Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15719 del 28/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 28/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 28/07/2016), n.15719
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. DE STEFNO Franco – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco M. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25254-2014 proposto da:
A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FONTANELLA
BORGHESE 72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO VOLTAGGIO
rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO CANNIZZARO giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE
COSTA giusta procura in calce controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1430/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del
16/09/2014, depositata il 29/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GRILLO FRANCESCO MARIA.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E’ stata depositata la seguente relazione.
1. R.A. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Palermo, A.S. e – sulla premessa di essere erede universale di V.V.L., a sua volta figlia ed erede di R.E., la quale aveva concesso in locazione un immobile all’ A. per uso di civile abitazione – intimò al convenuto lo sfratto per finita locazione per la data del 3 maggio 2012.
Si costituì in giudizio il convenuto, contestando la qualità di erede dell’attore e ponendo altre eccezioni in rito finalizzate al rigetto della domanda.
Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò cessato il contratto di locazione alla data di cui sopra e ordinò al convenuto il rilascio dell’immobile.
2. La pronuncia è stata appellata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 29 settembre 2014, ha rigettato il gravame, confermando la pronuncia di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo propone ricorso A.S. con atto affidato a due motivi.
Resiste R.A. con controricorso.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 376 c.p.c., art. 380 bis c.p.c., in quanto infondato.
5. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., sul rilievo che il R. non avrebbe provato la sua qualità di erede della V., non potendo considerarsi idonea al riguardo la denuncia di successione.
5.1. Il motivo non è fondato.
La Corte d’appello, richiamando correttamente la sentenza 29 maggio 2014, n. 12065, delle Sezioni Unite di questa Corte, ha rilevato da un lato che non si trattava, nella specie, di una successione nel processo e, dall’altra, che l’attore aveva prodotto una dichiarazione di successione attestante anche la sua qualità di coniuge della defunta V..
Occorre rilevare che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, e quindi anche il comodatario, il quale ne ha la detenzione qualificata, può, salvo che non vi ostino specifiche previsioni pattizie, concedere il bene in locazione o costituirvi altro rapporto obbligatorio, ed è, in conseguenza, legittimato a richiederne la restituzione allorchè il rapporto giunga a compimento (sentenze 31 maggio 2010, n. 13204, e 5 settembre 2013, n. 20371). Colui il quale agisce per la restituzione di un bene locato non è tenuto, quindi, a dimostrare di esserne il proprietario, attesa la natura non petitoria del giudizio in questione; il che comporta l’evidente infondatezza della censura.
6. Col secondo motivo di ricorso si lamenta difetto di motivazione e motivazione contraddittoria e insufficiente, oltre ad omessa pronuncia sulla prescrizione del diritto di accettare l’eredità.
6.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Inammissibile è la censura di vizio di motivazione, trattandosi di una sentenza soggetta ratione tempris al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche perchè la doglianza ripropone in questa sede questioni già affrontate e risolte in sede di merito.
Infondata è, invece, la censura di omessa pronuncia, perchè la Corte palermitana ha spiegato le ragioni per le quali il diritto di accettazione dell’eredità da parte della V. nei confronti della madre R. non poteva considerarsi prescritto, sicchè non è ravvisabile la lamentata omissione.
7. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2016