Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15725 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/06/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 04/06/2021), n.15725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8057-2020 proposto da:

C.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato DELRIO per procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SARDA FABBRICA PREFABBRICATI SFP S.P.A. IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO

PREVENTIVO;

– intimata –

avverso la SENTENZA n. 990/2019 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI,

depositata il 16/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 24/2/2021 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha condannato C.M. al pagamento, in favore della società Sarda Prefabbricati, della somma di Euro 20.875,61, oltre interessi dalla domanda monitoria al saldo.

La corte, in particolare, dopo aver premesso (tra l’altro) che: – il tribunale aveva ingiunto a C.M. di pagare alla Sarda Prefabbricati la somma di Euro 50.441,3, oltre interessi e spese, quale corrispettivo per la fornitura e la posa in opera di un prefabbricato ad uso capannone; – il C. aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo chiedendo di determinare la diminuzione del prezzo ai sensi dell’art. 1668 c.c. in ragione dei vizi e delle difformità dell’esecuzione nonché la penale dovuta per la tardiva consegna dell’opera, oltre agli ulteriori danni, e, previa compensazione giudiziale delle rispettive ragioni di credito fino alla concorrente quantità, di condannare la società opposta al pagamento della somma residua; – il tribunale, rigettata la domanda relativa alla penale, aveva determinato il credito dell’opponente nella somma complessiva di Euro. 50.700,00 per cui, revocato il decreto ingiuntivo opposto, aveva condannato la società opposta al pagamento della somma di Euro. 258,69, emergente a suo debito quale differenza tra il dare e l’avere; – la società opposta aveva proposto appello avverso la sentenza del tribunale; ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che le poste a credito del committente dovevano essere determinate nella somma complessiva di Euro. 29.565,70.

Ora, poiché: – “alla… Sarda Prefabbricati,… la sentenza di primo grado aveva pacificamente riconosciuto un avere di Euro di 50.441,31, salvo porre in compensazione il credito accertato in favore di C.M., pari ad Euro 50.700,00, revocando quindi il d.i. e condannando Sarda Prefabbricati alla differenza di Euro 258,69 in favore di C.M….”; – “nessuna delle parti ha contestato la compensazione accertata in quei termini; in particolare, nessuno ha sostenuto in appello che la diversa natura dei crediti contrapposti (l’uno di valuta, l’altro di valore), avrebbe potuto e dovuto dar luogo a poste da compensare solo previamente maggiorando quella di valore degli interessi sulla somma periodicamente rivalutata e quella di valuta dei soli interessi”, la corte ha ritenuto di doversi attenere al medesimo criterio e cioè, una volta “operata la compensazione tra dare e avere, ferma la revoca del d.i. opposto, condannare C.M. a pagare a Sarda Prefabbricati Euro 20.875,61, con gli interessi legali dalla domanda al saldo effettivo”.

C.M., con ricorso notificato il 20/2/2020, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.

La Sarda Fabbrica Prefabbricati SFP s.p.a. in liquidazione in concordato preventivo è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha erroneamente ritenuto che la statuizione con la quale il tribunale aveva operato la compensazione tra il credito della società istante, quale credito di valuta, ed il credito dell’opponente, quale credito di valore, senza riconoscere la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma rivalutata, fosse coperta da giudicato interno, e che il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulla somma rivalutata, in quanto coperta dal giudicato interno, escludeva che il giudice d’appello potesse, a sua volta, rivalutare la somma che, determinata ai sensi dell’art. 1668 c.c., poteva essere posta in compensazione.

1.2. La corte d’appello, tuttavia, ha osservato il ricorrente, così facendo, non ha considerato che la pronuncia sugli interessi compensativi e sulla rivalutazione monetaria non è suscettibile di formare giudicato interno o acquiescenza parziale per cui il giudice d’appello è libero di liquidare il danno complessivo nel modo che ritiene più adeguato, a prescindere dalla proposizione di uno specifico motivo d’impugnazione su tali punti.

1.3. La corte d’appello, quindi, ha concluso il ricorrente,

avrebbe dovuto compensare le rispettive ragioni di credito riconoscendo al C. la rivalutazione e gli interessi.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1668 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha non ha riconosciuto al credito dell’opponente la rivalutazione e gli interessi senza, tuttavia, considerare che, in tema d’appalto, la somma liquidata a favore del committente per l’eliminazione dei vizi e difformità dell’opera, a titolo di risarcimento del danno o anche di riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1668 c.c., costituisce un debito di valore dell’appaltatore che, in quanto sottratto al principio nominalistico, deve essere rivalutato in considerazione del diminuito potere d’acquisto della moneta fino al momento della decisione.

3.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono fondati.

3.2. Il risarcimento del danno da fatto illecito costituisce,

in effetti, debito di valore e, in caso di ritardato pagamento di esso, gli interessi e la svalutazione non costituiscono un autonomo diritto del creditore, ma svolgono una funzione compensativa tendente a reintegrare il patrimonio del danneggiato, qual era all’epoca del prodursi del danno, e la loro attribuzione costituisce una mera modalità o tecnica liquidatoria.

3.3. Gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da fatto illecito hanno, pertanto, fondamento e natura differenti da quelli moratori, regolati dall’art. 1224 c.c., in quanto sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell’equivalente pecuniario del danno subito, di cui costituiscono, quindi, una necessaria componente, al pari di quella rappresentata dalla somma attribuita a titolo di svalutazione monetaria, la quale non configura il risarcimento di un maggiore e distinto danno, ma esclusivamente una diversa espressione monetaria del danno medesimo, che, per rendere effettiva la reintegrazione patrimoniale del danneggiato, deve essere adeguata al mutato valore del denaro nel momento nel quale è emanata la pronuncia giudiziale finale.

3.4. Nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito, quindi, è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento sia degli interessi compensativi sia del danno da svalutazione monetaria, quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni, per cui il giudice di merito deve attribuire gli uni e l’altro anche se non espressamente richiesti, pure in grado di appello, senza, per ciò solo, incorrere in ultrapetizione.

3.5. E non solo: impugnato il capo della sentenza contenente la liquidazione del danno, non può invocarsi il giudicato in ordine alla misura legale degli interessi precedentemente attribuiti e il giudice dell’impugnazione (o del rinvio), anche in difetto di uno specifico rilievo sulla modalità di liquidazione degli interessi prescelta dal giudice precedente, può procedere alla riliquidazione della somma dovuta a titolo risarcitorio e dell’ulteriore danno da ritardato pagamento, utilizzando la tecnica che ritiene più appropriata al fine di reintegrare il patrimonio del creditore, restando irrilevante che vi sia stata impugnazione o meno in relazione agli interessi già conseguiti e alla misura degli stessi (Cass. n. 24468 del 2020; Cass. n. 18243 del 2015; Cass. n. 15709 del 2011).

3.4. La corte d’appello, lì dove ha escluso di poter maggiorare la somma liquidata in favore del committente per la eliminazione dei vizi e le difformità dell’opera (a titolo di risarcimento del danno o anche di riduzione del prezzo di cui all’art. 1668 c.c., che pure, a differenza di quello dell’appaltatore al corrispettivo, ha per oggetto un debito di valore: Cass. n. 11594 del 2004) con la rivalutazione monetaria e gli interessi maturati sulla stessa, (solo) in ragione della mancata contestazione delle parti, non si è, dunque, attenuta ai predetti principi.

4. Il ricorso dev’essere, pertanto, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Cagliari che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte così provvede: accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Cagliari che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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