effettivamente ricevute, da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione rappresentata nella fattura (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20060 del 07/10/2015, Rv. 636663 – 01). Dunque, ai fini delle operazioni soggettivamente inesistenti in contestazione è irrilevante la presenza dei macchinari presso la sede aziendale al momento dell’accertamento e, in definitiva, il canone di riparto dell’onere della prova relativo alla contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti e il suo ancoramento alla fattispecie, anche ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione, merita di essere rimeditato dal giudice del merito sulla base dei principi di diritto sopra richiamati.

– In conclusione, il ricorso incidentale va accolto e, rigettato il ricorso principale, la sentenza impugnata dev’essere cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, e per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso incidentale, rigettato il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, e per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 23 luglio 2020

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