Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15730 del 28/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/07/2016, (ud. 04/02/2016, dep. 28/07/2016), n.15730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24620-2014 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASTURA 2/B,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE BEAUMONT, rappresentato

e difeso dall’avvocato ANTONIO ZULLO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto n. 58914/2010 R.G.A.D. della CORTE D’APPELLO di

ROMA del 2/12/2013, depositato l’11/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato Antonio Zullo difensore del ricorrente che si

riporta agli atti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. conveniva il Ministero della giustizia davanti alla Corte di appello di Roma chiedendone la condanna al pagamento di quanto a lui spettante a titolo di equa riparazione per la durata non ragionevole di un processo per reintegra del possesso introdotto davanti al Pretore di Ariano Irpino, con ricorso depositato il 16 ottobre 1998 e notificato il 27 gennaio 1999, conclusosi con sentenza depositata il 25 giugno 2009.

La Corte di appello di Roma, con decreto depositato l’11 marzo 2014, ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dal ricorrente per violazione del ne bis in idem per avere il ricorrente depositato precedente ricorso di identico contenuto rubricato con il n. 58912/2010 assegnato a decisione il 2.12.2013.

Per la cassazione di tale decisione il C. propone ricorso, affidato ad unico motivo.

Il Ministero intimato non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata.

Con unico motivo d’impugnazione parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 324 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 4, artt. 112 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 2909 c.c., oltre a vizio di motivazione, per errata applicazione del principio del ne bis in idem, stante la evidente inesistenza di alcun giudicato fra le parti. Infatti la corte di merito, che avrebbe dovuto sottoporre alle parti la questione rilevata d’ufficio, non si è avveduta che le cause aventi i numeri di RG. 58912/10 e 58914/10, trattate nella medesima udienza, avevano sì ad oggetto il medesimo processo presupposto, ma diverse erano le parti, trattandosi di ipotesi di omonimia, per essere l’odierno ricorrente nato il (OMISSIS), mentre l’altro ricorrente è nato il (OMISSIS).

Il ricorso è fondato.

La liquidazione dell’equo indennizzo per la violazione della ragionevole durata del processo deve essere effettuata in favore di ciascuno dei richiedenti che sia stato parte del processo presupposto, a prescindere dalla posizione assunta in tale processo (Cass. nn. 2634 del 2011 e Cass. n. 5338 del 2007).

Ciò in quanto l’indennizzo del danno non patrimoniale per la durata non ragionevole del processo va detrminato nel rispetto della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per come essa vive nelle decisioni della Corte Europea adottate in casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale. Quest’ultimo deve tenere conto dei criteri di determinazione della Corte Europea, pur conservando un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, se in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate in casi simili la liquidazione dell’equo indennizzo deve inoltre essere effettuata in favore di ogni singolo ricorrente (Cass. n. 8034 del 2006).

Nella specie, nel giudizio presupposto l’odierno ricorrente e l’altro C.L., nato nel (OMISSIS), avevano agito nel medesimo giudizio presupposto, ma in ruoli contrapposti. E in applicazione dei principi di diritto anzi detti, a ciascuno di loro compete un autonomo equo indennizzo per la durata irragionevole del giudizio civile presupposto.

Non essendosi la Corte di merito attenuta ai suddetti principi, il decreto impugnato va cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto. Il decreto impugnato deve essere cassato, e la causa va rinviata ad altro giudice – che viene individuato in diversa Sezione nella Corte d’appello di Roma – che la riesaminerà.

Alla predetta Autorità è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso;

cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 4 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2016

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