Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15704 del 23/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/06/2017, (ud. 03/03/2017, dep.23/06/2017),  n. 15704

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7723/2015 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO

14, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARIA BARONE, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANSELMO BARONE ed

EMANUELA ROMANELLI;

– ricorrente –

contro

L.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI LEMMA;

– controricorrente –

e contro

M.C., B.V.G., B.R.A. quali

eredi di B.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1901/2014 della COR1E D’APPELLO di BARI,

depositata il 27/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/03/2017 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. – L.P. e B.R. agivano con separati atti di citazione innanzi al Tribunale di Trani per l’accertamento del carattere apocrifo del testamento di B.G., datato 22.11.1998, che annullando ogni precedente disposizione testamentaria istituiva quale suo unico erede il nipote B.S.. Il quale resisteva in entrambi i giudizi.

Riunite, le due cause erano decise con sentenza n. 63 pubblicata il 24.1.2012, che dichiarava apocrifo il suddetto testamento.

1.1. – L’appello proposto da B.G. con citazione 19.7.2012 era dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Bari con sentenza n. 1901/14. Decisione, questa, basata sulla circostanza che l’appellante aveva citato B.R. ancorchè questi fosse deceduto il 10.4.2012, vale a dire nella pendenza del termine di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, notificando l’atto agli eredi di lui impersonalmente; e che l’appellante non aveva ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., nei confronti di questi ultimi, da citare “ovviamente quali “parti” del giudizio medesimo, e non soltanto quali meri notificatarii dell’atto di citazione malamente provocante una impossibile vocatio di ” B.R.” (così, testualmente, a pag. 3 della sentenza d’appello).

2. – Contro tale sentenza ricorre B.S. in base a tre motivi.

Resiste con controricorso L.P..

Gli altri intimati, M.C. e B.G. e R.A., eredi di B.R., non hanno svolto attività difensiva.

Su proposta di accoglimento del consigliere relatore, il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197. Parte ricorrente ha depositato memoria.

3. – Preliminarmente va respinta l’eccezione

d’inammissibilità del ricorso per difetto nella copia notificata della procura speciale rilasciata al difensore.

Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, qualora l’originale dell’atto rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione, ad opera del medesimo, della sottoscrizione della parte che la procura ha conferito, la mancanza di tale firma e dell’autenticazione nella copia notificata non determinano l’invalidità del ricorso, purchè la copia stessa contenga elementi, quali l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente, idonei ad evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale. La mancanza di tale attestazione, non consentendo di accertare l’identità della persona che ha richiesto la notifica, determina l’inammissibilità del ricorso (giurisprudenza costante di questa Corte: v. tra le tante, nn. 13524/14, 5932/10, 636/07 e 4619/02).

Nella specie, il problema dell’anteriorità, rispetto al ricorso, della procura speciale conferita al difensore, ai sensi dell’art. 365 c.p.c. e alla conseguente ammissibilità del ricorso per cassazione, è risolto in partenza dalla circostanza che il ricorso risulta essere stato notificato a mezzo del servizio postale dallo stesso difensore, abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 1-bis, comma 1, lett. e).

4. – Tre i motivi di ricorso. Il primo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 330 e 331 c.p.c., richiamata la sentenza delle S.U. di questa Corte n. 15295/14. Il secondo riproduce la medesima censura con riferimento aggiuntivo all’art. 184-bis c.p.c., applicabile ratione temporis (la causa ha avuto inizio nel 1999). Il terzo mezzo d’annullamento deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 331 e 274 c.p.c..

5. – Il primo motivo è fondato, in quanto non avrebbe dovuto essere disposta l’integrazione del contraddittorio, con la conseguenza che la relativa inottemperanza non poteva produrre l’inammissibilità del gravame (sull’irrilevanza della mancata integrazione disposta illegittimamente e la conseguente inapplicabilità dell’art. 331 c.p.c., cfr. fra le tante Cass. nn. 5161/17, 17458/13, 9471/95 e 7795/86).

Infatti, la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., da parte del notificante (così Cass. S.U. n. 15295/14, che ha innovato rispetto alle opposte conclusioni cui le stesse S.U. erano pervenute con la sentenza n. 6070/13, in tema di estinzione di società di capitali).

Nella specie, come si è premesso in narrativa, nella pendenza del termine di cui dell’art. 327 c.p.c., comma 1, era stato citato in appello B.R., deceduto il (OMISSIS), ma l’atto era stato notificato il 19.7.2012, ex art. 170 c.p.c., presso il procuratore di lui, impersonalmente agli eredi di detta parte. Pertanto, così stabilizzata, in virtù dell’ultrattività del mandato, la posizione nel processo del procuratore della parte deceduta, non doveva essere disposta alcuna integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di B.R..

Non solo, ma va altresì sottolineato che è altresì erronea la distinzione operata dalla Corte territoriale tra eredi indicati impersonalmente quali meri destinatari della notificazione dell’appello ed eredi da identificare e citare singolarmente affinchè assumano la qualità di giuste parti di detto processo (v. pag. 3 della sentenza impugnata). Infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa S.C., verificatasi l’interruzione del processo per effetto della morte di una parte – costituita a mezzo di procuratore – la notificazione dell’atto riassuntivo, entro l’anno della morte, agli eredi della parte defunta, considerati collettivamente ed impersonalmente, costituisce – ai sensi dell’art. 303 c.p.c. – una facoltà della parte (alternativa alla possibilità che l’atto di riassunzione sia notificato ai singoli eredi), che vale ad assegnare la qualità di parte agli eredi medesimi, con la conseguenza che il processo è legittimamente riassunto nei confronti di ognuno di essi, noto od ignoto che sia, il quale assume con ciò stesso la qualità di parte senza che possa sostenersi il difetto di integrità del contraddittorio sulla base dell’omessa notificazione a ciascun erede, personalmente e individualmente (cfr. Cass. nn. 217/15, 11155/97, 6905/96, 8259/87 e 1479/77).

6. – L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame delle restanti censure e impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, che esaminerà l’appello nel merito e provvederà anche sulle spese di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2017

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