Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15723 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/06/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 04/06/2021), n.15723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2605-2020 proposto da:

GE.AL.VE S.R.L., rappresentata e ELISABETTA ORSINI e dall’Avvocato

LUISA GOBBI, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GRUPPO FALDIS S.A.S. DI T.F. & C., rappresentata e

difesa dall’Avvocato GAVINO SPIGA e dall’Avvocato CARLO D’ERRICO,

per procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA n. 4856/2019 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA,

depositata il 7/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 24/2/2021 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha integralmente confermato la sentenza con cui il tribunale aveva rigettato l’opposizione proposta dalla GE.AL.VE s.r.l. avverso il decreto che le aveva ingiunto il pagamento, in favore della Gruppo Faldis di T.F. & C. s.a.s., della somma di Euro 11.628,50, quale corrispettivo per il rimessaggio di un’imbarcazione.

La corte, in particolare, dopo aver evidenziato che l’appellante aveva, in sostanza, lamentato un errore di interpretazione e di valutazione della prova, sostenendo di aver consegnato la barca al cantiere per fare delle riparazioni che non erano mai state fatte, e che, a fronte di questo contratto, il tribunale, imputandole il costo della permanenza dell’imbarcazione presso la società istante, aveva malamente ritenuto che lo stesso dovesse essere qualificato come deposito o rimessaggio, ha rilevato che, in effetti, come affermato dal primo giudice, la barca era stata sì consegnata per lavori, ma questi lavori sono stati fatti e pagati dalla società appellante, come emerge dalla fattura n. 149/2010: che dopo ci fossero altri lavori e che questi non siano stati eseguiti, ha aggiunto la corte, non modifica la situazione negoziale presupposta, “nel senso che comunque è assodato che la proprietaria ha lasciato la barca sul posto per ben due anni”; e non solo: “in due occasioni ha pure pagato un compenso riferito proprio alla sosta, non ai lavori”, come emerge dalla fatture n. 95 e 130 del 2013, per cui, in mancanza di qualsivoglia censura nell’atto d’appello sul pagamento di tali fatture, la corte ha ritenuto, in conclusione, che correttamente il tribunale aveva desunto dalle prove raccolte l’esistenza del credito azionato dalla Gruppo Faldis s.a.s..

La GE.AL.VE s.r.l., con ricorso notificato il 7/1/2020, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.

La Gruppo Faldis di T.F. & C. s.a.s. ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, avendo ritenuto che i lavori che la Gruppo Faldis dove eseguire erano stati fatti e pagati, come emerge dalla fattura n. 149 del 2010, ha riconosciuto la sussistenza del credito vantato dalla Gruppo Faldis per la sosta dell’imbarcazione presso il cantiere, senza, tuttavia, considerare che, come riconosciuto dalla stessa Gruppo Faldis, la predetta fattura riguardava i primissimi e urgenti lavori di assistenza al recupero dell’imbarcazione e non i lavori di riparazione per i quali la barca era stata lasciata presso il cantiere, trattandosi, piuttosto, come emerge dal preventivo 656/2010, dei lavori che la Gruppo Faldis doveva eseguire per consentire all’imbarcazione di tornare a navigare. D’altra parte, ha aggiunto l’opponente, le fatture n. 95 e 130 del 2013 sono proprio quelle che sono state oggetto di opposizione al decreto ingiuntivo e sono state pagate solo a seguito di esecuzione forzata con espressa riserva di ripetizione.

2. Con il secondo motivo, la società ricorrente, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione delle parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato che, successivamente al pagamento della fattura 149/2010, le parti si erano accordate per ulteriori lavori, e che, però, com’è rimasto pacifico, tali lavori, anche se preventivati, non sono stati eseguiti, per cui l’imbarcazione è rimasta presso il cantiere in attesa di essere riparata con l’esecuzione dei lavori necessari per la relativa navigazione.

3. Il primo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente, sono fondati. La corte d’appello, infatti, dopo aver evidenziato che la barca era stata consegnata per l’esecuzione di lavori e che questi lavori erano stati eseguiti e pagati dalla committente, ha, poi, ritenuto che la mancata esecuzione di ulteriori lavori eventualmente pattuiti tra le parti non fosse rilevante, a fronte del fatto, evidentemente decisivo ai fini della decisione della controversia, che la proprietaria dell’imbarcazione aveva lasciato la barca sul posto per ben due anni, tant’è che, per questa sola ragione, l’ha condannato al pagamento del compenso relativo al deposito. La corte d’appello, però, così facendo, ha omesso di esaminare, come giustamente dedotto dalla ricorrente, il fatto decisivo (la cui risultanza emerge dalla stessa sentenza) costituito dall’intervenuta pattuizione circa l’esecuzione di ulteriori lavori di riparazione dell’imbarcazione e la mancata esecuzione degli stessi per il periodo in cui l’imbarcazione è rimasta presso il cantiere dell’appellata. Questa Corte, invero, ha ritenuto che, nel contratto concluso per la riparazione di un veicolo (o, come nel caso in esame, di un’imbarcazione), che ha natura di prestazione d’opera in cui l’obbligazione di custodia ha carattere meramente accessorio e strumentale rispetto a quella principale di riparazione (Cass. n. 10956 del 2010), opera la presunzione di gratuità della custodia medesima, la quale viene meno solo nel contratto tipico di deposito (in cui la prestazione di custodia, costituisce, al contrario, l’oggetto dell’obbligazione principale), allorchè il depositario sia tale di professione, sicchè, al di fuori di questa ipotesi, il compenso per la custodia prestata può aggiungersi a quello dovuto per la prestazione principale solo in presenza di un’espressa pattuizione in tal senso (Cass. n. 17918 del 2020).

4. Con il terzo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non si è pronunciata: – sul motivo d’appello con il quale l’appellante aveva dedotto che la Gruppo Faldis non poteva chiedere il compenso per la sosta delle imbarcazioni in quanto sprovvista nelle necessarie autorizzazioni ad esercitare l’attività di rimessaggio; – sul motivo d’appello relativo alla revoca della condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

5. Il motivo è assorbito.

6. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto, in relazione ai motivi indicati, e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata, con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Venezia che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte così provvede: accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Venezia che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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