Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15704 del 09/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 15704 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 10068-2013 proposto da:
MCCARTHY NICOLETTA ANNE MARIA C.F.
elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE PARIOLI 180,

presso

lo

BRASCHI

LUIGI,

che

all’avvocato
2014

MCCNLT6OH45Z114P,

studio
la

dell’avvocato

rappresenta

MENDOGNI

e

MARCELLO,

difende
giusta

FRANCESCO
unitamente
delega

in

atti;
– ricorrente –

909
contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA;
– intimata –

Data pubblicazione: 09/07/2014

avverso la sentenza n. 532/2012 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 18/10/2012 R.G.N. 829/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/03/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per la
rimessione alla Corte Costituzionale per rilevanza e
non manifesta infondatezza della questione di
illegittimità Costituzionale dell’art. 26 legge n.
240 del 2010 in relazione con gli art. 3 – 24 – 111 117 della Costituzione.

udito l’Avvocato BRASCHI FRANCESCO LUIGI;

Svolgimento del processo
Con ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Parma Nicoletta Anne Maria
Mccarthy, lettrice di madre lingua straniera presso l’Università degli Studi di
Parma, inizialmente in forza di contratti di prestazione d’opera intellettuale di

D.P.R. n. 382 del 1980, art. 28 nel periodo 1989 — 1994, tranne i periodi di
sospensione dovuti a due gravidanze, ed infine in base a contratto a tempo
indeterminato – come collaboratore esperto linguistico — a decorrere dall’anno
accademico 1994-95, convenne in giudizio la predetta Università chiedendo, sul
presupposto di aver svolto dall’inizio mansioni implicanti vera e propria attività di
insegnamento, la declaratoria dell’esistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo
indeterminato a far data dal primo contratto, nonché l’accertamento del suo diritto
a percepire, ai sensi dell’art. 36 Cost., una retribuzione adeguata all’attività svolta,
parametrata al trattamento economico del professore associato a tempo pieno o
definito o a quello del ricercatore universitario confermato a tempo pieno, il tutto
con condanna della convenuta al pagamento delle relative differenze retributive ed
alla regolarizzazione della sua posizione previdenziale ed assistenziale.
Il Tribunale accolse parzialmente la domanda riconoscendo la natura a tempo
indeterminato del rapporto dall’anno accademico 1987-88, con diritto della
lavoratrice alla ricostruzione della carriera e ad un trattamento economico pari al
livello retributivo del ricercatore universitario confermato a tempo definito e
condannò la convenuta al pagamento delle relative differenze retributive nei limiti
della prescrizione quinquennale.
A seguito di impugnazione principale di tale decisione da parte della McCarthy ed
incidentale ad opera dell’Università degli studi di Parma, la Corte d’appello di
Bologna, con sentenza del 20/9 — 18/10/2012, ha dichiarato estinto il giudizio dopo
aver rilevato che non v’era ragione per discostarsi dallo “ius superveniens”
rappresentato dall’art. 26, comma 3, della legge 30-12-2010 n. 240 che,

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durata annuale nel periodo 1987-89, quindi di contratti a termine ai sensi del

nell’interpretare autenticamente l’art. 1, comma 1, del d.l. 14/1/2004, n. 2,
convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2004, n. 63, nel senso che il
trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a
tempo definito spettante ai collaboratori esperti linguistici doveva essere attribuito

norma dell’art. 28 del d.p.r. n. 382 del 1980, aveva, altresì, previsto l’estinzione dei
giudizi in materia, in corso alla data di entrata in vigore della stessa legge.
Per la cassazione della sentenza ricorre Nicoletta Anne Maria Mccarthy con tre
motivi.
Rimane solo intimata l’Università degli Studi di Parma.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione,
dell’art. 26, comma 3, della legge n. 240 del 30.12.2010, dell’art.1, comma 1, del
D.L. 14.1.2004 n.1, convertito nella legge 5.3.2004 n. 63, e dell’art. 36 della
Costituzione, ritenendo che la Corte d’appello di Bologna abbia errato
nell’applicare nella fattispecie la norma di cui al citato art. 26 della legge n.
240/2010 di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1, del predetto decreto
legge convertito con legge n. 63/2004, trattandosi, a suo giudizio, di ipotesi non
rientrante nella previsione normativa dello ius superveniens, per cui il processo
non avrebbe dovuto essere dichiarato estinto ai sensi della norma interpretativa
erroneamente applicata.
Sostiene, invero, la ricorrente che la norma applicata fa riferimento ad un ambito
giuridico diverso da quello oggetto di causa, vale a dire a quello riguardante la
garanzia dei diritti per un periodo del rapporto di lavoro che deve essere
considerato continuativo fin dal primo contratto stipulato come lettore,
antecedentemente all’acquisizione della qualifica di collaboratore esperto
linguistico, nei casi di mancato riconoscimento del relativo trattamento da parte

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con effetto dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera a

delle università o di riconoscimento di un trattamento deteriore rispetto ai
parametri comunitari.
Invece, la domanda oggetto di causa concerneva la commisurazione del
trattamento economico, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, a quello

tempo pieno.
2. Col secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione
dell’art. 26, comma 3, della legge n. 240 del 2010 e dell’art. 1, del D.L. 14.1.2004
n. 1, convertito nella legge 5.3.2004 n. 63, oltre che dell’art. 36 della Costituzione
in quanto sostiene che la norma di interpretazione autentica di cui al citato art. 26
della legge n. 240/2010 non può avere il significato di stabilire la retribuzione
spettante a tutti i collaboratori esperti linguistici in maniera fissa e predefinita per
legge, precludendo, in tal modo, al giudice ogni indagine circa l’adeguatezza della
retribuzione secondo i parametri di cui all’art. 36 della Costituzione.
Aggiunge la ricorrente che l’art. 1, comma 1, del dl. n. 2/2004 afferma
espressamente che sono fatti salvi eventuali trattamenti più favorevoli, per cui non
esclude che vi possano essere trattamenti migliori nel caso in cui vi fosse già un
diritto acquisito o di applicazione dei parametri dell’art. 36 della Costituzione.
Quindi, il giudice d’appello, una volta verificato che le domande proposte
richiedevano la determinazione della retribuzione in base ai parametri di cui all’art.
36 della Costituzione, non avrebbe potuto dichiarale estinte, ma avrebbe dovuto
procedere alla loro valutazione nel merito.
3. Col terzo motivo, formulato per vizi della motivazione, la ricorrente si lamenta
del fatto che la Corte d’appello abbia incentrato la propria decisione
esclusivamente sulla disamina della norma di interpretazione autentica di cui
all’art. 26, comma 3, della legge n. 240 del 2010, pervenendo, in tal modo, alla
soluzione radicale di dichiarazione di estinzione del giudizio senza aver compreso
appieno il significato della stessa disposizione applicata.

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riconosciuto, in via gradata, al professore associato o al ricercatore confermato a

Osserva la Corte che i motivi del ricorso possono essere trattati congiuntamente
per ragioni di connessione dovuti all’esame nei suoi vari aspetti della stessa
questione dell’applicazione alla fattispecie dello ius superveniens di cui all’art. 26
della legge n. 240 del 2010.

legge n. 240 del 2010, art. 26, comma 3, norma di interpretazione autentica del
citato D.L. n. 2 del 2004, art. 1, comma 1, che ha così disposto: “Il D.L. 14 gennaio
2004, n. 2, art. 1, comma 1 convertito, con modificazioni, dalla L. 5 marzo 2004, n.
63, si interpreta nel senso che, in esecuzione della sentenza della Corte di
giustizia delle Comunità europee 26 giugno 2001, nella causa C-212/99, ai
collaboratori esperti linguistici, assunti dalle università interessate quali lettori di
madrelingua straniera, il trattamento economico corrispondente a quello del
ricercatore confermato a tempo definito, in misura proporzionata all’impegno orario
effettivamente assolto, deve essere attribuito con effetto dalla data di prima
assunzione quali lettori di madrelingua straniera a norma del D.P.R. 11 luglio
1980, n. 382, art. 28 sino alla data di instaurazione del nuovo rapporto quali
collaboratori esperti linguistici, a norma del D.L. 21 aprile 1995, n. 120, art. 4
convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 1995, n. 236. A decorrere da
quest’ultima data, a tutela dei diritti maturati nel rapporto di lavoro precedente, i
collaboratori esperti linguistici hanno diritto a conservare, quale trattamento
retributivo individuale, l’importo corrispondente alla differenza tra l’ultima
retribuzione percepita come lettori di madrelingua straniera, computata secondo i
criteri dettati dal citato D.L. n. 2 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla L. n.
63 del 2004, e, ove inferiore, la retribuzione complessiva loro spettante secondo le
previsioni della contrattazione collettiva di comparto e decentrata applicabile a
norma del D.L. 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla L. 21
giugno 1995, n. 236. Sono estinti i giudizi in materia, in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge.”

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Orbene, occorre prendere le mosse dal fatto che il legislatore è intervenuto con la

Con ordinanza n. 38 del 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta
inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della L. n. 240 del 2010,
art. 26, comma 3, ultimo periodo, sollevata dal Tribunale di Torino in riferimento
agli artt. 3,24, 111 e 117 Cost..

dichiarando l’estinzione del giudizio.
Dell’operatività del meccanismo di cui alla legge n. 240/2010 non può, infatti,
dubitarsi considerando che laddove il legislatore ha inteso, con la pronuncia di
estinzione, privare anche di effetto i provvedimenti giudiziari non ancora passati in
giudicato lo ha fatto espressamente.
Per ciò che attiene alla disposizione processuale di estinzione, essa potrebbe
generare dubbi di legittimità costituzionale o di non conformità alle norme UE e
CEDU, dubbi che avrebbero qui concreta rilevanza nel caso in cui si risolvessero
in un danno per la parte, costringendola a nuove iniziative processuali per la
realizzazione dei suoi diritti soggettivi (si richiama, sul punto, il principio elaborato
dal giudice delle leggi secondo il quale: “onde escludere che sia stato menomato il
diritto di azione, è necessario e sufficiente accertare, da parte di questa Corte, che
il nuovo assetto dato dal legislatore alla materia non si traduca in una sostanziale
vanificazione dei diritti azionati, ma attui una nuova disciplina del rapporto, tale da
far venire meno le basi del preesistente contenzioso, in quanto realizza – nella
misura e con le modalità ritenute dal legislatore compatibili con i limiti,
ragionevolmente apprezzati, consentiti dalle circostanze nelle quali esso si è
trovato ad operare – le pretese fatte valere dagli interessati” – Corte cost. sentenza
n. 310 del 2000; cfr. anche sentenza n. 223 del 2001 -).
Nel caso di specie, tuttavia, la lavoratrice ha ottenuto dai giudici di merito quanto
domandato, seppur in misura ridotta rispetto a quanto richiesto, vale a dire il
trattamento economico, nei limiti dell’accertata prescrizione, pari al livello
retributivo iniziale del ricercatore universitario confermato a tempo definito in

Della più recente disposizione la Corte d’appello di Bologna ha fatto applicazione,

conseguenza del riconoscimento della natura a tempo indeterminato del rapporto
a decorrere dall’anno accademico 1987-88.
In senso conforme si è espressa di recente questa Corte in un caso analogo
(Cass. Sez. Lav., n. 2941 del 7/2/2013), affermando che “l’art. 26, comma 3, della

del 2004, convertito nella legge n. 63 del 2004, nel prevedere a favore dei
collaboratori esperti linguistici, già assunti quali lettori di madre lingua straniera a
norma dell’art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980, l’attribuzione del trattamento
economico corrispondente a quello del ricercatore confermato “in misura
proporzionata all’impegno orario effettivamente assolto” con decorrenza dalla data
di prima assunzione sino alla data di instaurazione del nuovo rapporto e,
successivamente, a tutela dei diritti maturati, la conservazione, quale trattamento
retributivo individuale, dell’eventuale maggior importo percepito, ha disposto
l’estinzione dei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge. Ne
consegue che, ove la controversia sia pendente in cassazione, va dichiarato
estinto solo quest’ultimo giudizio con salvezza – in assenza di una espressa
indicazione normativa volta a privare di effetto anche i provvedimenti giudiziari non
ancora passati in giudicato – della sentenza di merito, dovendosi escludere, da un
lato, l’applicazione della nuova disciplina sostanziale posto che il processo non
può proseguire in quanto estinto, e, dall’altro, che la disposizione processuale di
estinzione generi dubbi di legittimità costituzionale o di non conformità alle norme

legge n. 240 del 2010, di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1 del d.l. n. 2

comunitarie o della CEDU ove la decisione di merito abbia accolto integralmente
la domanda”.
Pertanto il ricorso è infondato e va rigettato.
Non va adottata alcuna statuizione sulle spese del presente giudizio in quanto
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l’Università degli Studi di Parma è rimasta solo intimata. 4.
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La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

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Così deciso in Roma 1112 marzo 2014

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