Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15720 del 28/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 28/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 28/07/2016), n.15720
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. DE STEFNO Franco – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco M. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9307 – 2015 proposto da:
N.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO
55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DOMENICO FINAMORE
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE
VERNACCHIO, giusta mandato in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 924/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del
27/05/2014, depositata il 18/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del
09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GRILLO FRANCESCO MARIA.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E stata depositata la seguente relazione.
1. N.D. convenne in giudizio F.F., davanti al Tribunale di Grosseto, chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto di riscatto agrario, in qualità di proprietario coltivatore diretto di un fondo confinante, in relazione ad un terreno che la convenuta aveva acquistato asseritamente in violazione del suo diritto di prelazione. Si costituì la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda, compensando le spese di giudizio.
2. La pronuncia è stata impugnata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 27 maggio 2014, ha respinto il gravame, confermando la pronuncia del Tribunale e condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.
3. Contro la sentenza d’appello ricorre N.D. con atto affidato a tre motivi.
Resiste F.F. con controricorso.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 376 c.p.c., art. 380 bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.
5. Il primo motivo di ricorso denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7; il secondo, nullità della sentenza in quanto non motivata; il terzo, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
5.1. Tali motivi, da trattare congiuntamente, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.
Essi si risolvono tutti, in sostanza, in una contestazione della decisione della Corte d’appello nella parte in cui essa ha affermato che il N. non aveva dato prova idonea della sussistenza del requisito fondamentale per l’esercizio del riscatto, cioè la qualità di coltivatore diretto del fondo confinante. Il ricorrente – attraverso un richiamo agli atti di causa del tutto generico e formulato in modo non rispettoso dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6; insiste nel sostenere che egli aveva dato quella prova e che la Corte d’appello non aveva correttamente valutato le risultanze istruttorie; vizio che si tradurrebbe nella nullità della sentenza per assenza di motivazione.
E evidente, invece, che in tal modo il ricorrente sollecita questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito, censurando la motivazione della sentenza con criteri non rispondenti a quelli indicati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 7 aprile 2014, n. 8053.
6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso c condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2016