Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15715 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/06/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37922 – 2019 R.G. proposto da:

R.S. – c.f. (OMISSIS) – (in qualità di titolare della

ditta individuale “Vivai Ricciotti”), rappresentato e difeso in

virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso

dall’avvocato Trecca Leonardo ed elettivamente domiciliato in Roma,

alla via G. Mazzini, n. 11, presso lo studio dell’avvocato Attianese

Simone;

– ricorrente –

contro

F.V. – (in qualità di titolare della ditta individuale

“Piante F. di F.V.”) – p.i.v.a. 00634770879 –

elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in

Acireale, al corso Umberto, n. 166, presso lo studio dell’avvocato

Bertazzi Carlo Grassi che lo rappresenta e difende in virtù di

procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 993/2019;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 gennaio

2021 dal consigliere Dott. Abete Luigi.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con decreto n. 36/2011 il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Giarre, ingiungeva a R.S., titolare della ditta individuale “Vivai R.”, di pagare al ricorrente, F.V., titolare della ditta individuale “Piante F. di F.V.”, la somma di Euro 113.056,18, oltre interessi e spese, quale residuo corrispettivo rimasto insoluto per la vendita di piante ornamentali.

2. R.S. proponeva opposizione.

Deduceva che la merce acquistata presentava vizi ed irregolarità e che a nulla erano valse le contestazioni debitamente sollevate.

Instava per la revoca dell’ingiunzione.

3. Si costituiva F.V..

Eccepiva che nessuna contestazione era stata ex adverso sollevata e che la merce venduta era in regola con la normativa nazionale e comunitaria. Invocava il rigetto dell’opposizione.

4. Nel corso istruttorio si faceva luogo all’audizione dei testi addotti da parte opposta; indi, con sentenza n. 563/2015, il tribunale rigettava l’opposizione e condannava l’opponente alle spese di lite.

5. Proponeva appello R.S..

Resisteva F.V..

6. Con sentenza n. 993/2019 la Corte d’Appello di Catania rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.

Evidenziava la corte che gli esiti istruttori non davano conto dell’avvenuta tempestiva denuncia dei vizi asseritamente inficianti la merce venduta.

Evidenziava poi che la consulenza tecnica invocata già in prime cure dall’appellante avrebbe avuto senz’altro finalità “esplorativa”.

7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso R.S.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

F.V. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

8. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza di ambedue i motivi di ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

9. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Deduce che la corte di merito non ha tenuto conto “di tutti gli elementi di prova portati (…) a sostegno della propria domanda” (così ricorso, pag. 8).

Deduce segnatamente che la corte distrettuale non ha tenuto conto dell’autenticità del documento inviato a mezzo fax nè “ha ritenuto di attribuire rilievo primario al verbale di accertamento della Regione Puglia” (così ricorso, pag. 10), verbale erroneamente “svilito” di fronte alle dichiarazioni rese da F.V. in sede di interrogatorio formale.

10. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione di norme di diritto.

Deduce che ha errato la corte territoriale a non dar seguito alla sua richiesta, ritualmente formulata in prime cure, di delega ai fini dell’assunzione della prova.

Deduce che la corte siciliana avrebbe dovuto senz’altro far luogo alla delega ai fini dell’assunzione della prova in considerazione delle difficoltà di spostamento dei testimoni residenti extra districtum.

11. Va debitamente premesso che, nonostante la rituale notificazione del decreto presidenziale e della proposta del relatore, le parti, segnatamente il ricorrente, non hanno provveduto al deposito di memorie ex art. 380-bis c.p.c., comma 2.

12. In ogni caso, pur al di là del rilievo testè riferito, il collegio appieno condivide la proposta, che ben può essere reiterata in questa sede.

13. I motivi di ricorso dunque vanno senz’altro respinti.

14. Con riferimento al primo motivo di ricorso il ricorrente evidentemente censura il giudizio “di fatto” cui la corte catanese ha atteso.

In questi termini, nel segno della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nei limiti di cui alla pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si rappresenta quanto segue.

Per un verso, nessuna delle ipotesi di “anomalia motivazionale” rilevanti alla luce della summenzionata pronuncia delle sezioni unite – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte etnea ha ancorato il suo dictum.

Tra l’altro la corte ha chiarito (cfr. pag. 4) che non vi era alcun riscontro che le piante di agrumi ammalate e prive del documento di commercializzazione, di cui era menzione nel verbale in data 7.5.2009 redatto dai funzionari della Regione Puglia nel corso di un’ispezione eseguita presso il vivaio dell’appellante, coincidessero con le piante all’appellante vendute dall’appellato, sì che potesse ritenersi che F.V. fosse stato in ogni caso reso edotto dei vizi.

Per altro verso, la corte di appello ha sicuramente disaminato il fatto storico caratterizzante la res litigiosa ovvero la pretesa sussistenza di vizi e difformità nelle piante ornamentali oggetto della compravendita intercorsa tra le parti.

Per altro verso ancora, il ricorrente, in fondo, censura l’asserita omessa ed erronea valutazione delle risultanze di causa (la corte di merito è incorsa “in errore rispetto alla corretta valutazione e assunzione degli elementi probatori”: così ricorso, pag. 8; “il verbale in questione è stato ritenuto, di fatto, troppo generico (…)”: così ricorso, pag. 10).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

15. Con riferimento al secondo motivo di ricorso va ovviamente, in premessa, reiterato l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale, in tema di assunzione di mezzi di prova fuori della circoscrizione del tribunale, l’art. 203 c.p.c. riserva alla valutazione discrezionale del giudice (fondata su considerazioni relative al miglior reperimento della prova, o a ragioni di economia e speditezza) la decisione in ordine all’assunzione diretta o per delega della prova, e perciò il giudice, anche in caso di espressa richiesta di parte, ha la facoltà e non l’obbligo di disporre l’assunzione per delega di alcuni mezzi di prova (cfr. Cass. sez. lav. 10.11.1998, n. 11334; Cass. 30.5.2005, n. 11394).

16. Su tale scorta si evidenzia che la corte distrettuale ha non solo specificato che i testi indicati dell’appellante non erano comparsi alle plurime udienze all’uopo fissate (cfr. pag. 4), ma ha soggiunto che R.S. non aveva allegato alcuna esigenza atta a giustificare, ai sensi dell’art. 203 c.p.c., la delega ai fini dell’assunzione della prova (cfr. pag. 4).

Evidentemente, in questi termini il secondo mezzo di impugnazione non reca puntuale censura della ratio in parte qua decidendi, siccome non contesta puntualmente l’affermato difetto di allegazione (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia impugnata; Cass. 17.7.2007, n. 15952).

In ogni caso, il ricorrente si è limitato del tutto genericamente, sic et simpliciter, a prospettare che la corte avrebbe dovuto far luogo alla delega in considerazione della difficoltà degli spostamenti tra Foggia e Catania e dei significativi esborsi economici che lo spostamento dall’una all’altra città avrebbe imposto (cfr. ricorso, pag. 4).

17. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

18. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1- bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, R.S., a rimborsare al controricorrente, F.V., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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