Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15733 del 02/07/2010

Cassazione civile sez. III, 02/07/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 02/07/2010), n.15733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – rel. Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA FRANCESCO GENTILE 7, presso lo studio dell’avvocato DE

FEIS FRANCESCO, che la rappresenta e difende con delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

e contro

TIRRENA COMPAGNIA di ASSICURAZIONI SPA IN LCA (OMISSIS), RAS

ASSIC SPA, A.N.;

– intimati –

sul ricorso 12346-2006 proposto da:

TIRRENA COMPAGNIA di ASSICURAZIONI SPA IN LCA (OMISSIS) in

persona del Commissario Liquidatore Avv. I.G.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SESTO RUFO 23, presso lo

studio dell’avvocato MOSCARINI LUCIO VALERIO, che la rappresenta e

difende con delega a margine del controricorso con ricorso

incidentale condizionato;

– ricorrenti –

contro

RAS ASSIC SPA, S.C., A.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 16/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE Sezione

Distaccata di TARANTO, emessa il 10/12/2004; depositata il

13/01/2005; R.G.N. 390/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TRIFONE;

udito l’Avvocato MOSCARINI LUCIO VALERIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

assorbito il ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.C., avendo riportato lesioni in sinistro stradale in cui l’autovettura che la trasportava usciva di strada, conveniva in giudizio il guidatore e proprietario del veicolo (il marito A.N.) nonchè la spa Tirrena Assicurazioni, assicuratore r.c.a. del mezzo, per ottenerne la condanna in solido al risarcimento dei danni.

L’adito tribunale di Taranto dichiarava la domanda improponibile ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22, siccome non preceduta dalla richiesta dei danni all’assicuratore.

La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, rigettava il gravame della soccombente, all’uopo osservando, in ordine ai motivi dell’impugnazione, che:

quella conclusa da A.N. e la società Tirrena Assicurazioni non era un contratto a favore di terzo, ma un contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, nel quale l’assicuratore deve tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a corrispondere al danneggiato;

la esclusione della sussistenza del contratto a favore del terzo era da ravvisare anche nel fatto che la polizza non designava come beneficiarla essa appellante quale coniuge del contraente:

solo in virtù dell’assicurazione del veicolo ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18, la danneggiata appellante era legittimata all’azione diretta nei confronti dell’assicuratore;

la riassunzione della causa, quale atto di impulso di pregressa citazione, non aveva determinato la instaurazione di un processo nuovo, sicchè essa non poteva sanare i vizi dell’originario atto introduttivo del giudizio, rispetto al quale doveva essere verificata la preventiva proponibilità dell’azione secondo la L. n. 990 del 1969, art. 22.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S. C., che ha affidato l’impugnazione a tre mezzi di doglianza.

Ha resistito con controricorso, illustrato anche da successiva memoria, la società Tirrena Assicurazioni, che ha proposto impugnazione condizionata sulla scorta di tre motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti (art. 335 cod. proc. civ.).

Con il primo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all’art. 1411 cod. civ. – la ricorrente critica la sentenza di secondo grado perchè il giudice del merito avrebbe dovuto considerare che, nella specie, la polizza prevedeva l’obbligo risarcitoria (scilicet: indennitario) a favore di essa ricorrente quale beneficiarla di un contratto di assicurazione stipulato dal marito ed avente ad oggetto il rischio da infortuni dei soggetti suoi familiari trasportati sull’autoveicolo di sua proprietà.

Sostanzialmente la tesi della ricorrente è nel senso che, trattandosi di contratto di assicurazione a favore del terzo, del quale essa istante sarebbe beneficiarla ed al quale si applica la disciplina del contratto di assicurazione sulla vita, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione, sicchè, come tale, ella poteva rivolgersi direttamente all’assicuratore per ottenere la prestazione indennitaria, senza che all’esperibilità della sua azione fossero necessarie nè la condizione di proponibilità, di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22, nè la dipendenza indispensabile della fondatezza della domanda dall’accertamento, ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., della responsabilità da fatto illecito del guidatore del veicolo sul quale il trasporto era stato effettuato.

La censura non può essere accolta per la evidente considerazione che – essendo del tutto distinta l’azione di cui alla L. n. 990 del 1969 da quella derivante da contratto di assicurazione contro i danni da infortunio a favore del terzo (la prima avente ad oggetto l’assicurazione della responsabilità civile da circolazione del veicolo o del natante, l’altra, invece, essendo riferita all’assicurazione di un danno) – non poteva essere consentito a S.C., che aveva proposto la sua domanda esattamente ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18 (siccome la sentenza d’appello esattamente precisa e come, del resto, la stessa ricorrente non ha mai contestato) far valer poi la diversa causa petendi di un preteso diverso contratto di assicurazione stipulato a suo favore per i danni da infortunio.

Il divieto di proporre domande nuove in appello, di cui all’art. 345 cod. proc. civ., comma 1, previsto a tutela del principio del doppio grado di giurisdizione, è di ordine pubblico e la sua violazione va rilevata d’ufficio in questa sede di legittimità.

Il rilievo officioso dell’inammissibilità della domanda nuova esime questa Corte dal considerare che, non avendo la ricorrente riprodotto in ricorso gli estremi del preteso contratto a favore del terzo, anche per tale ragione la censura sarebbe stata inammissibile.

Con secondo motivo – deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22, nonchè il vizio di motivazione sul punto – la ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere verificata la situazione di proponibilità dell’azione diretta ex art. 18 della predetta legge, giacchè la richiesta di danni all’istituto assicuratore, sebbene non formulata prima della instaurazione del giudizio con la originaria citazione, era stata successivamente indirizzata alla compagnia di assicurazione ed aveva tenuto conto del rispetto del tempus deliberandi previsto per legge in quanto l’atto di riassunzione del processo, intanto interrotto, era intervenuto dopo la scadenza del termine di sessanta giorni dalla richiesta medesima.

Sostiene, poi, che vi sarebbe stata, comunque, denuncia da parte dell’assicurato A.N. alla compagnia di assicurazione che la moglie aveva subito lesioni nel sinistra stradale, sicchè l’assicuratore era a conoscenza del fatto.

Anche questa seconda censura non può essere accolta.

La notificazione della citazione determina la pendenza della lite ed è a tale momento che occorre fare riferimento per stabilire se sussista o meno il presupposto della proponibilità della domanda.

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, questa Corte ha da tempo stabilito, con risalente indirizzo (Cass., n. 6782/81; Cass., n. 255/81; Cass., n. 2941/80; Cass., n. 2133/80;

Cass., n. 5601/78), che l’onere imposto al danneggiato dalla L. n. 990 del 1969, art. 22, di richiedere il risarcimento del danno all’assicuratore almeno sessanta giorni prima di proporre la relativa azione giudiziaria – sebbene non rigidamente vincolato alla forma prevista della lettera raccomandata – non può essere adempiuto con la stessa citazione introduttiva del giudizio risarcitorio, neppure subordinando la vocatio in ius all’inutile decorso del termine suindicato e fissando l’udienza di comparizione oltre il sessantesimo giorno dalla notifica, ciò sia perchè la norma in questione esige, implicitamente ma chiaramente, che la richiesta risarcitoria sia effettuata con atto distinto da quello con cui viene esperita l’azione; sia perchè la citazione determina comunque la pendenza della lite in concomitanza con la sua notifica, con la conseguenza che,essendo la richiesta un presupposto processuale, essa deve preesistere alla domanda, dato che, diversamente, verrebbero in gran parte frustrate le finalità della disposizione, diretta a favorire la liquidazione stragiudiziale dell’indennizzo, a prevenire la lite, ad evitare spese improduttive ed a limitare il contenzioso in materia.

Di tutta evidenza, poi, è che la denuncia del sinistro all’assicuratore assolutamente non può costituire valido equipollente della richiesta di danni da parte del danneggiato.

Infondato, infine, è anche il terzo mezzo di doglianza, con il quale si deduce l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, assumendosi che il giudice del merito non aveva dato alcuna motivazione circa l’improponibilità della domanda nei confronti del marito A.N..

La mancanza del presupposto processuale della preventiva richiesta di risarcimento del danno costituisce causa di improponibilità dell’azione, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, non solo dell’azione diretta contro l’assicuratore (L. n. 990 del 1969, ex art. 18, ma anche dell’azione risarcitoria contro l’autore e il responsabile civile del fatto illecito (ex plurimis: Cass., n. 18644/03; Cass., n. 2655/03; Cass., n. 6026/01) pur se autonomamente proposta nei confronti di costoro, per cui, in caso di richiesta solidale di condanna di entrambi, la rilevata improponibilità soddisfa l’onere di motivazione in ordine alle due domande.

Il ricorso principale, pertanto, è rigettato, restando così assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato della società, a favore della quale S.C. è condannata a pagare le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale a pagare le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.800,00 (milleottocento/00), di cui Euro 200,00 (duecento/00) per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2010

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