Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15709 del 21/06/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15709 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 16608-2008 proposto da:
CAFARO

FRANCESCO

PAOLO

CFRFNC42C25A176U,

rappresentato e difeso da se medesimo ex art.86 cpc,
domiciliato (in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE;
– ricorrenti contro

MISTRETTA MARGHERITA MSTMGH50P44A176F, CAMPO VINCENZO
CMPVCN47L27A176Q, elettivamente domiciliati in ROMA
P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato ~LOMBARDO

Data pubblicazione: 21/06/2013

AGOSTINO;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 723/2008 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 29/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato CAFARO Francesco Paolo, difensore di
se medesimo ha chiesto accoglimento del ricorso;
. udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 09/05/2013 dal Consigliere Dott. GAETANO

Cafaro-Campo Mistretta
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 31.1.1994 Vincenzo Campo e Margherita Mistretta
evocavano in giudizio avanti al Tribunale di Palermo, Francesco Paolo Càfaro

sito nel Comune di Castellammare di Golfo, per atto notar Allegra del 13.12.
1991; che con tale atto le parti avevano espressamente convenuto un diritto di
prelazione in favore di essi attori nel caso di vendita anche della porzione
immobiliare soprastante l’appartamento stesso; ciò premesso, lamentavano che
proprio tale ultima unità immobiliare era stata successivamente alienata a certa
Vincenza Lucchese con rogito del 28.9.93, in chiara violazione del predetto
patto di prelazione, per cui essi attori chiedevano la condanna del convenuto al
risarcimento dei danni da essi patiti.
Si costituiva il Càfaro chiedendo il rigetto della domanda, rilevando che il patto
di prelazione in questione , inserito nell’atto di vendita del 13.12.1991, si
risolveva in realtà in una mera clausola di stile e che nessun adempimento era a
lui ascrivibile in quanto, ancor prima di vendere l’immobile del 2° piano alla
Lucchese, l’aveva offerto, tramite terzi incaricati, agli stessi attori, che però
avevano declinato la sua proposta di vendita. In subordine il convenuto
contestava il preteso danno anche sotto il profilo del quantum.
Previo espletamento della disposta CTU, l’adito tribunale di Palermo, con
sentenza 12.4.1999, in parziale accoglimento della domanda attrice,

Corte Suprema di Cassazione—li sez. civ. – est. dr. G.

n. 16608/2008

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e premesso di avere acquistato da quest’ultimo un appartamento al primo piano,

condannava il convenuto, a titolo risarcitorio, al pagamento della somma di L.
7.800.000, con gli interessi legali dalla domanda al soddisfo.
Avverso tale sentenza proponevano appello principale i Campo-Mistretta ed
incidentale il Cafaro. L’adita Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza n.

accoglieva l’appello principale e condannava il Càfaro al pagamento in favore
degli appellanti, della maggior somma di € 21.174,73 , oltre alle spese del doppio
grado. La corte territoriale, rigettando i motivi dell’appello incidentale, riteneva
che il diritto di prelazione in precedenza stabilito non era venuto meno per
l’esecuzione degli asseriti lavori straordinari di ristrutturazione dell’immobile che
non avevano comportato una trasformazione radicale dello stesso ; che il patto
di prelazione non era nullo anche se previsto senza limiti di tempo; che tale
patto non era carente di causa perché privo di corrispettivo, considerato che era
stato inserito in un contratto di compravendita; né esso era soggetto al regime
previsto, per le c.d. clausole vessatorie, dall’art. 1341 c.c. circa la specifica
approvazione per iscritto che non era richiesta; era inammissibile la prova
testimoniale dedotta in quanto la denuntiatio doveva essere fatta con la forma
scritta come previsto nell’accordo ; mentre la dichiarazione dei testi assunti, in
ogni caso, non erano favorevoli alla tesi sostenuta dal Cafaro. Il giudice
distrettuale poi, accogliendo l’appello principale, elevava la quantificazione del
danno ad € 21.174,73, tenuto conto, al riguardo, del valore venale dell’immobile
secondo la stima dell’ausiliare, detratto il prezzo di vendita pagato dal terzo

Corte Suprema di Cassazione — Il sez. civ. – est. dr. G. A

R.G. n. 16608/2008

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723/2008 depositata in data 29.5.08, in riforma della decisione impugnata,

acquirente come risultava dal rogito nonché altra somma per i presunti oneri
notarili e fiscali, somme queste che gli appellanti principali avrebbero dovuto
sostenere se avessero esercitato il diritto di prelazione in questione.
la suddetta decisione ricorre il Cafaro sulla base di 4

mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c. ; gli intimati

resistono

ti

con

controricorso.
MOTIVI DELLE DECISIONE
1 – Con il primo

motivo, il_ ricorrente eccepisce la violazione e falsa

applicazione dell’art. 33 del REC di Castellamare del G. e delle ordinanze
sindacali n. 32192 e n. 227/94; degli art. 115 e 116 c.p.c. nonché il vizio di
motivazione in relazione alla presunta trasformazione dell’immobile per i
lavori eseguiti dopo il patto di prelazione. Sostiene che i lavori straordinari di
ristrutturazione dell’immobile avevano inciso notevolmente sulla precedente
consistenza del fabbricato per cui avrebbero fatto venire meno il diritto di
prelazione in precedenza stabilito con gli intimati.
La doglianza non è fondata, introducendo la stessa questioni di mero fatto,
esaminate

ex professo dal giudice distrettuale, con motivazione congrua e

immune da vizi logici e giuridici. La Corte ha infatti ritenuto che non vi fosse
alcuna prova di una trasformazione così radicale dell’immobile da far ritenere
che la prelazione accordata non potesse più riferirsi ad esso, trattandosi
peraltro di lavori di manutenzione straordinaria, assai limitati nella loro

Corte Suprema di Cassazione — 11 sez. civ est. dr. G. A B

n. 16608/2008

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Per la cassazione

consistenza. Sembra peraltro che tali lavori fossero fatti prima ancora della
stipula del patto di prelazione.
2.1- Con il 2° motivo del ricorso viene dedotta la violazione e falsa
applicazione di cui agli artt. 115 e 116 cpc : ” arbitraria ed erronea

Lamenta che il giudice d’appello ha disatteso l’eccezione da lui sollevata di
invalidità e nullità del patto di prelazione in quanto stipulato senza limiti di tempo
e quindi privo di vincoli temporali d’efficacia. Invero il patto di prelazione nella
fattispecie intervenuto tra le parti, non contemplava alcun termine di
avveramento, mentre la previsione di un congruo limite temporale di efficacia è
requisito essenziale per la validità del patto stesso , che altrimenti potrebbe
comportare una limitazione alla libertà negoziale troppo onerosa per il
promittente, “laddove ogni divieto di attività giuridica non può essere perpetuo o
49)Duh:4;62-/

di durata eccessiva, non potendosi considerare pienamentel -gecondo il vigente
ordinamento, la libertà di determinazione dei soggetti”.
A suo avviso al patto di prelazione va applicato il principio espresso dal pactum
de non alienando ex art. 1379 c.c estensibile al patto di prelazione, il quale

dunque nel caso in cui non sia stato apposto alcun termine, deve ritenersi nullo.
2.2- La doglianza non ha pregio.
Secondo la definizione di questa S.C. l patto di prelazione relativo alla vendita
d’immobile non impegna il promittente a concludere il contratto, ma solo a
preferire caeteris paribus il promissario se si deciderà a compierlo. Ne consegue

Corte Suprema di Cassazione – Il sez. civ. – est. dr. G. A

n. 16608/2008

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interpretazione delle risultanze probatorie”.

che, in caso di inadempimento del promittente, il patto di prelazione ne comporta
unicamente la responsabilità per danni non essendo suscettibile di esecuzione in
forma specifica ex art. 2932 cod. civ. in quanto il bene oggetto della pattuita
prelazione non può essere ne’ trasferito al promissario dal disponente che lo ha

previsto soltanto per le prelazioni reali, (Cass. n. 4116 del 20/06/1986)
Ciò premesso, osserva il Collegio che la questione della validità del patto di
prelazione senza apposizione di un termine finale, è oggetto di discussione
soprattutto in dottrina, in cui prevale però la tesi della validità del patto, che ha
trovato seguito in giurisprudenza l sia di merito che di legittimità, sia pure, in
questo caso, con decisione non recenti, ma del tutto condivisibili. Secondo
questa S.C. invero, siffatto patto di prelazione è valido anche se stipulato senza
limiti di tempo. “Il patto di prelazione per il caso di eventuale vendita, stipulato
senza limiti di tempo, non ricade nel divieto di rapporti obbligatori che tolgano
senza limitazioni cronologiche al proprietario la facoltà di disporre dei suoi beni,
in quanto tale patto non comporta l’annullamento dell’indicata facoltà, restando
sempre il proprietario perfettamente libero di disporre o meno dei suoi beni ed
alle condizioni che meglio preferisce, bensì soltanto un limite riflettente la libera
scelta della persona del compratore, la quale, almeno nella normalità dei casi, a
parità di tutte le altre condizioni, è indifferente per il venditore. ( Cass. Sez. 2,
n. 3009 de/ 13/05/1982; Sez. 2, Sentenza n. 5213 del 28/07/1983).

Corte Suprema di Cassazione —

dr. G. A. Bursese- R.G. n. 16608/2008

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oramai alienato, ne’ restituito dal terzo acquirente che non è soggetto al riscatto,

La S.C. ha altresì sottolineato che, a differenza del contratto preliminare
unilaterale, che comporta l’immediata e definitiva assunzione dell’obbligazione di
prestare il consenso per il contratto definitivo, il patto di prelazione relativo alla
vendita di un bene genera, a carico del promittente, un’immediata obbligazione

esercitare il suo diritto di prelazione o lasci decorrere il termine all’uopo
concessogli, ed un’obbligazione positiva avente ad oggetto la denuntiatio al
medesimo della sua proposta a venderlo, nel caso si decida in tal senso. Questa
obbligazione, nel caso di vendita ad un terzo del bene predetto, sorge e si
esteriorizza in uno al suo inadempimento, sì che il promissario non può
chiederne l’adempimento in forma specifica, per incoercibilità di essa a seguito
della vendita al terzo, ma soltanto il risarcimento del danno, mentre, nel caso di
promessa di vendita ad un terzo del medesimo bene, è ugualmente incoercibile,
ai sensi dell’art. 2932 c.c., non configurando un preliminare ( Cass. Sez. 2, n.
3571 del 12/04/1999).
Si osserva ancora che, nel caso di specie, invero,è ben ravvisabile una lacuna
legislativa, non essendo stato alcunché previsto dalla norma in tema di durata
del patto di prelazione; possono però intervenire norme suppletive che
rappresentino applicazioni del generale principio di conservazione dei negozi,
rispetto alle quali sussistono maggiori elementi di analogia. Le opinioni al
riguardo in dottrina sono varie; si esclude però l’analogia con norme imperative
che come l’art. 1379 c.c. pongono particolari limitazioni alla libertà contrattuale; si

Corte Suprema di Cassazione — Il sez. civ. – est. dr. G.

n. I 6608/2008

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negativa di non venderlo ad altri prima che il prelazionario dichiari di non voler

sostiene che in questo caso la prelazione invero rende più difficile la circolazione
del bene, ma non mira affatto ad immobilizzarlo del tutto come nell’ipotesi di cui
all’art. 1379 c.c.; dunque il pactum de non alienando ex art. 1379 c.c. non è
estensibile al patto di prelazione; né può applicarsi il termine legale di cinque

particolare natura di tale negozio. In definitiva, secondo questa Corte, sembra
più corretto e logico ammettere, con particolare riferimento all’art. 1183 c.c., la
possibilità di un intervento del giudice, il quale, su istanza di una delle parti,
potrà fissare un termine finale ritenuto congruo per l’esercizio del diritto di
prelazione.
2.3 – Né hanno pregio le ulteriori questioni sollevata dal ricorrente che configura
la prelazione come mera clausola di stile inserita nel contratto, ovvero deduce
la nullità della stessa per mancanza di causa, atteso che il

patto di prelazione

era stato convenuto senza previsione di corrispettivo; o ancora la prospettata
violazione dell’art. 1341 c.c. circa la mancata specifica approvazione per iscritto
della clausola in questione. La corte distrettuale ha infatti correttamente
osservato che il patto in questione non poteva ritenersi nullo per carenza di
causa iegoziale, in quanto inserito in un contratto di compravendita, per cui
poteva trovare la sua giustificazione nel corrispettivo ivi previsto dai contraenti.
Né d’altra parte poteva atteggiarsi a

clausola vessatoria che richiedeva la

specifica approvazione per iscritto, trattandosi di atto predisposto dal notaio e

Corte Suprema di Cassazione – II sez. civ.

dr. G. . ursese- R.G. n. 16608/2008

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anni contemplato dall’art. 1566 c.c. per il contratto di somministrazione attesa la

non da una sola delle parti contraenti come previsto nell’ipotesi di cui all’art.
1341 c.c.
3 — Passando all’esame del 3° motivo, con esso l’ esponente denuncia la
violazione e falsa applicazione dell’ art 115 e 116 cpc per arbitraria ed erronea

assume che era stata effettuata una pure informale comunicazione dell’offerta (
la c.d. denuntiatio), e che vi era stata la mancata accettazione di tale offerta da
parte dei coniugi . Ne discendeva che , a suo avviso, l’oblato non aveva voluto
accettare l’offerta e ciò escluderebbe l’esistenza di un danno risarcibile.
Le doglianze non hanno pregio.
Invero la denuntiatio non può essere fatta in qualsiasi forma come ritiene il
ricorrente, ma secondo ben precise formalità espressamente previste nel
contratto ( nella fattispecie, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.)
Invero poiché

il patto di prelazione concerne la vendita di un immobile, la

denunciati° che il promittente obbligato a fare al promissario non è valida se

non è fatta a pena di nullità , in forma scritta; tutto ciò comporta che la
denuntiatio

non può essere provata con testimoni. ( Cass., n. 1270 del

26/04/1968; Cass. n. 1929 del 21.06.1971; Cass. n. 2553 del 18/04/1980)
Da tali osservazioni ne discende l’infondatezza

della doglianza relativa al

rigetto delle deduzioni probatorie ( tramite testimoni) secondo cui vi era stata
un offerta della proposta che i coniugi avevano poi reclinata, né può avere
rilievo dunque la questione dell’attendibilità dei testi escussi.

Corte Suprema di Cassazione — II sez. civ. – est. dr. G. A

n. 16608/2008

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interpretazione delle risultanze istruttorie e per vizio di motivazione. Il ricorrente

4 – _Passando al 4° motivo : con esso si denunzia la violazione dell’ art. 112
cpc per omessa pronuncia sulla domanda di rinnovazione della CTU e per vizio
di ultrapetizione perché la domanda era stata riformulata e ridotta rispetto a
quella originariamente proposta. In punto quantificazione del danno, si
del danno non poteva superare la misura

dell’interesse negativo di cui all’art. 1337 c.c. facultando il giudice a deliberare
in via equitativa. Viene criticata inoltre la valutazione operata dal CTU circa
l’incremento di valore in caso di accorpamento delle due unità immobiliari.
Tali doglianze non hanno pregio.
Invero , come sottolineato dal controricorrente,

non vi era stata alcun

ridimensionamento del danno richiesto da parte degli appellanti, né quindi essi
avevano mai rinunciato parzialmente alla loro domanda principale.
Quanto al danno, occorre evidenziare che esso va stabilito — come ha fatto il
giudice distrettuale – secondo le regole comuni all’inadempimento contrattuale,
in quanto il patto di prelazione ha natura di contratto, sia che derivi da un
contratto a sè stante, sia che risulti da una clausola inserita , come nel caso di
specie, in un diverso contratto ( v. Cass. n. 1445 del 04/03/1980 secondo cui
trattasi di contratto preliminare; v. anche Cass. n. 265 del 23.1.75 secondo cui il
patto di prelazione è un contratto puro, né preliminare, né condizionato, tesi
prevalente in dottrina ). Secondo le S.U. il patto di prelazione, non può essere
assimilato al contratto preliminare, in quanto in quest’ultimo è individuabile
un’obbligazione già esistente, rispetto alla quale ha senso assicurare l’effetto di

Corte Suprema di Cassazione— Il sez. cis. – est. dr. G. A.

e- R.G. n. 16608/2008

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osserva che la liquidazione

prenotazione della trascrizione, effetto che non è invece collegabile al patto di
prelazione, che non prevede alcun obbligo di futuro trasferimento ( Sez. U,
Sentenza n. 6597 del 23/03/2011).
Ne consegue che il quantum debeatur è stato correttamente determinato dalla

contrattuale, facendo riferimento al valore di mercato dell’immobile detratte le
somme pagate dal terzo acquirente come risultanti dal rogito di trasferimento
dell’immobile. In altre parole trattandosi in ogni caso di responsabilità
contrattuale e non precontrattuale, il risarcimento del danno dev’essere
integrale: danno emergente e lucro cessante,” Il danno derivante dalla violazione
del pato di prelazione bene è determinato con valutazione equitativa, con
riferimento alla differenza tra il valore reale degli immobili, oggetto del patto, ed il
prezzo di vendita pagato dal terzo acquirente e risultante dal relativo atto, senza
possibilità di provare simulazione alcuna’( Cass. n. 1270 del 26/04/1968) Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato. Per il principio della
soccombenza le spese processuali sono poste a carico detti ricorrente.
P.Q.M.
la Corte

rigetta il ricorso e condanna jrental pagamento delle

spese processuali che liquida in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, e E
200 per spese, oltre accessori di legge.

In Roma li 9

IL CONSIGLIERE EST.
(dott. Gaeta4 AJThJtio Bursese)

COR

2013

IL PRESIDENTE
(dott. Francesco Felicetti )

PREMADI A AZION

I§ registrazione presso
Corte SupremaSi Attggig –

l’Agenzia deileé. enteatèrdl. lkdrtiras2 R.G. n.
versate
seri, 4,Al n.
E i.t.eKrokR../I il .
IL FUNZIONARW•I’

16608/2008

12

Corte distrettuale, in conformità con i principi generali in tema d’inadempimento

ini3,50 Giudiziario

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

21 GW. 2013

Ei

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