Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15732 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 23/07/2020), n.15732

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25864/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura

Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.G.;

– intimato –

Avverso la sentenza n. 103/14/2011 della COMM.TRIB.REG. PUGLIA,

depositata il 23/09/2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/1/2020 dal consigliere Dott. Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 103/14/11 depositata in data 23 settembre 2011 la Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva l’appello principale proposto da F.G. e rigettava l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 196/4/10 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso di accertamento per IVA e II.DD., inclusa I’IRAP, 2013, oltre addizionali, emesso a seguito di accertamenti bancari;

– La CTP rideterminava l’imponibile accertato ai fini della sola IRPEF in Euro 669.110,34, escludendo l’esistenza di un’attività commerciale o di impresa nell’anno in contestazione e così le restante imposte oggetto di ripresa, e rideterminando le sanzioni in misura pari alla metà del minimo.

– La CTR accoglieva parzialmente l’appello principale del contribuente, ritenendo smentita dalla documentazione agli atti la disponibilità esclusiva in capo al contribuente anche dei conti correnti intestati ai familiari e oggetto di accertamento, accertando in capo al ricorrente l’esistenza di un solo reddito da partecipazione nella società In Cotone Snc e nella società Nuova In Cotone Srl, che rideterminava in complessivi Euro 208.751,72. Disattendeva altresì la prospettazione dell’Agenzia in punto di sanzioni oggetto dell’appello incidentale, ritenendo esistenti i presupposti del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7.

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo tre motivi. Il contribuente non si è difeso, restando intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3- l’Agenzia ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 comma 1 n. 7, art. 38 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1 per aver la CTR ritenuto che “nella fase procedimentale di formazione della pretesa finale (l’accertamento de quo) subisce una sorta di metamorfosi, trasformandosi da accertamento sulla attività d’impresa esercitata dalla società In Cotone di L.G. & C ad accertamento sulla persona fisica di uno dei due soci al 50% ( F.G.) al quale vengono presuntivamente ricondotte in via esclusiva – le plurime movimentazioni bancarie nell’ambito di una supposta attività commerciale svolta parallelamente ed in concomitanza con quella della suddetta società (…) Siffatto modo di procedere sconta (…) una non corretta applicazione delle regole e dei principi fissati dalla Corte Suprema di Cassazione in tema di accertamento bancario”.

-Il motivo è inammissibile in quanto l’argomentazione censurata non costituisce un’autonoma ratio decidendi, ma una ricostruzione della fase procedimentale alla base delle riprese. La ratio decidendi è incentrata sull’accertamento della non disponibilità esclusiva in capo al contribuente anche dei conti correnti intestati ai familiari oggetto di accertamento, e sull’esistenza in capo al ricorrente di solo reddito da partecipazione in ragione delle quote da lui detenute nella società “In Cotone Snc” e nella società “Nuova In Cotone Srl”, dal momento che le movimentazioni bancarie in contestazione si riferirebbero a tali società soltanto.

-Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3- l’Agenzia censura la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 2 e 7 per aver la CTR fatto non corretto governo di tali principi, come costantemente applicati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente, avendo ritenuto tra l’altro che “per quanto riguarda i conti intestati a persone diverse, ancorchè legate al contribuente da vincoli familiari o commerciali, la presunzione non sussiste, salvo che l’Ufficio non provi che l’intestazione è fittizia e che le posizioni debitorie e creditorie annotate nei conti sono riferibili al contribuente, hanno concluso che nella specie non era stata del tutto fornita la prova della pretesa fiscale”, citazione riportata dalla CTR e tratta dalla sentenza della Corte n. 25623/2009.

-Il motivo è fondato. In primo luogo, è vero che il passaggio motivazionale sopra riportato è reperibile nel corpo della sentenza della Corte n. 25623/2009, ma ivi sintetizza solo la ratio decidendi della sentenza d’appello impugnata e il ricorso per Cassazione che la censura è stato dichiarato inammissibile per ragioni formali. In secondo luogo, la giurisprudenza consolidata della Corte è in senso opposto a quanto ritenuto dalla CTR: “In tema di poteri di accertamento degli uffici finanziari devono ritenersi legittime le indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica, ovvero a quelli degli amministratori della società contribuente – in quanto sia il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, n. 7, riguardo alle imposte sui redditi, che il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, riguardo al-PIVA – autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, ipotesi, questa, ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18083 del 04/08/2010, Rv. 614741 – 01; conforme, quanto alle riprese per imposte dirette Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26173 del 06/12/2011, Rv. 620990 – 01).

-Inoltre, anche l’argomento speso dal giudice d’appello secondo il quale “le distinte bancarie prodotte in atti dal contribuente con l’allegato 5 comprovano, oggettivamente, che l’operatività dei singoli conti correnti è riconducibile ai loro intestatari quali titolari di rapporti economici e lavorativi propri e distinti da quelli dell’appellante” attesta al più solo che una parte degli atti dispositivi sono estranei al contribuente e relativi a rapporti propri degli intestatari dei conti, e si pone in contrasto con l’applicazione giurisprudenziale costante del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

-Va infatti rammentato che anche il caso, che qui non ricorre, di contestazione del conto oggetto di accertamenti bancari, e più in generale nel caso di disposizione sul medesimo conto da parte di più persone, richiede che la prova liberatoria sia analitica. Si reitera al proposito che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4829 del 11/03/2015, Rv. 635057 – 01; conforme, quanto alle riprese IVA Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20981 del 16/10/2015, Rv. 636960 – 01). Di tale prova analitica non vi è traccia nel caso di specie, non bastando dimostrare la non disponibilità esclusiva del conto nè che alcune operazioni sono estranee al contribuente.

-Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 7, non sussistendo i presupposti per la riduzione alla metà del minimo delle sanzioni irrogate.

-Il motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo, dal momento che la questione sulla misura delle sanzioni, se riproposta, dovrà essere riesaminata dalla CTR in sede di rinvio unitamente alla disamina della fondatezza delle riprese nel merito.

-In conclusione, accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo e assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame del profilo accolto e per il regolamento della spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, e per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 23 luglio 2020

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