Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15711 del 04/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/06/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 04/06/2021), n.15711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20550 – 2019 R.G. proposto da:

FASTWEB s.p.a. – p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona dei procuratori

speciali V.F. e S.S. giusta procura per notar

T. del 29 maggio 2019, elettivamente domiciliata in Roma,

alla via Po, n. 25/b, presso lo studio dell’avvocato Andrea Mordà e

dell’avvocato Francesco Giammaria che la rappresentano e difendono

in virtù di procura speciale a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

EMMEPIENNE COMUNICATIONS s.r.l. – c.f./p.i.v.a. (OMISSIS) – in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Palermo, alla

via Mariano Stabile, n. 118/B, presso lo studio dell’avvocato

Salvatore Galioto che la rappresenta e difende in virtù di procura

speciale su foglio allegato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2062/2019;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 gennaio

2021 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto ritualmente notificato la “Emmepienne Comunications” s.r.l. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Milano la “Fastweb” s.p.a..

Esponeva che in data 1.4.2008 aveva stipulato con la “Fastweb” un contratto di agenzia a tempo indeterminato per la promozione di servizi di telecomunicazione a banda larga in forza del quale essa attrice si impegnava a procacciare clientela per la convenuta.

Esponeva che con raccomandata del 15.2.2015 la “Fastweb” le aveva intimato recesso per giusta causa; che all’uopo aveva assunto che essa attrice non aveva rispettato le procedure concernenti l’acquisizione dei dati relativi alla clientela.

Chiedeva, previo accertamento dell’insussistenza della giusta causa di recesso, che la convenuta s.p.a. fosse condannata a pagarle l’indennità di mancato preavviso, l’indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 c.c., i compensi maturati e non corrisposti ed, in subordine, l’indennità suppletiva di clientela.

2. Si costituiva la “Fastweb” s.p.a..

Chiedeva rigettarsi le avverse domande ed, in riconvenzionale, condannarsi l’attrice al pagamento dell’importo di Euro 8.964,26, quale differenza a suo favore per provvigioni pagate in eccedenza.

3. Assunta la prova per testimoni, espletata la consulenza tecnica contabile, con sentenza n. 379/2018 l’adito tribunale, ritenuta insussistente la giusta causa di recesso in difetto di prova della gravità degli inadempimenti ascritti alla s.r.l. attrice, condannava la s.p.a. convenuta a pagare alla medesima attrice la somma di Euro 62.497,50 a titolo di indennità di mancato preavviso, la somma di Euro 192.788,50 a titolo di indennità di fine rapporto, la somma di Euro 10.471,56 a titolo di provvigioni non riscosse; reputava assorbita la domanda subordinata della “Emmepienne Comunications”, rigettava la domanda riconvenzionale della “Fastweb”.

4. La “Fastweb” s.p.a. proponeva appello.

Resisteva la “Emmepienne Comunications” s.r.l..

5. Con sentenza n. 2062/2019 la Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado con distrazione.

6. Avverso tale sentenza la “Fastweb” s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente provvedimento.

La “Emmepienne Comunications” s.r.l. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.

7. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza dei motivi di ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

8. La ricorrente ha depositato memoria.

9. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 61 e 115 c.p.c..

Deduce che ha errato la corte d’appello a non disporre la c.t.u. richiesta già in prime cure con la memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, viepiù che la corte ha affermato che difettasse la prova dei fatti allegati.

Deduce che del resto la c.t.u. costituisce l’unica modalità idonea al riscontro delle condotte gravemente inadempienti ascritte a controparte.

Deduce al contempo che la corte di merito per nulla si è pronunciata in ordine alla invocata consulenza nè ha esplicitato le ragioni per le quali non ha inteso far luogo alla c.t.u.

10. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1751 c.c..

Deduce che la corte distrettuale ha riconosciuto, per giunta nella misura massima, l’indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 c.c. in assenza dei presupposti a tal fine necessari.

Deduce segnatamente che la corte territoriale avrebbe dovuto tener conto del rapporto “causa – effetto” tra la condotta dell’agente che ha aggirato i sistemi di controllo preventivo e l’elevata percentuale di pagamenti insoluti a carico dei clienti procacciati dalla “Emmepienne Comunications”.

11. Si premette che il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede.

Ciò viepiù che la ricorrente, a seguito della notificazione del decreto presidenziale e della proposta, ha, sì, provveduto al deposito di memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

E nondimeno le argomentazioni di cui alla memoria non possono che esser disattese.

Ambedue i motivi di ricorso, pertanto, vanno senz’altro respinti.

12. Si osserva, con precipuo riferimento al primo motivo di ricorso, che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (cfr. Cass. 5.7.2007, n. 15219; Cass. 21.4.2010, n. 9461; Cass. 6.5.2002, n. 6479; più di recente cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 24.1.2019, n. 2103, secondo cui, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice; l’esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici; peraltro, il provvedimento con cui il giudice dispone la rinnovazione delle indagini non priva di efficacia l’attività espletata dal consulente sostituito).

13. Su tale scorta del tutto ingiustificato è l’assunto della ricorrente secondo cui, in ordine alla richiesta c.t.u. “tecnico – informatica”, l’impugnata sentenza “non ha speso una sola parola” (così ricorso, pag. 8).

Invero la corte d’appello ha esplicitato che non era stata acquisita alcuna prova dell’asserito inserimento doloso da parte dell’appellata di “codici fiscali errati nel sistema Fastweb, volti a eludere il sistema di credit – check ” (così sentenza d’appello, pag. 6).

La Corte di Milano, in particolare, ha puntualizzato che non deponevano nei termini assunti dall’appellante nè i documenti allegati alla comunicazione di recesso (“contenenti un elenco di quindici nominativi di codici fiscali, che, seppur risultati inesistenti, non sono risultati il frutto di una manomissione da parte dell’agente”: così sentenza d’appello, pag. 6) nè le dichiarazioni rese dal teste C. (che “valgono a dimostrare solamente (…) l’errato inserimento dei codici fiscali della clientela “Residential”, ma non offrono adeguato supporto probatorio in ordine all’accertamento dell’asserita condotta dolosa da parte dell’agente”: così sentenza d’appello, pag. 6) nè i rilievi del c.t.u. (che non “valgono a dimostrare la condotta dolosa imputata all’agente da Fastweb, ma, piuttosto, la mancanza di controllo da parte di quest’ultima”: così sentenza d’appello, pag. 7).

Alla stregua dei surriferiti complessivi rilievi la corte milanese ha reputato quindi che correttamente il tribunale aveva disconosciuto la sussistenza della giusta causa di recesso e ricondotto l’asserito inadempimento dell’originaria attrice ad una mera irregolarità.

Alla stregua dei surriferiti complessivi rilievi la corte milanese ha dato conto, quindi, implicitamente, della mancata nomina di un consulente tecnico – informatico.

In questo quadro pertanto per nulla si giustifica la prospettazione della ricorrente secondo cui “dal mancato raggiungimento della prova in ordine alla sussistenza di una condotta dolosa dell’agente non è desumibile (…) alcuna motivazione di diniego della c.t.u.” (così memoria della ricorrente, pag. 3).

14. Si osserva, con precipuo riferimento al secondo motivo di ricorso, che, nonostante la testuale formulazione della rubrica, il mezzo de quo è finalizzato a censurare, sub specie di vizio della motivazione (cfr. ricorso, pag. 13), la valutazione di merito sulla cui scorta la corte lombarda ha riconosciuto nella misura massima l’indennità ex art. 1751 c.c. (cfr. ricorso, pag. 12).

Il motivo dunque si qualifica in rapporto alla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, comma 1, (d’altronde, è il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia: cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).

15. Su tale scorta non può che rappresentarsi quanto segue.

Innanzitutto, il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2018.

Altresì, la statuizione di seconde cure ha integralmente confermato la statuizione di prime cure.

Conseguentemente si applica ratione temporis al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860. In ipotesi di “doppia conforme” ex art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse: cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774).

16. In ogni caso si rappresenta ulteriormente quanto segue.

Per un verso, è da escludere che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” rilevanti alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte d’appello ha, in parte qua, ancorato il suo dictum.

In particolare la corte di merito ha puntualizzato che il consulente d’ufficio aveva accertato che l’originaria attrice aveva apportato all’originaria convenuta 2.188 nuovi clienti. Ed ha soggiunto che l’ausiliario aveva, sì, accertato un elevato numero di disattivazioni e però aveva ricondotto tale fenomeno “all’elevato tasso di disattivazioni che contraddistingue il settore” ovvero alle dinamiche proprie del settore delle telecomunicazioni, soggetto a rapidi mutamenti (cfr. sentenza d’appello, pagg. 7 – 8).

Per altro verso, è da escludere che la corte distrettuale abbia omesso la disamina del fatto decisivo oggetto, in parte qua, della controversia.

17. La ricorrente, giacchè soccombente, va condannata, come da dispositivo, a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio.

18. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, “Fastweb” s.p.a., a rimborsare alla controricorrente, “Emmepienne Comunications” s.r.l., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2021

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