Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15717 del 11/06/2019

Cassazione civile sez. I, 11/06/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 11/06/2019), n.15717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28345/2014 proposto da:

Riscossione Sicilia S.p.a., già SERIT Sicilia S.p.a., Agente della

Riscossione per la Provincia di Palermo, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

G. P. da Palestrina n. 19, presso lo studio dell’Avv. Di Stefani

Stefania, rappresentata e difesa dall’Avv. Gallo Accursio, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore,

Avv. G.M., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Troja, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5143/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 28/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/04/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato il 28 ottobre 2014 il Tribunale di Palermo ha rigettato l’opposizione L. Fall., ex art. 98, proposta da Riscossione Sicilia s.p.a. avverso il decreto emesso in data 1 febbraio 2013 con cui il G.D. dello stesso Tribunale aveva ammesso solo parzialmente la domanda presentata dalla società opponente per l’importo di Euro 599.855,88 in via privilegiata ed Euro 253.057 in chirografo, ritenendo le somme residue non dovute, prescritte o non documentate.

Il Tribunale di Palermo ha argomentato il rigetto dell’insinuazione dell’importo di Euro 27.417,39, richiesto in forza di cartelle esattoriali riguardanti crediti per IVA, interessi IVA e sanzioni pecuniarie, in virtù dell’intervenuto decorso del termine decennale di prescrizione, addivenendo alla medesima conclusione con riguardo alle cartelle per un importo complessivo di Euro 313.197,13, riguardanti crediti per IVA, ILOR, IRPEG. e relativi interessi e sanzioni pecuniarie, evidenziando, in ordine a quest’ultimo gruppo, che gli avvisi di intimazione prodotti non erano idonei a costituire in mora il debitore.

Veniva, altresì, rigettata l’insinuazione in via privilegiata degli interessi IVA sul rilievo dell’impossibilità di scorporare i soli importi per i quali poteva riconoscersi tale privilegio nel biennio previsto dall’art. 2749 c.c..

Infine, veniva rigettato il motivo di opposizione relativo ai diritti di tabella e rimborso spese, richiesti in virtù del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 6 e D.M. n. 1160 del 2000, sul rilievo che tali norme erano inapplicabili alle procedure concorsuali, ma solo a quelle individuali.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione Riscossione Sicilia s.p.a.. La Curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. si è costituita in giudizio con controricorso, depositando, altresì, la memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo Riscossione Sicilia s.p.a. ha dedotto la violazione o falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 1219,2946 e 2953 c.c., L. n. 333 del 1995, art. 3, comma 9 e D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19.

Rileva, in primo luogo, la ricorrente che, con riferimento alle cartelle di pagamento emesse per crediti contributivi per un importo complessivo di Euro 117.883,46, non essendo le stesse cartelle di pagamento state impugnate nei termini di legge ed essendo ormai divenuta intangibile la pretesa dell’Ente, trova applicazione il termine decennale dell’actio iudicati di cui all’art. 2953 c.c., nel caso di specie, non ancora decorso.

In ordine ai crediti di alle cartelle emesse per tributi erariali (IRPEF; ILOR, IVA) per l’importo di Euro 313.197,13, espone la ricorrente che trova applicazione l’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c., essendo, peraltro, gli avvisi di intimazione notificati idonei a costituire in mora il debitore.

Infine, evidenzia la ricorrente che tutte le questioni relative alla prescrizione di un credito tributario appartengono alla giurisdizione del giudice tributario.

2. Il motivo è fondato per l’ultimo profilo sollevato dalla ricorrente.

Va osservato che, recentemente, il Supremo Collegio di questa Corte ha statuito che, ove, in sede di ammissione al passivo fallimentare, sia eccepita dal curatore la prescrizione del credito tributario successivamente alla notifica della cartella di pagamento, viene in considerazione un fatto estintivo dell’obbligazione e, poichè trattasi di questione riguardante l'”an” ed il “quantum” del tributo, la giurisdizione sulla relativa controversia spetta al giudice tributario. Ne consegue che il giudice delegato deve ammettere il credito in oggetto con riserva, anche in assenza di una richiesta di parte in tal senso. (Sez. U -, Sentenza n. 14648 del 13/06/2017, Rv. 644572 – 01).

Nel caso di specie, il giudice di merito ha erroneamente ritenuto la propria giurisdizione, in ordine all’eccezione di prescrizione del credito tributario, sull’erroneo rilievo che con la notifica della cartella di pagamento fossero stati posti in essere atti di esecuzione tributaria (la cui cognizione è demandata al giudice ordinario). In realtà, come espressamente affermato dalle Sezioni Unite, deve escludersi che il sollecito di pagamento inviato al contribuente appartenga agli atti dell’esecuzione forzata, potendosi assimilare invece all’avviso di mora di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, che è impugnabile davanti alle commissioni tributarie.

L’accoglimento del motivo, sotto il profilo del difetto di giurisdizione, determina l’assorbimento delle altre censure svolte.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione alla L. Fall., art. 55 e art. 2749 c.c..

Lamenta la ricorrente che, a prescindere dal rilievo che lo scorporo degli interessi maturati nel biennio avrebbe potuto essere effettuato a mezzo di apposita CTU, in ogni caso per i crediti tributari, essendo assistiti da privilegio, non opera la sospensione del corso degli interessi prevista dalla L. Fall., art. 55.

4. Il motivo è assorbito dal già rilevato difetto di giurisdizione.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 337 del 1998, art. 1, lett. e), D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 6 e all’art. 14 preleggi.

Lamenta la ricorrente che le somme richieste per rimborso spese e diritti di tabella possono essere fondatamente insinuate al passivo, essendo il D.Lgs. n. 122 del 1999, applicabile anche alle procedure concorsuali.

6. Il motivo è fondato.

Va osservato che questa Corte ha già statuito che le spese d’insinuazione al passivo sostenute dall’Agente della riscossione (cd. diritti di insinuazione) rappresentano i costi normativamente forfetizzati di una funzione pubblicistica e, in quanto previste da una disposizione speciale equiordinata rispetto al principio legislativo di eguaglianza sostanziale e di pari accesso al concorso di tutti i creditori di cui alla L. Fall., artt. 51 e 52, hanno natura concorsuale e vanno ammesse al passivo fallimentare in ragione di un’applicazione estensiva del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, che prevede la rimborsabilità delle spese relative alle procedure esecutive individuali. D’altra parte, un trattamento differenziato delle due voci di spesa risulterebbe ingiustificato, potendo la procedura concorsuale fondatamente ritenersi un’esecuzione di carattere generale sull’intero patrimonio del debitore.

Peraltro, il credito per le spese di insinuazione va comunque riconosciuto in via chirografaria e non privilegiata, dovendo escludersi l’inerenza delle stesse al tributo riscosso (Sez. 1, Sentenza n. 25802 del 22/12/2015, Rv. 637874 – 01).

Deve quindi cassarsi il decreto impugnato per i motivi sopra accolti e deve disporsi il rinvio al Tribunale di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il terzo motivo, assorbito il secondo, e, per l’effetto, cassa il decreto impugnato per i motivi accolti e rinvia al Tribunale di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA