Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15716 del 02/07/2010

Cassazione civile sez. III, 02/07/2010, (ud. 18/05/2010, dep. 02/07/2010), n.15716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO – INAIL, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliato in Roma, Via IV Novembre n. 144, presso lo studio degli

avv.ti Tarantino Cristofaro e Andrea Rossi giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.N.S., domiciliato in Campobasso, presso la

Cancelleria della Corte d’Appello;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso n. 141/05 in

data 27 aprile 2005, pubblicata il 16 maggio 2005;

Udita la relazione del Consigliere dott. URBAN Giancarlo;

udito l’avv. Andrea Rossi;

udito il P.M. in persona del Cons. DE NUNZIO Wladimiro che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 16 ottobre 1991, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul Lavoro – I.N.A.I.L. esponeva che il (OMISSIS) l’agricoltore I.F., mentre col gregge attraversava da sinistra a destra la statale (OMISSIS), era stato investito dall’autovettura Mini Minor tg. (OMISSIS) riportando lesioni gravissime che ne determinarono il decesso tre giorni dopo. Deduceva che P.N.S., conducente l’autovettura, con sentenza divenuta irrevocabile il 29 gennaio 1991, era stato riconosciuto colpevole del delitto di omicidio colposo in danno dello I., cui era stato attribuito un concorso di colpa del 25%. Aggiungeva che il costo delle prestazioni erogate ammontava a L. 17.804.960 già detratta la somma di L. 14.978.931, corrispondente al massimale assicurato, versato dalla S.A.l. ad esso Istituto nelle more del giudizio penale.

Premesso quanto sopra, l’I.N.A.I.L. conveniva in giudizio il P. e, invocando la norma di cui all’art. 1916 c.c., ne chiedeva la condanna al pagamento di L. 178.604.960 oltre rivalutazione ed interessi.

Con sentenza 25 febbraio 2004 il Tribunale d’Isernia rigettava la domanda ritenendo che il direttore di sede non fosse legittimato a promuovere la lite.

La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza del 16 maggio 2005 in parziale accoglimento dell’appello proposto da I.N.A.I.L. dichiarava la legitimatio ad processum del direttore della sede di (OMISSIS) dell’Istituto e rigettava nel merito la domanda proposta in quanto non provata.

Propone ricorso per cassazione l’I.N.A.I.L. con unico motivo.

L’intimato P.N.S. non ha svolto difese.

L’INAIL ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1916, 2697 c.c., dell’art. 112 c.p.c. avendo la Corte di Appello erroneamente ritenuto che spettasse all’INAIL l’onere della prova dell’entità del danno patrimoniale risarcibile in favore degli eredi della vittima dell’infortunio.

La giurisprudenza assolutamente pacifica di questa Corte (ampiamente citata anche nelle memorie dell’Istituto ricorrente) ritiene che “In tema di prova della congruità della indennità corrisposta dall’INAIL al lavoratore nel giudizio di regresso intentato nei confronti del datore di lavoro, poichè l’Istituto svolge la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi, tali atti, come attestati dal direttore della sede erogatrice, sono assistiti dalla presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi, che può venir meno solo di fronte a contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio da cui l’atto in considerazione sarebbe affetto e offrano contestualmente di provarne il fondamento; pertanto, in difetto di contestazioni specifiche, deve ritenersi che la liquidazione delle prestazioni sia avvenuta nel rispetto dei criteri enunciati dalla legge, e che il credito relativo alle prestazioni erogate sia esattamente indicato in sede di regresso sulla base della certificazione del direttore della sede, (tra le tante: Cass. 1 dicembre 1999 n. 13377; Cass. 14 aprile 2003 n. 5909; Cass. 15 ottobre 2007 n. 21540).

La sentenza impugnata, non avendo correttamente applicato il principio sopra indicato, merita quindi di essere cassata con rinvio, le spese del presente giudizio di cassazione saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Campobasso in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2010

 

 

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