Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15718 del 23/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 23/07/2020), n.15718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13269/2014 R.G. proposto da:

DELTA PROJETEC S.r.l., C.F. (OMISSIS), con sede in Desenzano, rapp.ta

e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dagli Avv.ti Alberto

Luppi del Foro di Brescia e Guido Romanelli del Foro di Roma,

elett.te dom.ta presso lo studio del secondo in Roma, Via Pacuvio n.

34;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA delle ENTRATE, C.F. (OMISSIS), rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia Sez. Staccata di Brescia n. 248/66/13, depositata il 16

dicembre 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2019 dal Cons. Luigi Nocella.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.r.l. Delta Projetec proponeva innanzi alla CTP di Brescia ricorso avverso l’avviso di accertamento N. (OMISSIS), notificato il 17.11.2010, con il quale l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Lonato, recuperava a tassazione per l’esercizio 2005 maggiori imponibili ai fini IRES, IVA ed IRAP, contestando la sottofatturazione di alcune operazioni di vendite di immobili effettuate a favore di privati che avevano erogato parte del prezzo con mezzi anomali, per come descritti dagli acquirenti verbalizzati dalla G.d.F. ed indicati con riferimento ad indagini bancarie eseguite sui conti correnti dei medesimi.

La Società deduceva violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 4lbis, carenza delle prove presuntive dedotte nell’avviso, difetto della motivazione di questo, siccome articolata per mera relazione ad atti esterni, contraddittorietà manifesta della motivazione medesima.

La CTP adita, con sentenza n. 136/03/2011, accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso, ritenendo che le dichiarazioni degli acquirenti integravano mere presunzioni semplici non confortate da ulteriori indizi e che per le movimentazioni di denaro sospette non era emersa prova della loro effettiva destinazione alla sfera giuridico-patrimoniale della Società.

Su appello dell’Agenzia, la CTR della Lombardia – Sez. Staccata di Brescia ha pronunciato la sentenza oggetto della presente impugnazione, con la quale, in totale riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto il ricorso della Società, confermando l’avviso impugnato, condannandola alla rifusione delle spese di lite anche d’appello.

In particolare la CTR ha ravvisato l’utilizzabilità come fonte di prova, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 4 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 8bis, delle dichiarazioni di terzi documentate dai funzionari o militari che procedono alle verifiche. fiscali; ed ha ritenuto che le stesse, valutate nell’insieme degli altri elementi acquisiti dai verificatori costituiscono “un unicum di presunzioni caratterizzate dalla gravità” precisione e concordanza che legittimano un accertamento di tipo induttivo se si considera che nel campo delle compravendite immobiliari la sotto fatturazione è una regola costante in quanto esiste la complicità delle parti…” che se ne avvantaggiano entrambe. Dopo aver quindi proceduto all’analisi delle dichiarazioni rese dai pretesi acquirenti degli immobili oggetto di rettifica per affermarne la valenza indiziante, evidenzia come non abbia senso invocare la pretesa regolarità delle scritture contabili in relazione ad operazioni contestate come regolate “in nero” e l’esistenza di altre vendite di immobili identici ai medesimi prezzi, essendo su questi mancato il controllo della G.d.F..

La Delta Projetec ricorre per la cassazione di tale sentenza, con atto notificato a mezzo posta 16.05.2014, fondato su tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha notificato con atto spedito il 19 giugno controricorso, concludendo per il rigetto del ricorso.

Nella camera di consiglio del 12.11.2019, all’esito della relazione del cons. Nocella, la Corte ha deciso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la Società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 112 c.p.c.: la CTR avrebbe del tutto ignorato l’eccezione preliminare sollevata nelle controdeduzioni in appello, con la quale era stata dedotta l’inammissibilità dell’appello siccome sottoscritto “dal capo area legale” dell’Agenzia delle Entrate di Brescia, a suo dire privo di potere rappresentativo della Direzione Prov.le e di delega da parte del Direttore Provinciale, conseguendone la nullità dell’intero giudizio di gravame. Parimenti rileva che ai sensi del medesimo parametro di ammissibilità dovrebbe essere dichiarata nulla la sentenza per avere la CTP omesso di esaminare il terzo motivo dell’originaria impugnazione dell’avviso, concernente il rilievo della nullità della motivazione per relationem.

Con il secondo motivo la Delta Projetec denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 115 e 116 c.p.c. ed omesso esame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di un fatto decisivo e controverso in giudizio: invero la formazione del convincimento della CTR sarebbe stato fuorviato dall’esame di dichiarazioni rese alla G.d.F. dai sigg.ri T., P. e C., acquirenti di immobili pure venduti dalla Società ed oggetto di verifica, ma in esercizio (2004) diverso da quello (2005) oggetto dell’accertamento oggi controverso; e tale erronea disamina delle prove inciderebbe sulla validità della sentenza impugnata sia perchè il giudizio sarebbe stato fondato su prove estranee al processo (in violazione dell’obbligo di giudicare iuxta alligata et probata partium), sia sulla logicità e coerenza della motivazione, del tutto scoordinata rispetto alle risultanze processuali.

Infine con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, un vizio di omesso esame di un fatto decisivo e controverso, per l’illogicità e contradditorietà della ratio decidendi, difettando qualsiasi modaltà di individuazione delle fonti indiziarie (quali documenti bancari, dichiarazioni degli acquirenti, quali importi dei mutui stipulati dagli acquirenti ecc.) dalle quali si sono tratte le conclusioni di infondatezza del ricorso originario. In particolare si evidenzia come le dichiarazioni siano state assunte senza contraddittorio e siano riportate per sintesi degli operanti, senza alcuna produzione dei questionari sottoposti agli “intervistati”, e talvolta non siano rese dai diretti interessati; mentre non sussiste alcuna indagine sulle vicende di circolazione degli assegni nè coerenza tra importi degli assegni e somme che si assumono trasferite “in nero”; nè sulle caratteristiche dei prelievi sospetti, tenuto conto che i titolari erano soliti effettuare consistenti movimentazioni di denaro, anche contante.

Tutti i motivi sono infondati.

Quanto al primo, deve rilevarsi che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, attribuisce la qualità di parte all’Agenzia delle Entrate ed alle sue articolazioni territoriali, e l’art. 11 stabilisce che l’Ufficio nei cui confronti è impugnato l’atto impositivo “sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata”, senza indicare l’organo che rappresenta l’Agenzia, l’individuazione del quale va effettuata in base al regolamento di amministrazione n. 4 del 2000, che prevede la rappresentanza in capo al Direttore o a persona dallo stesso delegata; tuttavia, essendo la delega un atto organizzativo interno alla strutti ra amministrativa, non è necessario che la stessa sia esibita in giudizio, salvo che non sia eccepita la non appartenenza del soggetto firmatario degli atti processuali all’Ufficio che deve partecipare al giudizio (in tal senso cfr. da ultimo Cass. sez. V 30.10.21918 n. 27570; Cass. sez. VI-V decreto 26.07.2016 n. 15470; Cass. sez. V 3.10.2014 n. 20911). Peraltro va rilevato che presso le Direzioni Prov.li l’Ufficio legale tratta, per espressa attribuzione del menzionato Regolamento, art. 5, comma 3, tutto il contenzioso facente capo all’Ufficio; e successivamente il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emesso il decreto n. 36122 del 2011 con il quale, dettando disposizioni sull’organizzazione degli uffici periferici, ha specificato che nelle Direzioni Regionali all’Ufficio del contenzioso è attribuita la rappresentanza della Direzione Regionale innanzi alle Commissioni Tributarie Regionali anche in sostituzione degli uffici periferici provinciali.

Quanto al secondo motivo, premesso che parte ricorrente non deduce alcuna violazione neppure astrattamente riconducibile all’art. 116 c.p.c., va rilevato che la censura relativa al non corretto o pertinente richiamo alle dichiarazioni rese, in sede di accertamenti ispettivi, dai sigg.ri T., P. e C., ritenute estranee alle violazioni per l’esercizio 2005 siccome relative a vendite effettuate nel 2004, non è ammissibile, essendo la violazione dell’art. 115 c.p.c. deducibile esclusivamente in relazione ad omessa valutazione di circostanze ritenute dalla parte decisive ovvero ad ipotesi di utilizzo di fatti erroneamente ritenuti notori o della scienza personale (cfr. Cass. sez. I ord. 28.02.2018 n. 4099; Cass. VI-L ord. 27.12.2016 n. 27000). Il richiamo a dichiarazioni relative ad eventi ritenuti dalla parte estranei al thema probandum e decidendum integra, per come prospettato, un errore di valutazione del giudice non sindacabile in Cassazione (Cass. sez.III 12.04.2017 n. 9356), soprattutto qualora, come nel caso di specie, le dichiarazioni stesse siano state valutate in un complessivo contesto indiziario composto da unii molteplicità di dati indiziari esplicitamente menzionati dalla CTR.: basti pensare alla “copiosa documentazione bancaria”, alla prassi della sottofatturazione, ritenuta una “costante” nel capo delle vendite immobiliari, il diretto riferimento alla valenza significativa degli allegati 9-10 al PVC, la esplicita svalutazione di un’altra vendita pressochè coeva indicata dalla ricorrente a comparazione dei valori unitari, tutti elementi ritenuti contribuire a delineare “un quadro indiziario…in relazione alle operazioni di sottofatturazione provate con documenti esibiti dagli acquirenti…”, rispetto al quale non è dato neppure apprezzare la decisività dell’unico elemento addotto dalla parte ricorrente quale oggetto dell’ipotizzata omessa valutazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c..

Anche il terzo motivo si appalesa, anche ad un superficiale esame che vada appena oltre la lettura della sua rubrica, come un motivo articolato nella struttura tipica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione vigente prima dell’entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del D.L. n. 83 del 2012, laddove al presente ricorso, proposto avverso sentenza pubblicata il 16.12.2013, è applicabile la formulazione attualmente vigente. Invero il motivo contiene denuncia di difetti di omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione circa “punti” decisivi della controversia, in particolare circa la valutazione delle fonti probatorie, dedotti ed esaminati secondo parametri di rilevanza/irrilevanza, senza che dall’analisi dei fatti o degli elementi presuntivi considerati sia fatta emergere l’indicazione di “fatti” decisivi dei quali sia stato omesso l’esame da parte della CTR (sulla distinzione tra punto e fatto decisivo cfr., tra le molte, Cass. Sez. I 8.09.2016 n. 17761; Cass. Sez. V 5.12.2014 n. 25761).

Essendo il primo motivo infondato e gli altri inammissibili, il ricorso deve essere respinto; conseguentemente la ricorrente deve essere condannata alla integrale rifusione delle spese di questo giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

Trattandosi di ricorso avverso sentenza pubblicata dopo l’11.09.2012, deve farsi luogo all’accertamento, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’obbligo di integrazione del CUT.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Società ricorrente al rimborso in favore dell’Agenzia delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ai sensi dello stesso art. 13, ex comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020

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